L'Alzheimer è la forma più comune di demenza, e colpisce oltre 35 milioni di persone in tutto il mondo. Si ritiene in genere che l'accumulo di proteina amiloide-beta (Aß) provochi la perdita neuronale nei pazienti. I farmaci si concentrano sulla riduzione dell'Aß42, una delle proteine più comuni e più dannose.
La studentessa di PhD Annelies Vandersteen dell'Università di Twente sta perfezionando questo approccio. Spiega: "I risultati della mia ricerca ci fanno capire meglio i processi che portano all'Alzheimer e in questo modo possono contribuire a realizzare nuovi farmaci".
La proteina Aß è presente nel corpo in varie lunghezze, da 33 a 49 aminoacidi. Le varietà più brevi sono considerate 'sicure', a differenza di quelle più lunghe - dall'Aß42 in poi - che sono altamente aggreganti. L'attuale strategia terapeutica cerca di ridurre l'accumulo di Aß42, ed i suoi effetti dannosi, limitando il rilascio di Aß42. La riduzione della produzione di Aß42 provoca un aumento contemporaneo dei livelli di Aß38.
La Vandersteen commenta: "Uno dei risultati della mia ricerca è che piccole quantità di Aß38 possono effettivamente aumentare o mitigare l'aggregazione e gli effetti tossici delle proteine Aß più lunghe. I processi che si traducono in Alzheimer sono determinati dall'intero spettro delle proteine Aß. Così il quadro è molto meno bianco/nero di quanto si sia assunto fin'ora, e forme meno comuni di Aß sono molto più dannose di quanto si pensa".
Lo studio
La Vandersteen ha esaminato le miscele di proteine in ambiente di laboratorio. Ha ideato una serie di esperimenti basati su ipotesi calcolate dal computer. E' stato studiato in dettaglio e descritto utilizzando varie tecniche biofisiche il comportamento delle varie proteine Aß e delle relative miscele. E' stato infine studiato in una coltura cellulare l'influenza delle varie proteine Aß e relative miscele sui neuroni.
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Fonte: Materiale della University of Twente, via AlphaGalileo.
Pubblicato in ScienceDaily il 14 Dicembre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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