Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Identificata una 'neurostatina' che può ridurre il rischio di Alzheimer

Identificata una 'neurostatina' che può ridurre il rischio di AlzheimerIl Professore Michele Vendruscolo, autore senior della ricerca.Dei ricercatori hanno identificato un farmaco che punta il primo passo nella reazione a catena tossica che porta alla morte delle cellule cerebrali, suggerendo la possibilità di trovare trattamenti per proteggere dall'Alzheimer, proprio come le statine riescono a ridurre il rischio di sviluppare la malattia del cuore.


Il farmaco, che è un trattamento anti-cancro approvato, ha dimostrato di ritardare l'insorgenza dell'Alzheimer, sia in provetta che nei nematodi. Si era ipotizzato in precedenza che in prospettiva potrebbero essere usati farmaci di tipo statine (che sono sicuri e possono essere presi tranquillamente da quelli che hanno il rischio di sviluppare la malattia), ma questa è la prima volta che è segnalata una potenziale 'neurostatina'.


Quando i ricercatori davano il farmaco ai vermi nematodi, geneticamente programmati per sviluppare l'Alzheimer, dopo che i sintomi erano già apparsi, non c'era alcun effetto. Ma quando il farmaco è stato somministrato ai vermi prima che i sintomi fossero evidenti, non è apparsa alcuna evidenza della condizione, aumentando la possibilità che questo farmaco, o altre molecole simili, possano essere usati per ridurre il rischio di sviluppare l'Alzheimer. I risultati sono riferiti sulla rivista Science Advances.


Analizzando il modo in cui il farmaco bexarotene, funziona a livello molecolare, il team internazionale di ricercatori delle Università di Cambridge, di Lund e di Groningen, ha scoperto che esso blocca la prima fase della cascata molecolare che porta alla morte delle cellule cerebrali. Questo passaggio, chiamato «nucleazione primaria», avviene quando le proteine presenti naturalmente nel corpo si piegano nella forma sbagliata e si aggregano ad altre proteine, formando alla fine strutture sottili simili a filamenti chiamate «fibrille amiloidi». Questo processo crea anche ammassi più piccoli chiamati oligomeri, che sono altamente tossici per le cellule nervose e si pensa che siano responsabili dei danni cerebrali dell'Alzheimer.


"Il corpo ha varie difese naturali per proteggersi dalla neurodegenerazione, ma con l'avanzare dell'età, queste difese si deteriorano progressivamente e possono essere sopraffatte", ha detto il professor Michele Vendruscolo (nella foto) del Dipartimento di Chimica, autore senior della ricerca a Cambridge. "Chiarendo come funzionano queste difese naturali, potremmo essere in grado di sostenerle, sviluppando farmaci che si comportano in modo simile".


Negli ultimi vent'anni i ricercatori hanno cercato di sviluppare trattamenti per l'Alzheimer tentando di impedire l'aggregazione e la proliferazione degli oligomeri. Tuttavia, questi tentativi sono tutti falliti, in parte perché non c'era una precisa conoscenza dei meccanismi di sviluppo della malattia: Vendruscolo e i suoi colleghi hanno lavorato per capire esattamente questo.


Con un test sviluppato dal co-autore professor Tuomas Knowles del Dipartimento di Chimica, e dalla Prof.ssa Sara Linse dell'Università di Lund, i ricercatori sono riusciti a determinare ciò che accade durante ogni fase dello sviluppo della malattia, e anche quello che potrebbe succedere se una di queste fasi fosse spenta in qualche modo.


"Per bloccare l'aggregazione proteica, abbiamo bisogno di capire in modo accurato ciò che accade esattamente e quando", ha detto Vendruscolo. "Il test che abbiamo sviluppato non solo misura l'andamento del processo nel suo insieme, ma anche quello degli specifici sottoprocessi che lo compongono, così da permetterci di ridurre la tossicità degli aggregati piuttosto che impedire semplicemente che si formino".


Johnny Habchi, il primo autore della ricerca, e i colleghi, hanno assemblato una libreria di oltre 10.000 piccole molecole che interagiscono in qualche modo con l'amiloide-beta, una molecola che ha un ruolo fondamentale nell'Alzheimer. Con il test sviluppato da Knowles e Linse, i ricercatori hanno prima analizzato le molecole che erano farmaci già approvati per altri scopi, o farmaci sviluppati per l'Alzheimer o per altre condizioni simili che avevano fallito gli studi clinici.


