Secondo degli scienziati, nel giro di qualche anno potrebbe entrare in fase di sperimentazione clinica un nuovo farmaco per evitare le fasi iniziali dell'Alzheimer.
L'Alzheimer è il tipo più comune di demenza, che colpisce attualmente 820.000 persone nel Regno Unito, numero che dovrebbe più che raddoppiare entro il 2050. Una persona su tre oltre i 65 anni potrebbe morire con demenza. La malattia inizia quando una proteina chiamata amiloide-β (Aβ) inizia a raggrupparsi in placche senili nel cervello, danneggiando le cellule nervose, con conseguente confusione e perdita di memoria.
Il professor David Allsop e il dottor Mark Taylor della Lancaster University sono riusciti a creare un nuovo farmaco in grado di ridurre di un terzo il numero di placche senili, come pure indurre la creazione di un numero più che doppio di nuove cellule nervose in una particolare regione del cervello associata alla memoria. Esso riduce anche marcatamente la quantità di infiammazione cerebrale e di danno ossidativo associato alla malattia.
Il farmaco è stato testato su topi transgenici contenenti due geni mutanti umani legati a forme ereditarie di Alzheimer, così da sviluppare alcuni dei cambiamenti della malattia. Il farmaco è stato progettato per attraversare la barriera emato-encefalica e impedire alle molecole Aβ di attaccarsi tra loro formando placche. Il Professor Allsop, che ha guidato la ricerca ed è stato il primo scienziato ad isolare placche senili nel cervello umano, ha detto: "Quando abbiamo avuto i risultati dei test, siamo stati molto incoraggiati. La quantità di placca nel cervello era ridotto di un terzo e questo potrebbe essere migliorato se avessimo dato una dose maggiore del farmaco, perchè in questa fase, non sappiamo quale sia la dose ottimale".
Il farmaco deve essere testato nella sua sicurezza prima di poter entrare in una sperimentazione umana, ma, se passa questo ostacolo, l'obiettivo sarebbe di dare il farmaco a persone con lievi sintomi di perdita di memoria prima che sia sviluppata la malattia. "Molte persone che hanno un leggero oblio possono continuare a sviluppare la malattia, perché queste placche senili iniziano a formarsi anni prima della manifestazione dei sintomi. L'obiettivo finale è dare il farmaco in questa fase per fermare altri danni al cervello, prima che sia troppo tardi".
Hanno collaborato alla ricerca gruppi guidati dal Prof. Christian Hölscher della Ulster University, che ha condotto gli studi sui topi, e dal Prof. Massimo Masserini dell'Università di Milano-Bicocca in Italia, che ha misurato la capacità del farmaco di legarsi all'Aβ. Il supporto per la ricerca è stato dato da Alzheimer's Research UK, ed i risultati sono pubblicati sulla rivista ad accesso libero PLoS ONE.
Il Dr Eric Karran, direttore della ricerca di Alzheimer's Research UK, ha dichiarato: "Siamo lieti di aver sostenuto questo studio, che rappresenta il primo passo per lo sviluppo di nuovi trattamenti tanto necessari per combattere l'Alzheimer. Sono risultati iniziali promettenti, e saranno necessari diversi anni di lavoro in più per valutare il potenziale di questo approccio. Perché la scienza come questa possa fare la differenza nella vita delle persone, dobbiamo continuare a investire nella ricerca".
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Fonte: Materiale della Lancaster University.
Riferimento: Vadivel Parthsarathy, Paula L. McClean, Christian Hölscher, Mark Taylor, Claire Tinker, Glynn Jones, Oleg Kolosov, Elisa Salvati, Maria Gregori, Massimo Masserini, David Allsop. A Novel Retro-Inverso Peptide Inhibitor Reduces Amyloid Deposition, Oxidation and Inflammation and Stimulates Neurogenesis in the APPswe/PS1ΔE9 Mouse Model of Alzheimer's Disease. PLoS ONE, 2013; 8 (1): e54769 DOI: 10.1371/journal.pone.0054769.
Pubblicato in Science Daily il 1 Febbraio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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