Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Studio collega un gene alla resilienza cognitiva negli anziani

I risultati possono aiutare a spiegare perché alcune persone con una vita ricca sono meno inclini alla demenza di Alzheimer e alla demenza legata all'età.

Molte persone sviluppano il morbo di Alzheimer (MA) o altre forme di demenza mentre invecchiano. Tuttavia, altri rimangono acuti nella vecchiaia, anche se il loro cervello mostra segni sottostanti di neurodegenerazione.


Tra queste persone cognitivamente resilienti, i ricercatori hanno identificato il livello di istruzione e la quantità di tempo trascorso in attività intellettualmente stimolanti come fattori che aiutano a prevenire la demenza. Un nuovo studio di ricercatori del MIT mostra che questo tipo di arricchimento sembra attivare una famiglia di geni chiamata MEF2, che controlla un programma genetico nel cervello che promuove la resistenza al declino cognitivo.


I ricercatori hanno osservato questo collegamento tra MEF2 e la resilienza cognitiva sia negli umani che nei topi. I risultati suggeriscono che migliorare l'attività di MEF2, o dei suoi obiettivi, potrebbe proteggere dalla demenza legata all'età.


"Comprendiamo sempre di più che ci sono fattori di resilienza che possono proteggere la funzione del cervello"
, afferma Li-Huei Tsai, direttrice del Picower Institute for Learning and Memory del MIT. "Comprendere questo meccanismo di resilienza potrebbe essere utile quando pensiamo agli interventi terapeutici o alla prevenzione del declino cognitivo e dalla demenza associata alla neurodegenerazione".


La Tsai è l'autrice senior dello studio, apparso su Science Translational Medicine. I primi autori sono Scarlett Barker, neodottorato del MIT, e Ravikiran (Ravi) Raju, postodottorato del MIT e medico del Boston Children's Hospitals.

 

Effetti protettivi

Un grande corpo di ricerca suggerisce che la stimolazione ambientale offre una certa protezione dagli effetti della neurodegenerazione. Studi hanno collegato il livello di istruzione, il tipo di lavoro, il numero di lingue parlate e la quantità di tempo trascorso in attività come la lettura e il fare cruciverba a gradi più alti di resilienza cognitiva.


Il team del MIT si era proposto di capire come questi fattori ambientali influenzano il cervello a livello neuronale. Hanno esaminato in parallelo insiemi di dati umani e di topi modello ed entrambe le tracce convergevano su MEF2 come giocatore critico.


MEF2 è un fattore di trascrizione che è stato originariamente identificato come fattore importante per lo sviluppo del muscolo cardiaco, ma in seguito si è scoperto il suo ruolo nella funzione dei neuroni e nel neurosviluppo. Nei dati umani su più di 1.000 persone in totale, il team del MIT ha scoperto che la resilienza cognitiva era altamente correlata con l'espressione di MEF2 e dei molti dei geni che regola.


Molti di questi geni codificano i canali ionici, che controllano l'eccitabilità dei neuroni, la facilità con cui sparano un impulso elettrico. I ricercatori hanno anche trovato, da uno studio di sequenziamento dell'RNA a cellula singola su cellule cerebrali umane, che MEF2 sembra essere più attivo in una sottopopolazione di neuroni eccitatori nella corteccia prefrontale degli individui resilienti.


Per studiare la resilienza cognitiva nei topi, i ricercatori hanno confrontato i topi che sono stati allevati in gabbie senza giocattoli e i topi collocati in un ambiente più stimolante con una ruota da corsa e giocattoli che venivano cambiati di frequente. Come hanno trovato nello studio umano, MEF2 era più attivo nel cervello dei topi esposti all'ambiente arricchito. Questi topi sono anche andati meglio nelle attività di apprendimento e memoria.


Quando i ricercatori hanno rimosso il gene di MEF2 nella corteccia frontale, si è interrotta la capacità dei topi di beneficiare di essere allevati nell'ambiente arricchito, e i loro neuroni sono diventati eccitabili in modo anomalo.


"Questo è stato particolarmente entusiasmante perché suggeriva che il MEF2 ha un ruolo nel determinare il potenziale cognitivo complessivo in risposta alle variabili nell'ambiente", afferma Raju.


I ricercatori hanno quindi studiato se MEF2 poteva invertire alcuni dei sintomi del deterioramento cognitivo in un topo modello che esprime una versione della proteina tau che può formare grovigli nel cervello ed è collegato alla demenza. Se questi topi venivano progettati per sovra-esprimere MEF2 in giovane età, non mostravano i soliti danni cognitivi prodotti dalla proteina tau in seguito nella vita. In questi topi, i neuroni che sovra-esprimevano MEF2 erano meno eccitabili.


"Molti studi umani e su topi modello di neurodegenerazione hanno dimostrato che i neuroni diventano ipereccitabili nelle prime fasi della progressione della malattia"
, afferma Raju. "Quando abbiamo sovra-espresso il MEF2 in un topo modello di neurodegenerazione, abbiamo visto che è stato in grado di prevenire questa ipereccitabilità, che potrebbe spiegare perché sono andati cognitivamente meglio dei topi di controllo".

 

Migliorare la resilienza

I risultati suggeriscono che migliorare l'attività di MEF2 potrebbe aiutare a proteggere dalla demenza; tuttavia, poiché MEF2 influenza anche altri tipi di cellule e processi cellulari, è necessaria più ricerca per assicurarsi che l'attivazione non abbia effetti collaterali avversi, dicono i ricercatori.


Il team del MIT ora spera di indagare ulteriormente come MEF2 viene attivato dall'esposizione a un ambiente arricchente. Hanno anche pianificato di esaminare alcuni degli effetti degli altri geni controllati da MEF2, oltre i canali ionici che hanno esplorato in questo studio. Tali studi potrebbero aiutare a rivelare obiettivi aggiuntivi per trattamenti farmacologici.


"Potresti potenzialmente immaginare una terapia più mirata, identificando un sottoinsieme o una classe di produttori di effetti che è criticamente importante per indurre la resilienza e la neuroprotezione", afferma Raju.

 

 

 


Fonte: Anne Trafton in Massachusetts Institute of Technology (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Scarlett Barker, Ravikiran Raju, Noah Milman, Jun Wang, Jose Davila-Velderrain, Fatima Gunter-Rahman, Cameron Parro, Lorenzo Bozzelli, Fatema Abdurrob, Karim Abdelaal, David Bennett, Manolis Kellis, Li-Huei Tsai. MEF2 is a key regulator of cognitive potential and confers resilience to neurodegeneration. Science Transl. Medicine, 2021, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Nuova teoria sulla formazione dei ricordi nel cervello

9.03.2021 | Ricerche

Una ricerca eseguita all'Università del Kent ha portato allo sviluppo della teoria MeshC...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Microglia: ‘cellule immunitarie’ che proteggono il cervello dalle malattie, ma…

28.05.2020 | Esperienze & Opinioni

Sappiamo che il sistema immunitario del corpo è importante per tenere tutto sotto controllo e per...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)