Ricercatori hanno scoperto la prima mutazione del gene che protegge contro l'Alzheimer, un risultato che ora supporta una controversa teoria sulla causa della malattia e che potrebbe eventualmente condurre allo sviluppo di nuovi farmaci per il trattamento del disturbo.
La mutazione del gene protegge anche contro la normale demenza senile, suggerendo che le due malattie hanno meccanismi in comune.
L'Alzheimer colpisce circa 5,4 milioni di americani, e la prevalenza aumenta con l'età: colpisce il 13% di quelli con oltre 65 anni e il 45% di quelli oltre 85. La malattia è caratterizzata dalla formazione nel cervello di particelle chiamate placche amiloidi, che sono composte di una proteina chiamata beta amiloide. La beta amiloide è prodotta dalla rottura di una proteina più grande chiamata proteina precursore dell'amiloide (APP). I ricercatori hanno finora identificato almeno due dozzine di varianti di APP che producono l'Alzheimer ad esordio precoce nelle persone di età inferiore ai 65 anni. La nuova variante, come riferito Mercoledì on-line sulla rivista Nature, è la prima che protegge contro l'Alzheimer.
L'idea che la rottura dell'APP provoca l'Alzheimer ha portato molte aziende farmaceutiche alla ricerca di farmaci che possano ritardare l'Alzheimer inibendo la ripartizione. Purtroppo, gli studi clinici di questi farmaci si sono dimostrati quasi tutti senza successo, portando molti critici a dubitare della teoria. I nuovi risultati, tuttavia, tendono a metterla su un terreno più solido.
Un team guidato dal dottor Kari Stefansson della deCode Genetics di Reykjavik in Islanda, ha decifrato l'intero genoma di 1.795 islandesi alla ricerca di varianti rare associate all'Alzheimer ed ha trovato la nuova mutazione, che è presente circa nello 0,45% di quella popolazione. I dati non ancora pubblicati mostrano che è ancora più raro negli Stati Uniti, solo circa in 1 persona ogni 10.000. Questo suggerisce che la mutazione è sorta relativamente di recente nel Nord Europa, ha detto Stefansson. I dati hanno mostrato che il gene mutante era presente nello 0,13% di quelli con diagnosi di Alzheimer, ma nello 0,62% di quelli oltre i 85 che non hanno la malattia. La variante era presente anche nello 0,79% di quelli oltre 85 anni con funzioni cerebrali normali. Inoltre, quelli con la variante hanno avuto risultati significativamente migliori nei test di funzionamento cognitivo.
La variante sembra proteggere sorprendentemente anche contro altri fattori di rischio per la malattia. Almeno il 90% delle persone con due copie di un gene chiamato ApoE4 di solito contraggono l'Alzheimer verso gli 80 anni. Ma Stefansson ha osservato 25 persone nello studio con la nuova variante e due geni apoE4, e nessuno aveva il morbo di Alzheimer.
Stefansson prevede che aziende farmaceutiche potrebbero ora accelerare la ricerca di nuovi farmaci capaci di mimare in qualche modo l'azione della variante del gene.
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Pubblicato da Thomas H. Maugh in The Los Angeles Times il 11 luglio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari. Foto: National Library of Medicine/National Institutes of Health
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