Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Più frutti di bosco, mele e tè possono avere benefici protettivi contro l'Alzheimer

Gli anziani che consumavano piccole quantità di cibi ricchi di flavonoidi, come frutti di bosco, mele e tè, avevano una probabilità da 2 a 4 volte più alta di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA) e le demenze correlate (DC-MA) entro i 20 anni successivi, rispetto alle persone la cui assunzione era più alta, secondo un nuovo studio guidato da scienziati della Tufts University.


Lo studio epidemiologico su 2.800 persone over-50 ha esaminato la relazione a lungo termine tra cibi che contengono flavonoidi e il rischio di MA e tra il MA e DC-MA. Mentre molti studi hanno esaminato le associazioni tra alimentazione e demenze su brevi periodi di tempo, lo studio pubblicato oggi nel Journal of Clinical Nutrition ha esaminato l'esposizione su più di 20 anni.


I flavonoidi sono sostanze naturali presenti nelle piante, come frutta e verdura (pere, mele, frutti di bosco, cipolle), e nelle bevande a base vegetale, come tè e vino. I flavonoidi sono associati a diversi benefici per la salute, compresa una infiammazione ridotta. Il cioccolato fondente è un'altra fonte di flavonoidi.


Il team di ricerca ha stabilito che una bassa assunzione di tre tipi di flavonoidi è legata a un rischio più alto di demenza rispetto al maggior consumo. In particolare:

  • Basso consumo di flavonoli (mele, pere e tè) è stato associato con il doppio del rischio di sviluppare DC-MA.
  • Bassa assunzione di antociani (mirtilli, fragole, e vino rosso) è stato associato con un rischio quattro volte maggiore di DC-MA.
  • Basso consumo di polimeri di flavonoidi (mele, pere e tè) è stato associato con il doppio del rischio di sviluppare DC-MA.


I risultati sono stati simili per il MA da solo.


“Il nostro studio ci dice che l'alimentazione nel corso del tempo potrebbe essere correlata al declino cognitivo di una persona, poiché siamo riusciti ad esaminare l'assunzione di flavonoidi per molti anni prima della diagnosi di demenza dei partecipanti”, ha dichiarato Paul Jacques, autore senior e epidemiologo nutrizionale della Tufts. “Mancando farmaci efficaci per trattare il MA, la prevenzione della malattia attraverso una dieta sana è una considerazione importante”.


I ricercatori hanno analizzato sei tipi di flavonoidi e confrontato i livelli di assunzione a lungo termine con il numero di diagnosi di MA e DC-MA più tardi nella vita. Essi hanno scoperto che una bassa assunzione (15° percentile o meno) di tre tipi di flavonoidi è legato a un rischio più alto di demenza rispetto all'assunzione più alta (oltre il 60° percentile). Esempi dei livelli studiati includono:

  • Bassa assunzione (15° percentile o inferiore) equivaleva a nessuna bacca (antociani) al mese, circa una mela e mezza al mese (flavonoli), e nessun tè (polimeri di flavonoidi).
  • Elevata assunzione (60° percentile o sopra) era pari a circa 7,5 tazze di mirtilli o fragole (antociani) al mese, 8 mele e pere al mese (flavonoli), e 19 tazze di tè al mese (polimeri di flavonoidi).


“Il tè, quello verde in particolare, e le bacche sono buone fonti di flavonoidi”, ha detto il primo autore Esra Shishtar, che al momento dello studio era dottorando alla Tufts University. “Quando guardiamo ai risultati dello studio, vediamo che le persone che possono beneficiare al meglio del consumo di più flavonoidi sono persone ai livelli più bassi di assunzione, e non ci vuole molto per migliorare i livelli. Una tazza di tè al giorno o alcune bacche due o tre volte alla settimana sarebbero sufficienti”.


Jacques ha anche detto che i 50 anni, l'età approssimativa in cui sono stati inizialmente analizzati i dati dei partecipanti, non è troppo tardi per fare cambiamenti positivi nella dieta. “Il rischio di demenza inizia davvero ad aumentare dopo i 70 anni, e il messaggio da portare a casa è che, quando ti avvicini ai 50 o poco oltre, dovresti cominciare a pensare a una dieta più sana, se non l'hai già fatto”.

 

Metodologia

Per misurare l'assunzione di flavonoidi a lungo termine, il team di ricerca ha usato questionari dietetici, compilati in occasione degli esami medici ogni circa quattro anni dai partecipanti al Framingham Heart Study, un gruppo in gran parte di caucasici che sono studiati da diverse generazioni per i fattori di rischio delle malattie cardiache.


Per aumentare la probabilità che le informazioni dietetiche fossero accurate, i ricercatori hanno escluso i questionari degli anni precedenti la diagnosi di demenza, sulla base del presupposto che, con il declino dello stato cognitivo, il comportamento alimentare può cambiare, e i questionari alimentari possono diventare imprecisi.


I partecipanti erano della coorte 'Offspring' (i figli dei partecipanti originali), e i dati provenivano dagli esami da 5 a 9. All'inizio dello studio, i partecipanti erano senza MA e DC-MA, con un questionario di frequenza alimentare valido al basale. L'assunzione di flavonoidi è stata aggiornata ad ogni esame per rappresentare l'assunzione media cumulativa tra i 5 cicli di esame.


I ricercatori hanno suddiviso i flavonoidi in sei tipi e hanno creato quattro livelli di assunzione sulla base di percentili: inferiore o uguale al 15° percentile, dal 15° al 30°, dal 30° al 60°, e superiore al 60°. Hanno poi confrontato i tipi di assunzione e i livelli di flavonoidi con nuove diagnosi di MA e DC-MA.


Ci sono alcune limitazioni allo studio, compreso l'uso di dati auto-riportati dell'alimentazione, che sono soggetti ad errori di ricordo. I risultati sono generalizzabili per le persone dalla mezza età e oltre di discendenza europea. Fattori come istruzione, fumo, attività fisica, indice di massa corporea e qualità complessiva delle diete dei partecipanti possono aver influenzato i risultati, ma i ricercatori hanno tenuto conto di tali elementi nell'analisi statistica. A causa della sua natura osservazionale, lo studio non riflette una relazione causale tra l'assunzione di flavonoidi e lo sviluppo di MA e DC-MA.

 

 

 


Fonte: Tufts University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Paul F Jacques, Rhoda Au, Jeffrey B Blumberg, Gail T Rogers, Esra Shishtar. Long-term dietary flavonoid intake and risk of Alzheimer disease and related dementias in the Framingham Offspring Cohort. The American Journal of Clinical Nutrition, 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Interleuchina3: la molecola di segnalazione che può prevenire l'Alzheimer…

20.07.2021 | Ricerche

Una nuova ricerca su esseri umani e topi ha identificato una particolare molecola di seg...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Scoperta inaspettata: proteine infiammatorie possono rallentare il declino cog…

5.07.2021 | Ricerche

Finora la ricerca aveva collegato l'infiammazione al morbo di Alzheimer (MA), però scien...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)