La scoperta dei ricercatori della School of Medicine della Washington University di St. Louis può portare i medici e i ricercatori a cambiare il modo in cui è classificato l'Alzheimer.
I risultati sono riportati nell'edizione online del 1 febbraio della rivista PLoS One.
"Probabilmente non dovremmo pensare all'Alzheimer a insorgenza precoce come malattia ereditaria e quella ad esordio tardivo come sporadica, perché i casi sporadici e di gruppi familiari si verificano in entrambi i gruppi di età", dice Alison M. Goate, DPhil, (foto a sinistra), responsabile della ricerca. "Penso che sia ragionevole supporre che almeno alcuni casi sia malattia precoce che quella ad esordio tardivo hanno le stesse cause. I nostri risultati suggeriscono che il meccanismo della malattia può essere lo stesso, indipendentemente dall'età in cui l'Alzheimer insorge. Le persone che contraggono la malattia in giovane età, probabilmente hanno più fattori di rischio che di protezione, mentre coloro che sviluppano la malattia più tardi nella vita possono avere più fattori di protezione, ma sembra che il meccanismo possa essere lo stesso per entrambi".
I ricercatori hanno utilizzato il sequenziamento del DNA di prossima generazione per analizzare i geni legati alla demenza. Hanno sequenziato il gene APP (proteina precursore dell'amiloide), e i geni PSEN1 e PSEN2 (presenilina). Sono state identificate le mutazioni in questi geni come cause dell'Alzheimer ad esordio precoce. Hanno anche sequenziato il gene MAPT (proteina tau associata ai microtubuli) e il gene GRN (progranulina), che sono stati associati alle forme ereditarie di un'altra malattia che coinvolge perdita di memoria, chiamata demenza frontotemporale.
"Abbiamo trovato un aumento di varianti rare nei geni dell'Alzheimer in famiglie in cui sono stati colpiti quattro o più membri con manifestazione tardiva della malattia", dice la Goate, Professore Samuel e Mae S. Ludwig di Genetica in Psichiatria, professore di neurologia, di genetica e co-direttore del Hope Center Program sull'Aggregazione Proteica e la Neurodegenerazione. "I cambiamenti in questi geni erano più comuni nei casi di Alzheimer con una storia familiare di demenza, rispetto agli individui normali. Questo suggerisce che alcune di queste varianti geniche probabilmente contribuiscono al rischio di Alzheimer".
Lo studio ha trovato anche mutazioni nei geni MAPT e GRN in alcuni pazienti di Alzheimer, suggerendo che era stata erroneamente diagnosticato l'Alzheimer, invece della demenza frontotemporale.
La Goate e i suoi colleghi hanno studiato i cinque geni nei membri di 440 famiglie in cui almeno quattro persone per nucleo familiare avevano diagnosi di Alzheimer. Hanno scoperto rare varianti in geni importanti associati all'Alzheimer nel 13 per cento dei campioni analizzati. "Di queste varianti genetiche rare, pensiamo che probabilmente circa il 5 per cento contribuiscono all'Alzheimer", dice il primo autore Carlos Cruchaga, PhD, professore assistente di psichiatria (foto a sinistra). "Questo potrebbe non sembrare molto, ma poichè così tante persone hanno la forma tardiva dell'Alzheimer, anche una piccola percentuale di pazienti con alterazioni di questi geni potrebbe rappresentare un gran numero di persone colpite".
La Goate, che nel 1991 fu la prima ad individuare una mutazione nel gene APP legato alla forma di Alzheimer ereditaria, ad esordio precoce, ora vuole guardare da vicino le famiglie con casi multipli di Alzheimer, ma senza mutazioni in precedenza identificate nei geni di Alzheimer. Dice che è probabile che siano portatori di mutazioni di geni che gli scienziati ancora non conoscono. E lei ritiene che le nuove tecniche di sequenziamento potrebbero accelerare la scoperta di questi geni. Infatti i ricercatori dicono che uno studio come questo sarebbe stato impossibile solo pochi anni fa. "Con la tecnologia di sequenziamento di prossima generazione, è ora possibile sequenziare tutti questi geni, allo stesso tempo", dice Cruchaga. "Una ragione per cui non abbiamo fatto fino ad ora questo studio è che 15 o 20 anni fa, quando questi geni sono stati identificati, ci sarebbero voluti anni per mettere in sequenza ogni gene singolarmente".
Cruchaga e Goate dicono che la nuova tecnologia e le loro nuove scoperte suggeriscono che potrebbe essere utile mettere in sequenza questi geni nelle persone con una forte storia familiare di Alzheimer. "Vorremmo vedere medici che trattano pazienti con malattia ad insorgenza tardiva fare domande dettagliate sulla storia della famiglia", dice la Goate. "Sono sicuro che molti probabilmente lo fanno già, ma nelle famiglie con storie molto forti, non è irragionevole pensare a uno screening per le mutazioni genetiche". Dice che tali esami possono anche escludere persone ritenute malate di Alzheimer, ma che in realtà hanno cambiamenti nei geni correlati alla demenza frontotemporale.
Sia Goate che Cruchaga concordano sul fatto che un risultato della loro scoperta (che gli stessi geni possono essere collegati con entrambe le forme di Alzheimer, quella precoce e quella ad insorgenza tardiva) può essere il cambio nel modo in cui è classificata la malattia. "E' sempre stato un po' arbitrario cercare di capire dove finisce l'esordio precoce e dove inizia l'esordio tardivo", dice la Goate. "Così non guardo più alle due forme -precoce e tardiva- come a malattie diverse. Penso a loro come tappe nel corso dello stesso continuum".
Immagine a inizio articolo: L'immagine PET del cervello mostra un accumulo di depositi di amiloide (in giallo e rosso i maggiori accumuli) in un paziente con Alzheimer. Credit: Knight Alzheimer's Disease Research Center
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Fonte: Washington University School of Medicine
Riferimenti: Cruchaga C, et al, Rare variants in APP, PSEN1 and PSEN2 increase risk for AD in late-onset Alzheimer's disease families. PLoS One, Feb. 1, 2012. http://dx.plos.org … pone.0031039.
Pubblicato in MedicalXpress il 1 febbraio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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