Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Nuove conoscenze sulla memoria: raffiche di inpulsi neuranali ci permettono di tenere nella mente le informazioni


Quando tieni in mente una frase appena letta o un numero di telefono che stai per chiamare, stai impegnando un sistema cruciale del cervello chiamato 'memoria di lavoro'.


Negli ultimi decenni i neuroscienziati credevano che, mentre l'informazione era tenuta nella memoria di lavoro, le cellule cerebrali associate a quella informazione, 'sparassero' di continuo.


Tuttavia, un nuovo studio del MIT ha rovesciato questa teoria, scoprendo che, mentre le informazioni sono trattenute nella memoria di lavoro, i neuroni inviano impulsi in modo sporadico e coordinato. Questi 'spari' ciclici potrebbero aiutare il cervello a tenere più elementi nella memoria di lavoro allo stesso tempo, secondo i ricercatori.


"Questi diversi impulsi in momenti diversi nel tempo, permettono di mantenere in memoria elementi differenti, separati l'uno dall'altro", spiega Earl Miller, professore del Picower Institute for Learning and Memory del MIT e del Dipartimento di Scienze Cognitive e Cerebrali, l'autore senior dello studio, apparso ieri, 17 Marzo, su Neuron. Mikael Lundqvist, un postdottorato del Picower Institute, e Jonas Rose, ora all'Università di Tubinga in Germania, sono primi autori della ricerca.


Raffiche di attività

A partire dai primi anni 1970, gli esperimenti hanno dimostrato che, quando un elemento viene tenuto nella memoria di lavoro, un sottoinsieme di neuroni spara continuamente. Tuttavia questi, e i successivi, studi sulla memoria di lavoro, hanno spalmato l'attività del cervello su secondi o addirittura minuti per svolgere quel compito, dice Miller.


"Il problema qui è che non è questo il modo in cui funziona il cervello", dice. "Abbiamo esaminato più da vicino questa attività, non facendo una media nel tempo, ma osservandola da un momento all'altro. Questo ha rivelato che sta succedendo qualcosa di molto più complesso".


Miller e i suoi colleghi hanno registrato l'attività neuronale negli animali mentre guardavano una sequenza di tre quadrati colorati, ognuno in una posizione diversa. Poi, i quadrati sono stati mostrati di nuovo, ma uno di loro aveva cambiato colore. Gli animali sono stati addestrati a rispondere quando notavano il riquadro che aveva cambiato colore, un compito che chiede loro di tenerli tutti e tre nella memoria di lavoro per circa due secondi.


I ricercatori hanno scoperto che, mentre gli elementi venivano tenuti nella memoria di lavoro, degli insiemi di neuroni nella corteccia prefrontale erano attivi con ​​brevi raffiche, e questi impulsi avvenivano solo nei siti di registrazione dove erano memorizzate le informazioni sui quadrati. Lo 'sparo' era più frequente all'inizio del compito, quando veniva codificata l'informazione, e alla fine, quando venivano lette le memorie.


Definire i dettagli

I risultati si adattano bene a un modello che Lundqvist aveva sviluppato in alternativa al modello di attività sostenuta, come base neurale della memoria di lavoro. Secondo il nuovo modello, le informazioni sono memorizzate con rapidi cambiamenti nella forza sinaptica dei neuroni. Le raffiche brevi servono a "imprimere" l'informazione nelle sinapsi di questi neuroni, e le raffiche si ripresentano periodicamente per rinforzare le informazioni, finché è necessario.


Gli impulsi creano onde di attività coordinata nella frequenza gamma (45-100 Hertz), come quelle che sono state osservate nei dati. Queste onde si verificano sporadicamente, con spazi tra loro, e ogni insieme di neuroni, che codifica una voce specifica, produce un raffica diversa di onde gamma. "E' come un'impronta digitale", dice Lundqvist.


Quando questa attività è mediata su più esperimenti ripetuti, appare come una curva regolare di attività continua, come avevano suggerito i modelli precedenti della memoria di lavoro. Tuttavia, la nuova strada del team del MIT di misurare e analizzare i dati suggerisce che il quadro completo è molto diverso. "E' come se avessi ascoltato per anni la musica dall'appartamento del vicino, e tutto quello che sei riuscito a sentire è la parte martellante dei bassi. Ti stai perdendo tutti i dettagli, ma se ti avvicini abbastanza senti che c'è molto di più", dice Miller.


I risultati suggeriscono che varrebbe la pena cercare questo tipo di attività ciclica in altre funzioni cognitive, come l'attenzione, dicono i ricercatori. Oscillazioni analoghe a quelle osservate in questo studio possono aiutare il cervello a confezionare informazioni e tenerle separate in modo che le diverse informazioni non interferiscano l'una con l'altra.


"Il tuo cervello funziona in un modo molto periodico e sporadico, con molti intervalli tra le informazioni che il cervello rappresenta", dice Miller. "La mente maschera tutti gli intervalli e le dinamiche frizzanti, dandoci l'impressione che le cose stiano accadendo in modo regolare, mentre il cervello in realtà lavora in modo molto periodico, mandando in giro pacchetti di informazioni".


Robert Knight, professore di psicologia e neuroscienze dell'Università della California di Berkeley, non coinvolto nella ricerca, dice che il nuovo studio "fornisce prove convincenti che alla base della capacità della memoria di lavoro prefrontale ci sono dinamiche non lineari oscillatorie. Il lavoro richiede una nuova visione dei processi computazionali che sostengono il comportamento diretto al risultato. I processi di controllo che supportano le dinamiche non lineari non sono ancora capiti, ma questo lavoro costituisce una guida fondamentale per il lavoro futuro volto a comprendere come il cervello permette una cognizione fluida".

 

 

 


Fonte: Anne Trafton in Massachusetts Institute of Technology (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Mikael Lundqvist, Jonas Rose, Pawel Herman, Scott L. Brincat, Timothy J. Buschman, Earl K. Miller. Gamma and Beta Bursts Underlie Working Memory. Neuron, 2016; DOI: 10.1016/j.neuron.2016.02.028

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)