La ricerca di farmaci per curare il morbo di Alzheimer (MA) ha subito una nuova battuta d'arresto, con un farmaco promettente che non ha mostrato benefici nell'ultima serie di studi clinici.
Esperimenti precedenti avevano suggerito che il farmaco idalopirdina, della società farmaceutica danese Lundbeck, avrebbe potuto migliorare la cognizione di chi ha l'MA, se assunto insieme a farmaci esistenti (chiamati inibitori della colinesterasi) che agiscono per migliorare i sintomi piuttosto che arrestare lo sviluppo della malattia. Ma gli ultimi test hanno infranto tale speranza.
"Ero personalmente molto emozionato", ha detto il professor Clive Ballard, co-autore dello studio, dell'Università di Exeter, sottolineando che gli esperimenti precedenti erano apparsi promettenti. "E' molto deludente che non abbia avuto successo".
Scrivendo sul Journal of American Medical Association, un team internazionale di ricercatori riferisce di aver condotto tre studi clinici su un totale di 2.525 partecipanti in 34 paesi, per esplorare l'impatto dell'idalopirdina. Tutti i partecipanti erano over 50 e avevano un MA da lieve a moderato. In tutti gli studi, i partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere una dose specifica di idalopirdina o un placebo insieme ai farmaci esistenti di MA, senza che né il paziente né gli scienziati fossero a conoscenza del gruppo in cui si trovavano tutti i partecipanti. Tutti e tre gli studi sono durati 24 settimane.
I risultati sono stati deludenti: il nuovo farmaco non ha fatto nulla per migliorare la cognizione o limitare il declino dei partecipanti, indipendentemente dalla dose somministrata. "Questi risultati non supportano l'uso di idalopirdina per il trattamento dell'MA", scrivono gli autori.
"Penso che sia un duro colpo", ha detto Ballard, anche se ha notato che gli esperimenti avevano dei limiti, non ultimo il fatto che i partecipanti - inclusi quelli sul placebo - hanno mostrato poco declino nel tempo, suggerendo che la selezione dei partecipanti potrebbe, almeno in parte, aver mascherato i potenziali benefici, mentre le dosi massime giornaliere di idalopirdina somministrate erano inferiori rispetto alle precedenti sperimentazioni, in parte per evitare effetti negativi sul fegato.
Inoltre, ai partecipanti non è stato richiesto di sottoporsi a test per i biomarcatori di MA, come scansioni PET o analisi del liquido cerebrospinale, il che significa che alcuni pazienti potrebbero non aver avuto grumi di proteina amiloide nel cervello, per esempio.
Ballard ha aggiunto che per essere sicuri che l'idalopirdina non ha benefici, i dati dei partecipanti a maggior rischio di declino - come quelli che hanno avuto scansioni che mostrano ammassi di amiloide - dovrebbero essere nuovamente analizzati. "Penso che al momento l'idalopirdina sia quasi morta, ma probabilmente c'è solo da usare un po' diligenza in più prima di cancellarla del tutto", ha detto.
I risultati arrivano pochi giorni dopo che il gigante farmaceutico Pfizer ha annunciato di interrompere la ricerca di trattamenti per l'MA e il Parkinson, e di deviare i finanziamenti ad altre aree.
Il dott. James Pickett, responsabile della ricerca dell'Alzheimer's Society, ha affermato che il fallimento dell'idalopirdina nel migliorare la cognizione nell'MA è deludente:
"Le notizie dell'anno scorso avevano dimostrato che anche un farmaco che lavora in modo simile, l'intepirdina, non ha alcun beneficio. Questi risultati indicano che questo tipo di farmaci potrebbe non avere gli effetti che speravamo nelle persone con MA, e abbiamo bisogno di ampliare la nostra attenzione.
"I progressi tecnologici implicano che stiamo iniziando a vedere i tratti distintivi dell'MA nel cervello vivente e i ricercatori possono essere sicuri che le persone arruolate in un esperimento sono sicuramente affette dall'MA, piuttosto che da qualcosa con sintomi simili, come potrebbe essere stato nel caso dell'idalopirdina. Un tale progresso tecnologico rappresenterà un enorme miglioramento del modo in cui vengono condotti gli studi clinici sull'MA e ci dà molta speranza di trovare un nuovo trattamento in futuro".
Fonte: Nicola Davis in The Guardian (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Atri A, Frölich L, Ballard C, Tariot PN, Molinuevo JL, Boneva N, Windfeld K, Raket LL, Cummings JL. Effect of Idalopirdine as Adjunct to Cholinesterase Inhibitors on Change in Cognition in Patients With Alzheimer Disease. Three Randomized Clinical Trials. JAMA. 2018;319(2):130–142. doi:10.1001/jama.2017.20373
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.