La prima molecola di successo che hanno identificato è stato il bexarotene, che è approvato dalla US Food and Drug Administration per il trattamento del linfoma. "Uno dei passi reali in avanti è stato prendere una molecola che secondo noi avrebbe potuto essere un farmaco potenziale e capire esattamente cosa fa. In questo caso, ciò che fa è sopprimere la nucleazione primaria, che è l'obiettivo di qualsiasi molecola di tipo neurostatina", ha detto Vendruscolo. "Se si interrompe il processo prima che inizi l'aggregazione, non avviene la proliferazione".


Uno dei progressi fondamentali del lavoro attuale è che attraverso la comprensione dei meccanismi dello sviluppo dell'Alzheimer nel cervello, i ricercatori sono riusciti a puntare il bexarotene sul punto giusto del processo.


"Anche se abbiamo una molecola efficace, se si punta la fase sbagliata del processo, si possono effettivamente peggiorare le cose inducendo l'aggregazione di proteine tossiche in un altro punto", ha detto il co-autore professor Chris Dobson dell'Università di Cambridge. "E' come il controllo del traffico: se si chiude una strada per cercare di ridurre gli ingorghi, mettendo il blocco nel posto sbagliato si può in realtà peggiorare la situazione. Forse non tutte le molecole degli esperimenti farmacologici precedenti erano inefficaci, ma può darsi che in alcuni casi fossero somministrate nei tempi sbagliati".

[...]

Il corpo ha una serie di difese naturali progettate per mantenere sotto controllo le proteine. Ma quando si invecchia, questi processi possono compromettersi e farsi sopraffare, e alcune proteine ​​possono scivolare attraverso la rete di sicurezza, con conseguente insorgenza dell'Alzheimer e di altre condizioni provocate dalla piegatura errata delle proteine. Anche se le neurostatine non sono una cura per l'Alzheimer, i ricercatori dicono che potrebbero ridurre il rischio, agendo come una copia di riserva per le difese naturali dell'organismo contro il misfolding [errata piegatura] delle proteine.


"Non si danno le statine a una persona che ha appena avuto un attacco di cuore, e dubitiamo che sarebbe utile dare una neurostatina ad un paziente di Alzheimer che non riconosce un familiare", ha detto Dobson. "Ma se riduce il rischio della fase iniziale del processo, può in prospettiva essere un efficace trattamento preventivo".


Ma c'è speranza per quelli già colpiti dalla malattia? I metodi che hanno portato all'attuale progresso hanno permesso ai ricercatori di identificare i composti che invece di prevenire la malattia, potrebbero rallentare la sua progressione, anche quando i sintomi sono diventati evidenti. "Il prossimo obiettivo della nostra ricerca è anche quello di essere in grado di curare le vittime di questa terribile malattia", ha detto Vendruscolo.

 

 

 


Fonte: University of Cambridge (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: J. Habchi, P. Arosio, M. Perni, A. R. Costa, M. Yagi-Utsumi, P. Joshi, S. Chia, S. I. A. Cohen, M. B. D. Muller, S. Linse, E. A. A. Nollen, C. M. Dobson, T. P. J. Knowles, M. Vendruscolo. An anticancer drug suppresses the primary nucleation reaction that initiates the production of the toxic A 42 aggregates linked with Alzheimers disease. Science Advances, 2016; 2 (2): e1501244 DOI: 10.1126/sciadv.1501244

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Perché le cadute sono così comuni nell'Alzheimer e nelle altre demenze?

4.09.2020 | Esperienze & Opinioni

Le cadute hanno cause mediche o ambientali

Una volta che si considerano tutte le divers...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

L'Alzheimer inizia all'interno delle cellule nervose?

25.08.2021 | Ricerche

Uno studio sperimentale eseguito alla Lund University in Svezia ha rivelato che la prote...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

I ricordi perduti potrebbero essere ripristinati: speranza per l'Alzheime…

21.12.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca effettuata alla University of California di ...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Pressione bassa potrebbe essere uno dei colpevoli della demenza

2.10.2019 | Esperienze & Opinioni

Invecchiando, le persone spesso hanno un declino della funzione cerebrale e spesso si pr...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Svelata una teoria rivoluzionaria sull'origine dell'Alzheimer

28.12.2023 | Ricerche

Nonostante colpisca milioni di persone in tutto il mondo, il morbo di Alzheimer (MA) man...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.