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Un'arma naturale promette una cura migliore per l'Alzheimer

Ricercatori hanno dimostrato che un chaperone molecolare, come una ditta di gestione dei rifiuti, raccoglie e disintossica gli alti livelli del peptide beta-amiloide tossico presente nell'Alzheimer.

Si sapeva che il chaperone molecolare, o HspB1, era presente nella placca, segno distintivo di malati di Alzheimer, ma il suo ruolo finora era un mistero.

"Abbiamo scoperto che l'HspB1 è un meccanismo protettivo che cerca di sbarazzarsi degli oligomeri tossici o aggregati di beta-amiloide che appaiono nell'Alzheimer", ha detto il Dr. Anil G. Cashikar, biochimico del Centro di Chaperoni Molecolari e Radiobiologia della Georgia Health Sciences University e autore corrispondente dello studio pubblicato in Molecular and Cellular Biology.

Il dott Anil Cashikar G. (a sinistra) e la studentessa laureata Juhi Ojha hanno identificato un meccanismo naturale per la gestione di elevati livelli del peptide tossico beta-amiloide presente nell'Alzheimer.

 Il peptide beta amiloide, o Abeta, è considerato l'iniziatore della cascata di eventi che porta ai danni cerebrali e alla morte cellulare nell'Alzheimer: con l'aumento dei livelli, il peptide inizia ad aggregarsi nel cervello. Infatti, alti livelli nel liquido spinale sono un marcatore diagnostico della malattia. I chaperoni molecolari sono noti per la loro propensione a rispondere alle proteine mal ripiegate prodotte dalla malattia, il modo in cui il corpo vede l'eccesso di Abeta. Anche se le placche risultanti occupano posizioni preminenti nel cervello, è ancora meglio dell'Abeta tossico che uccide i neuroni, dice Cashikar. "Pensiamo che forse il sistema viene sopraffatto".

Riconoscendo il molto lavoro che rimane da fare, lo scienziato è entusiasta di aver identificato il meccanismo di protezione ed di aver esplorato le potenzialità di trattamento. All'inizio di quest'anno, un articolo pubblicato da Cashikar su PLoS One ha mostrato che eliminare geni con una funzione simile in un modello di topo, ha peggiorato i sintomi della malattia.

Il nuovo studio ha anche mostrato che i neuroni di topi con deficit di HspB1 si sono rivelati più sensibili alle devastazioni tossiche dell'Abeta. "L'HspB1 è presente perché la sua funzione è quella di proteggere le cellule. Questo implica che, se fossimo in grado di elevare i livelli di questo chaperone molecolare, potremmo gestire la situazione un po' meglio" ha detto Cashikar.

Vuole sfruttare questo sistema naturale attraverso lo sviluppo di una versione più piccola del chaperone molecolare che possa essere immesso nel sangue per rimuovere l'Abeta in eccesso dal cervello. Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione che potrebbe impedirne l'applicazione diretta. Tuttavia, l'affinità naturale del beta amiloide con l'HspB1, indica che un approccio più indiretto potrebbe essere efficace. "Vogliamo ottenere versioni più piccole dell'HspB1 che possono essere messe in circolo in modo che il materiale dal cervello possa essere riassorbito nel sangue, dove può essere cancellato in modo più efficiente".

Vuole anche esplorare un modo per aumentare la produzione di HspB1 come protezione naturale delle cellule cerebrali. In realtà anche i neuroni producono Abeta, che nell'Alzheimer li attacca. La normale funzione del peptide nel cervello non è chiara, ma i primi dati disponibili indicano che potrebbe essere coinvolto nella potatura delle sinapsi, fase essenziale per la formazione della memoria. Le sinapsi connettono i neuroni e alcune connessioni esistenti devono essere tagliate perchè si formino nuove connessioni e ricordi. Il motivo perché i neuroni inizino a produrre troppo Abeta e di come la sua sovrapproduzione possa essere controllata sono domande molto importanti, ha detto Cashikar.

Un dibattito collegato in corso è se le placche amiloidi e i grovigli neurofibrillari, grumi insolubili di proteine presenti anche nell'Alzheimer, sono causa o conseguenza della malattia. Il lavoro di Cashikar così come nuovi studi sui grovigli neurofibrillari, suggeriscono che entrambi sono meccanismi di protezione. Inoltre, ci sono prove che entrambi sono presenti nel cervello di alcuni anziani sani.

La studentessa laureata Juhi Ojha della GHSU è la prima autrice dello studio.

 

 


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Fonte: Georgia Health Sciences University

Pubblicato in EurekAlert! il 20 giugno 2011 - Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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