La storia evolutiva delle proteine mostra che il loro ripiegamento è un fattore importante, e soprattutto la velocità di ripiegamento ha un ruolo chiave. Questo è il risultato di una analisi computerizzata effettuata da ricercatori dell'Istituto per gli studi teorici di Heidelberg (HITS) e della University of Illinois di Urbana Champaign.
Le proteine sono i mattoni elementari della vita e spesso svolgono funzioni vitali, ma per diventare attive devono ripiegarsi in strutture tridimensionali. Il misfolding delle proteine [l'errata piegaura] porta a malattie come l'Alzheimer o la malattia di Creutzfeld-Jakob.
Da quasi quattro miliardi di anni la tendenza è verso un ripiegamento più veloce. "La ragione potrebbe essere che questo rende le proteine meno suscettibili all'aggregazione, e che le può rendere più veloci nello svolgere i loro compiti", dice il Dott. Frauke Gräter dell'HITS, che ha condotto l'analisi, i cui risultati sono stati ora pubblicati in PLoS Computational Biology.
Quali strategie ha sviluppato la natura nel corso dell'evoluzione per migliorare il ripiegamento delle proteine? Per esaminare la questione, il chimico Dr. Frauke Gräter dell'HITS ha guardato molto indietro nella storia della Terra. Assieme al collega Prof. Gustavo Caetano-Anolles della University of Illinois di Urbana-Champaign, ha usato analisi computerizzate per esaminare la velocità di piegatura di tutte le proteine attualmente conosciute.
I ricercatori hanno visto il seguente andamento: per la maggior parte dell'evoluzione delle proteine, la velocità di piegatura è aumentata, dagli archei o archibatteri agli organismi pluricellulari. Tuttavia 1,5 miliardi di anni fa, sono emerse strutture più complesse che hanno causato uno 'Big Bang' biologico. Questo ha portato allo sviluppo di strutture proteiche a piegatura più lenta.
La tendenza dominante nel complesso, sorprendentemente, è stata verso una maggiore velocità di origami delle proteine, indipendentemente dalla lunghezza delle catene di amminoacidi che costituiscono le proteine. "La ragione di una maggiore velocità di piegatura potrebbe essere che questo rende le proteine meno suscettibili all'aggregazione, così che possano svolgere i loro compiti più velocemente", dice il Dott. Frauke Gräter, capo del gruppo di ricerca in Biomeccanica Molecolare all'HITS.
Genetica e Biofisica per grandi volumi di dati
Nel loro lavoro, i ricercatori hanno usato un approccio interdisciplinare che combina genetica e biofisica. "E' la prima analisi a combinare tutte le strutture proteiche note e i genomi con i tassi di piegatura come parametro fisico", dice il Dott. Gräter. L'analisi di 92.000 proteine e 989 genomi può essere affrontata soltanto con metodi computazionali. Il gruppo di Gustavo Caetano-Anolles, capo del Laboratorio di Bioinformatica Evolutiva a Urbana-Champaign, ha originariamente classificato le proteine strutturalmente più conosciute dal Protein Database (PPB), secondo l'età.
Per questo studio, Minglei Wang, nel suo laboratorio, ha identificate le sequenze di proteine nel genoma, che avevano la stessa struttura di piegatura delle proteine note. Egli ha quindi applicato un algoritmo per confrontarle tra loro su una scala temporale. In questo modo, è possibile determinare quali proteine sono diventate parte del quale organismo e quando. Dopo di ciò, Cedric Debes, membro del gruppo del Dr. Gräter, ha applicato un modello matematico per prevedere il tasso di ripiegamento delle proteine. Le singole fasi di piegatura si differenziano per la velocità e possono richiedere da nanosecondi a minuti. Nessun microscopio o laser potrebbe cogliere queste diverse scale temporali per così tante proteine.
Una simulazione del computer che calcoli tutte le strutture di piegatura di tutte le proteine richiederebbe secoli per essere eseguito su un computer. Per questo motivo i ricercatori hanno lavorato con un metodo ad intensità meno alta di dati. Hanno calcolato la velocità di piegatura delle singole proteine usando strutture precedentemente determinate negli esperimenti: una proteina si ripiega sempre negli stessi punti. Se questi punti sono distanti tra loro, è richiesto più tempo per la piegatura. Con il cosiddetto Size-Modified Contact Order (SMCO), è possibile prevedere la velocità con cui si incontrano questi punti e quindi la velocità con la quale si piega la proteina, indipendentemente dalla sua lunghezza.
"I nostri risultati mostrano che all'inizio c'erano proteine che non si piegavano molto bene", dice il Dott. Gräter. "Nel corso del tempo, la natura ha migliorato il ripiegamento delle proteine, così che alla fine, è stato possibile sviluppare strutture più complesse, come le molte proteine specializzate degli esseri umani".
Più brevi e più veloci per l'evoluzione
Anche le catene di amminoacidi che compongono le proteine sono diventate più brevi nel corso dell'evoluzione. Questo è un altro fattore che contribuisce all'aumento della velocità di piegatura, come è stato mostrato nello studio. "Dal momento che sono emersi gli eucarioti (gli organismi con un nucleo cellulare), il ripiegamento delle proteine è diventato un po' meno importante", dice Frauke Gräter. Da allora, la natura ha messo a punto un macchinario complesso per prevenire e riparare le proteine mal ripiegate. Un esempio sono i cosiddetti chaperoni. "Sembra come se la natura abbia accettato un certo livello di disordine, per sviluppare le strutture che altrimenti non si sarebbero evolute".
Il numero di genomi e strutture proteiche conosciute è in continuo aumento, espandendo così le basi di dati per l'analisi al computer di ulteriori evoluzione proteiche. Frauke Gräter dice: "Con le analisi future dell'evoluzione delle proteine, potrebbe essere possibile rispondere alla domanda collegata, se le proteine sono diventate più stabili o più flessibili nei miliardi di anni di storia dell'evoluzione".
Lo studio è stato finanziato dalla Klaus Tschira Foundation e dalla National Science Foundation degli Stati Uniti.
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Fonte: Materiale del Heidelberg Institute for Theoretical Studies.
Riferimento: Cédric Debès, Minglei Wang, Gustavo Caetano-Anollés, Frauke Gräter. Evolutionary Optimization of Protein Folding. PLoS Computational Biology, 2013; 9 (1): e1002861 DOI: 10.1371/journal.pcbi.1002861.
Pubblicato in Science Daily il 31 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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