Scienziati del Gladstone Institutes hanno svelato un processo mediante il quale l'esaurimento di una specifica proteina nel cervello contribuisce ai problemi di memoria associati all'Alzheimer.
Questi risultati illuminano sullo sviluppo della malattia e possono condurre a nuove terapie di cui potrebbero beneficiare milioni di persone nel mondo affette da Alzheimer e altri disordini neurologici devastanti.
Lo studio, guidato da Jorge J. Palop (foto), PhD, ricercatore del Gladstone ha rivelato che i bassi livelli di una proteina, chiamata Nav1.1, interrompono l'attività elettrica tra le cellule cerebrali. Tale attività è cruciale per il funzionamento del cervello sano e per la memoria. In effetti, i ricercatori hanno scoperto che ripristinando i livelli di Nav1.1 nei topi geneticamente modificati per simulare gli aspetti chiave dell'Alzheimer (AD-topi) se ne migliora l'apprendimento, la funzione della memoria e la lunghezza della vita. Le loro scoperte sono presenti sulla copertina del numero del 27 aprile di Cell, disponibile online dal 26 aprile.
"Si stima che oltre 30 milioni di persone nel mondo soffrono di Alzheimer e che il numero è destinato drammaticamente a crescere nel prossimo futuro", ha detto Lennart Mucke, MD, che dirige la ricerca neurologica al Gladstone, un organizzazione di ricerca biomedica indipendente e senza scopo di lucro. "Questa ricerca migliora la nostra comprensione dei processi biologici che sono alla base della disfunzione cognitiva in questa malattia e potrebbe aprire la porta a nuovi interventi terapeutici".
Le scoperte dei ricercatori suggeriscono che i livelli di Nav1.1 in cellule nervose speciali chiamate cellule di regolamentazione parvalbumina o cellule PV, sono essenziali per generare una sana attività delle onde cerebrali - e che i problemi in questo processo contribuiscono al declino cognitivo in AD-topi ed probabilmente nei pazienti affetti da Alzheimer. Nel cervello i neuroni formano reti altamente interconnesse, usando segnali chimici ed elettrici per comunicare tra loro. I ricercatori hanno controllato se questa comunicazione tra neuroni si interrompe nell'AD-topi, e se sì, in che modo questo può influenzare i sintomi dell'Alzheimer.
Per studiare questo, hanno ottenuto registrazioni di elettroencefalogramma (EEG) - una tecnica che rileva anomalie nelle onde elettriche del cervello, come quelli trovati nei pazienti con epilessia. Hanno trovato che simili anomalie erano emerse durante i periodi di oscillazioni ridotte di onde gamma - un tipo di onde cerebrali fondamentale per regolare l'apprendimento e la memoria. "Come un direttore d'orchestra, le cellule PV regolano i ritmi del cervello controllando con precisione l'attività eccitatoria del cervello", ha dichiarato Laure Verret, PhD, borsista post-dottorato e autore principale. "Abbiamo scoperto che le cellule PV nei pazienti con Alzheimer e negli AD-topi hanno bassi livelli di proteina Nav1.1, contribuendo probabilmente alla disfunzione delle cellule PV. Di conseguenza gli AD-topi avevano ritmi anormali nel cervello. Ripristinando i livelli del Nav1.1 siamo riusciti a ristabilire la normale funzione cerebrale".
In effetti, gli scienziati hanno scoperto che aumentando i livelli di Nav1.1 nelle cellule PV si migliora l'attività delle onde cerebrali, l'apprendimento, la memoria e i tassi di sopravvivenza dei topi-AD. "Migliorando l'attività del Nav1.1, e di conseguenza migliorando la funzione delle cellule PV, si può aiutare il trattamento dell'Alzheimer e degli altri disturbi neurologici associati alle alterazioni dell'onda gamma e le menomazioni cognitive come l'epilessia, l'autismo e la schizofrenia", ha detto il dottor Palop, che è anche assistente professore di neurologia all'Università di California a San Francisco, con la quale è affiliato il Gladstone. "Questi risultati possono permetterci di sviluppare terapie per aiutare i pazienti con queste malattie devastanti".
Altri scienziati che hanno partecipato a questa ricerca al Gladstone comprendono Giao Hang, PhD, Kaitlyn Ho, Nino Devidze, PhD, e Anatol Kreitzer, PhD. Il finanziamento è stato fornito da una varietà di fonti, tra cui il National Institutes of Health, la Stephen D. Bechtel, Jr. Foundation, la Philippe Foundation e la Pew e McKnight Foundation.
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Fonte: Materiale del Gladstone Institutes.
Riferimento: Laure Verret, Edward O. Mann, Giao B. Hang, Albert MI Barth, Inma Cobos, Kaitlyn Ho, Nino Devidze, Eliezer Masliah, Anatol C. Kreitzer, Istvan Mody, Lennart Mucke, Jorge J. Palop. Inhibitory Interneuron Deficit Links Altered Network Activity and Cognitive Dysfunction in Alzheimer Model. Cell, 2012; 149 (3): 708 DOI: 10.1016/j.cell.2012.02.046.
Pubblicato in ScienceDaily il 26 Aprile 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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