Una proteina del fegato poco studiata può essere responsabile dei vantaggi ben noti dell'esercizio sul cervello che invecchia, secondo un nuovo studio sui topi eseguito da scienziati della University of California di San Francisco. I risultati potrebbero portare a nuove terapie per conferire gli effetti neuroprotettivi dell'attività fisica alle persone che non possono fare esercizio a causa di limitazioni fisiche.
L'esercizio fisico è uno dei modi più studiati e più potenti di proteggere il cervello dal declino cognitivo legato all'età e ha dimostrato di migliorare la cognizione in individui a rischio di malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer e la demenza frontotemporale, anche di quelli con varianti genetiche rare che portano inevitabilmente alla demenza.
Ma molti anziani non sono in grado di esercitarsi regolarmente a causa di limitazioni fisiche o di disabilità, ed i ricercatori stanno da tempo cercando terapie che possono conferire alcuni degli stessi benefici neurologici alle persone con bassi livelli di attività fisica.
Il nuovo studio, pubblicato il 9 luglio 2020 su Science, ha dimostrato che, dopo che i topi fanno esercizio, il loro fegato secerne nel sangue una proteina chiamata Gpld1. I livelli di questa proteina nel sangue corrispondono a un miglioramento della funzione cognitiva nei topi anziani, e la ricerca ha scoperto che l'enzima è elevato anche nel sangue degli esseri umani anziani che si esercitano regolarmente. Ma i ricercatori hanno dimostrato che solo aumentare la quantità di Gpld1 prodotta dal fegato del topo potrebbe conferire al cervello molti degli stessi benefici di un esercizio fisico regolare.
“Se ci fosse un farmaco che produce nel cervello gli stessi benefici dell'esercizio fisico, tutti lo prenderebbero. Ora il nostro studio suggerisce che almeno alcuni di questi benefici potrebbero un giorno essere disponibili in forma di pillola“, ha detto Saul Villeda PhD, l'autore senior dello studio, assistente professore nei dipartimenti di Anatomia e Terapia Fisica e di Scienze della Riabilitazione della UCSF.
Il laboratorio di Villeda aveva già dimostrato che i fattori biologici presenti nel sangue dei topi giovani possono ringiovanire il cervello del topo invecchiato, e viceversa, i fattori nel sangue dei topi più anziani possono portare a un declino cognitivo prematuro legato all'età nei topi giovani.
Questi risultati precedenti hanno portato la dottoranda Alana Horowitz e il ricercatore postdottorato Xuelai Fan PhD, del laboratorio di Villeda, a perseguire i fattori ematici che potrebbero conferire anche i vantaggi dell'esercizio, che sappiamo ringiovanire il cervello invecchiato in modo simile a quanto visto negli esperimenti sul 'sangue giovane' del laboratorio.
La Horowitz e Fan hanno preso il sangue dei topi anziani che si erano esercitati regolarmente per 7 settimane e li hanno somministrati a topi anziani sedentari. Hanno scoperto che 4 settimane di questo trattamento hanno prodotto notevoli miglioramenti nell'apprendimento e nella memoria dei topi anziani, in modo simile a quanto visto nei topi che si erano esercitati regolarmente. Quando hanno esaminato il cervello degli animali, hanno trovato le prove di una maggiore produzione di nuovi neuroni nell'ippocampo, un segno ben documentato dei benefici di ringiovanimento dell'esercizio.
Per scoprire quali fattori biologici specifici nel sangue possono essere alla base di questi effetti, la Horowitz, Fan e i colleghi hanno misurato la quantità di diverse proteine solubili nel sangue dei topi attivi, confrontandoli con quelli sedentari. Hanno identificato 30 proteine candidate, 19 delle quali, con loro sorpresa, erano prevalentemente derivate dal fegato e molte erano già state associate a funzioni di controllo del metabolismo del corpo. Due di queste proteine - Gpld1 e PON1 - sono emerse come particolarmente importanti per i processi metabolici, e i ricercatori hanno scelto di studiare la Gpld1 in dettaglio perché pochi studi precedenti avevano indagato la sua funzione.
“Abbiamo pensato che se la proteina fosse già stata studiata a fondo, qualcuno sarebbe inciampato su questo effetto”, ha detto Villeda. “Mi piace dire che, se ti prendi un rischio esplorando qualcosa di nuovo, potresti anche trovare qualcosa di grande”.
Il team ha scoperto che la Gpld1 aumenta nella circolazione del sangue dei topi dopo l'attività fisica, e che i livelli di Gpld1 si correlano strettamente con i miglioramenti nella prestazione cognitiva degli animali. L'analisi dei dati umani raccolti nell'ambito dell'Hillblom Aging Network Study della UCSF ha mostrato che la Gpld1 è più elevata anche nel sangue di anziani sani e attivi rispetto a quelli meno attivi.
Per verificare se la Gpld1 stessa può guidare i benefici osservati dell'esercizio, i ricercatori hanno usato l'ingegneria genetica per indurre il fegato di topi anziani a produrre una quantità maggiore di Gpld1, e poi hanno misurato le prestazioni degli animali in molteplici test che misurano diversi aspetti della cognizione e della memoria. Con loro grande stupore, 3 settimane di trattamento hanno prodotto effetti simili a 6 settimane di esercizio fisico regolare, insieme ad aumenti drastici della crescita di nuovi neuroni nell'ippocampo.
Villeda ha detto:
“A essere sincero, non mi aspettavo di riuscire a trovare una singola molecola che può spiegare così tanti benefici dell'esercizio fisico sul cervello. Sembrava più probabile che l'esercizio fisico avesse molti effetti piccoli e sottili che si aggiungono ad un grande beneficio, ma che sarebbe difficile da isolare. Quando ho visto questi dati, sono rimasto ammutolito”.
“Attraverso questa proteina, il fegato risponde all'attività fisica e dice al cervello invecchiato di ringiovanire. Questo è un notevole esempio di comunicazione fegato-cervello di cui, per quanto ne sappiamo, non si conosceva l'esistenza. E mi domando cosa altro abbiamo mancato nelle neuroscienze, ignorando in gran parte gli effetti drastici che altri organi potrebbero avere sul cervello, e viceversa“.
Ulteriori esperimenti di laboratorio hanno dimostrato che la Gpld1 prodotta dal fegato non passa attraverso la cosiddetta barriera emato-encefalica, che protegge il cervello da agenti tossici o infettivi presenti nel sangue. Al contrario, la proteina sembra esercitare i suoi effetti sul cervello attraverso percorsi che riducono l'infiammazione e la coagulazione del sangue in tutto il corpo. Sia la coagulazione del sangue che l'infiammazione sono note per aumentare con l'età e sono state collegate alla demenza e al declino cognitivo legato all'età.
Il laboratorio sta ora lavorando per capire meglio come la Gpld1 interagisce con altri sistemi di segnalazione biochimica per produrre i suoi effetti stimolanti sul cervello, nella speranza di identificare obiettivi specifici per terapie che potrebbero un giorno conferire molti dei benefici protettivi dell'esercizio al cervello che invecchia.
Fonte: Nicholas Weiler in University of California San Francisco (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Alana M. Horowitz, Xuelai Fan, Gregor Bieri, Lucas K. Smith, Cesar I. Sanchez-Diaz, Adam B. Schroer, Geraldine Gontier, Kaitlin B. Casaletto, Joel H. Kramer, Katherine E. Williams, Saul A. Villeda. Blood factors transfer beneficial effects of exercise on neurogenesis and cognition to the aged brain. Science, 10 July 2020 DOI
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