L'Alzheimer è la causa principale di demenza negli anziani, e la sua prevalenza globale dovrebbe aumentare notevolmente nel prossimo decennio, fino a raggiungere gli 80 milioni di pazienti entro il 2040.
"E' fondamentale indagare sui fattori potenziali che sono alla base di questa malattia", dice il postdottorato Stefan J. Kempf della University of Southern Denmark. la cui ricerca si concentra sulle possibili connessioni tra radiazioni e disturbi cognitivi.
In un nuovo studio, lui e un consorzio internazionale, che comprende colleghi provenienti da Italia, Giappone, Germania e Danimarca, mostrano che anche basse dosi di radiazioni ionizzanti inducono nel cervello dei cambiamenti molecolari che assomigliano alle patologie dell'Alzheimer.
Allo studio, pubblicato in Oncotarget, hanno collaborato studiosi dell'Institute of Radiation Biology/Institute of Pathology, del Helmholtz Zentrum München, del German Research Center for Environmental Health e dell'Institute for Environmental Sciences in Giappone.
Poche scansioni nella vita non causano preoccupazione
Un gran numero di persone di tutte le età è sempre più esposto a radiazioni ionizzanti originate da varie fonti. Molti hanno una esposizione professionale cronica da tecnologie nucleari o da viaggi aerei. L'uso della diagnostica medica e della radiologia terapeutica sta aumentando rapidamente; ad esempio, ogni anno sono eseguite più di 62 milioni di TAC solo negli Stati Uniti.
Circa un terzo di tutti gli esami diagnostici TAC sono scansioni della regione della testa.
"Tutti questi tipi di esposizioni sono a basso dosaggio e finché si parla di una o poche esposizioni in tutta la vita non vedo motivo di preoccupazione. Quello che mi preoccupa è che le persone moderne possono essere esposte più volte nel corso della vita e che non sappiamo abbastanza sulle conseguenze di dosi cumulate", afferma Stefan J. Kempf.
Cambiamenti molecolari nel cervello
Dati recenti suggeriscono che anche dosi relativamente basse di radiazioni, simili a quelle ricevute da poche TAC, potrebbero innescare cambiamenti molecolari associati alla disfunzione cognitiva.
Nel loro nuovo studio, i ricercatori hanno fatto luce sulle alterazioni molecolari indotte nell'ippocampo dei topi. L'ippocampo è un'area importante del cervello responsabile dell'apprendimento e della formazione della memoria ed è noto per essere influenzato negativamente dall'Alzheimer.
Gli autori hanno indotto cambiamenti nell'ippocampo per mezzo di due tipi di trattamenti radioterapici ionizzanti cronici a basso tasso di dose. I topi sono stati esposti a dosi cumulate di 0,3 Gy o 6.0 Gy, date a tassi bassi di dose di 1 mGy nell'arco di 24 ore o 20 mGy/24 ore, per 300 giorni.
Presenti anche nella neuropatologia di Alzheimer
"Entrambi i dosaggi sono in grado di indurre caratteristiche molecolari che ricordano quelle che si trovano nella neuropatologia di Alzheimer", dice Stefan J. Kempf.
Quando un paziente subisce una scansione alla testa, le dosi variano tra 20 e 100 mGy e durano per circa un minuto. Quando una persona vola, è esposta a radiazioni ionizzanti provenienti dallo spazio ma i tassi sono di gran lunga più bassi di una TAC.
"Confrontando queste cifre ci si accorge che abbiamo esposto i topi a una dose cumulata che era meno di un millesimo di quella che un paziente riceve da una singola scansione TAC nello stesso intervallo di tempo. E anche così abbiamo potuto vedere cambiamenti nelle sinapsi all'interno dell'ippocampo, che assomigliano alla patologia di Alzheimer".
Secondo Stefan J. Kempf, i dati indicano che le radiazioni cronica a basso tasso di dose puntano l'integrazione dei neuroni neonati nelle connessioni sinaptiche esistenti.
Fonte: Birgitte Svennevig in University of Southern Denmark (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Stefan J. Kempf, Dirk Janik, Zarko Barjaktarovic, Ignacia Braga-Tanaka III, Satoshi Tanaka, Frauke Neff, Anna Saran, Martin R. Larsen, Soile Tapio. Chronic low-dose-rate ionising radiation affects the hippocampal phosphoproteome in the ApoE−/− Alzheimer´s mouse model. Oncotarget, 2016; DOI: 10.18632/oncotarget.12376
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