Secondo dati dei diari, la reciprocità percepita del caregiver ha mostrato un'influenza diretta sostanziale sui sintomi comportamentali sia nello stesso giorno che su quello successivo per i pazienti di Alzheimer e demenze correlate.
I risultati di un recente studio longitudinale di serie multi-tempo, presentato alla Conferenza internazionale dell'Alzheimer's Association 2023 (Amsterdam, 16-20 luglio), hanno mostrato che la reciprocità percepita dai caregiver può ridurre il numero dei sintomi comportamentali sperimentati da un paziente con morbo di Alzheimer e demenze relative (MADR).
Questi risultati confermano l'entità crescente di letteratura teorica ed empirica che suggerisce che i caregiver hanno un impatto sull'ambiente e sui sintomi comportamentali dei pazienti con MA.
Tra i 7.783 diari giornalieri completati da 453 caregiver in 21 giorni, la reciprocità percepita ha mostrato un effetto diretto e significativo sulla quantità di sintomi comportamentali che i pazienti con MADR hanno sperimentato lo stesso giorno e il giorno successivo. In particolare, non sono stati osservati effetti significativi o incrociati tra attività condivisa e sintomi comportamentali, con stime che suggeriscono che l'impatto era trascurabile, un aumento marginale dello 0,7%.
"A livello quotidiano, abbiamo scoperto che nei giorni in cui i caregiver hanno goduto di, o si sono impegnati in, un'attività con una persona con demenza, quest'ultima aveva meno probabilità di sperimentare questi comportamenti", ha dichiarato la prima autrice Darina Petrovsky PhD/RN, assistente prof.ssa alla Rutgers University e membro del Rutgers Institute for Health, Health Care Policy and Aging Research.
Nello studio, la Petrovsky e i colleghi hanno valutato se potenziali fattori protettivi, la reciprocità del caregiver e l'attività condivisa erano associati al numero di sintomi comportamentali dei pazienti con MA. Nel campione di caregiver residenti in comunità, che si occupavano di pazienti con MA, l'87,4% erano donne, il 51,4% era bianco non ispanico, con età media di 53 anni. I partecipanti si prendevano cura di un genitore/suocero/parente (61,5%) con un'età media di 79 anni.
Per valutare la reciprocità percepita dal caregiver, gli investigatori hanno posto la domanda: "Quanto sei soddisfatto dell'affetto o apprezzamento che il tuo parente ha mostrato per te?". Tutte le risposte dei caregiver sulla reciprocità percepita dal caregiver sono state codificate usando una scala Likert da 1=per niente a 5=molto.
Ai caregiver è stato anche chiesto se si erano impegnati in una attività piacevole non assistenziale con il paziente, nonché sulla presenza di 8 diversi sintomi comportamentali nei pazienti con MA. Hanno quindi usato un modello di equazione strutturale dinamica a 2 livelli per analizzare la relazione tra il numero di sintomi comportamentali diversi, la reciprocità del caregiver e un'attività condivisa in un determinato giorno e il giorno successivo.
“Un'ipotesi potrebbe essere che forse questo legame che si crea da un'attività insieme, induce i caregiver a provare forse meno peso o a sentirsi più vicini all'altra persona. Penso che fare attività insieme sia stata una componente di numerosi interventi precedenti e più grandi”, ha detto la Petrovsky. "Il meccanismo alla base degli effetti positivi, non l'abbiamo ancora testato. Penso che sia interessante conoscerli, ma penso che abbia benefici per entrambi i membri della coppia. O forse una migliore qualità delle relazioni, qualcosa che sperimentano insieme".
Gli autori hanno notato che la ricerca mostra che la maggior parte dei pazienti con MA sperimenta sintomi comportamentali a causa dell'esposizione ai fattori di stress nel loro ambiente. Pertanto, nello studio, i ricercatori sono stati in grado di catturare le fluttuazioni dei sintomi comportamentali in risposta a ogni fattore di stress ambientale che subiscono i pazienti con MA dalla prospettiva dei caregiver.
“La mia collega Carolyn Pickering PhD/RN, ha alcuni dati che guardano alla qualità delle relazioni, come i caregiver la percepiscono. Quindi, in un altro studio separato, potremmo potenzialmente testare l'ipotesi che è attraverso una migliore qualità percepita delle relazioni che il caregiver e la persona con demenza forse traggono i benefici di queste attività. Direi che è il prossimo passo immediato, anche se io e lei stavamo pensando di sfruttare i vari studi che ha fatto in questo settore", ha aggiunto la Petrovsky.
Nel 2021, la Petrovsky ha condotto una revisione sistematica sugli effetti degli interventi musicali sul sonno negli over-50. Lei e i suoi colleghi hanno tratto 16 studi da 5 database incentrati su 2 tipi di interventi musicali: ascolto musicale (n = 11) e multi-componente (n = 5). I risultati hanno mostrato un mix di evidenze sull'efficacia degli interventi musicali per aiutare a migliorare gli esiti del sonno negli anziani, compresa la qualità del sonno, le caratteristiche oggettive e soggettive del sonno. Gli studi di intervento di ascolto della musica hanno usato musica personalizzata secondo le preferenze del paziente, mentre gli studi multi-componenti includevano musica con un approccio aggiuntivo, ad esempio Tai Chi.
Fonte: Rutgers University via Neurology Live (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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