Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Farmaco potenziale di Alzheimer costruisce nuove connessioni delle cellule cerebrali

PULLMAN/Washington — Ricercatori della Washington State University hanno sviluppato un nuovo farmaco candidato che migliora notevolmente la funzione cognitiva dei topi con Alzheimer, come il deterioramento mentale.

Il loro composto, che ha lo scopo di riparare i danni già avvenuti nel cervello, si allontana significativamente dagli attuali trattamenti di Alzheimer, che rallentano il processo di morte cellulare o inibiscono la colinesterasi, un enzima che si crede abbatta un neurotrasmettitore chiave coinvolto nello sviluppo dell'apprendimento e della memoria.


Quei farmaci, dice Joe Harding (foto), professore nel Collegio di Medicina Veterinaria della WSU, non sono progettati per ripristinare la funzione perduta del cervello, cosa che può essere fatto solo ricostruendo le connessioni tra le cellule nervose. "Qui si tratta di recuperare la funzionalità", dice. "Questo è ciò che rende queste cose assolutamente uniche. Non sono necessariamente progettate per fermare qualcosa. Sono progettate per risolvere quello che è rotto. Per quanto possiamo vedere, funzionano".


Harding, il professore Jay Wright dell'Università delle Arti e delle Scienze e altri colleghi della WSU, segnalano i loro risultati nella sezione online "Fast Forward" del Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics. Il loro farmaco arriva nel momento in cui l'industria farmacologica sta lottando per trovare un trattamento efficace di Alzheimer. Il mese scorso, Pharmaceutical Research and Manufacturers of America (PhRMA), ha riferito che solo tre dei 104 possibili trattamenti sono stati approvati nel corso degli ultimi 13 anni.



"Questo rapporto di 34 a uno, tra battute d'arresto e successi, sottolinea la difficoltà di sviluppare nuovi farmaci per l'Alzheimer", ha detto in un comunicato stampa il gruppo commerciale. Lo sviluppo del farmaco alla WSU è solo all'inizio. Harding e Wright devono prima convincere la Food and Drug Administration che è sicuro. Solo allora potranno iniziare le sperimentazioni cliniche per vedere se un farmaco che funziona in un ratto avrà effetti anche in un essere umano.

I test sulla sicurezza da soli potrebbero costare più di 1 milione di dollari, dice Harding, che sta cercando di finanziare lo sviluppo del farmaco attraverso la società sua e di Wright, la M3 Biotechnology Inc., il WSU Research Foundation, e, infine, dei partner tra le grandi case farmaceutiche. Harding, chimico medicinale, e Wright, neuroscienziato, stanno lavorando sul loro composto dal 1992, quando hanno iniziato a guardare l'impatto del peptide angiotensina IV sull'ippocampo, una regione del cervello coinvolta nell'apprendimento spaziale e nella memoria a breve termine. In genere, le angiotensine sono state collegate alla regolazione della pressione arteriosa, ma Harding e Wright hanno notato che l'angiotensina IV, o i farmaci candidati primi basati su di essa, sono in grado di invertire il deficit di apprendimento visto in molti modelli di demenza.


L'utilità pratica di questi farmaci candidati iniziali, tuttavia, era gravemente limitato perché erano scomposti molto rapidamente dal corpo e non riuscivano a passare attraverso la barriera emato-encefalica, una barriera cellulare che impedisce ai farmaci e ad altre molecole di entrare nel cervello. L'unico modo per far passare il farmaco potrebbe essere l'applicazione diretta nel cervello. Dice Harding: "Ci siamo detti: 'E' inutile, voglio dire, chi vuole praticare fori nella testa delle persone, non potrà funzionare certamente per la popolazione generale?' ".


Cinque anni fa, Harding ha progettato una versione più piccola della molecola che lui e Wright chiamato Dihexa. Non solo è stabile, ma può attraversare la barriera emato-encefalica. Un grande vantaggio è che può passare dall'intestino nel sangue, in modo che da poter essere assunto in forma di pillola. I ricercatori hanno testato il farmaco in diverse decine di ratti trattati con scopolamina, una sostanza chimica che interferisce con un neurotrasmettitore fondamentale per l'apprendimento e la memoria. Di solito un ratto trattato con scopolamina non impara mai la posizione di una piattaforma sommersa in una vasca d'acqua, orientato con indizi fuori del serbatoio.


Dopo aver ricevuto il farmaco WSU, però, tutti i ratti l'hanno fatto, che avessero ricevuto il farmaco sia direttamente nel cervello, sia per via orale, sia tramite una iniezione. "Stesso risultato, ogni volta", dice Harding. Harding e Wright anche riferito risultati simili, ma meno drastici, in un piccolo gruppo di ratti vecchi. In questo studio, i topi vecchi che spesso hanno difficoltà con il compito, hanno ottenuto lo stesso risultato dei topi giovani.


Nei test al banco con cellule nervose viventi, per monitorare le nuove connessioni neuronali, Harding, Wright, ed i loro colleghi hanno trovato che il Dihexa è sette ordini di grandezza più potente del BDNF, che deve ancora essere efficacemente sviluppato per uso terapeutico. In altre parole, ci vorrebbe una quantità di BDNF 10 milioni di volte maggiore per ottenere lo stesso numero di nuove sinapsi del Dihexa.

Anche se i risultati sono statisticamente validi, sono necessari ulteriori studi con gruppi di test più grandi per confermare pienamente la scoperta. Attualmente, il composto "di riferimento" per la creazione di connessioni neuronali è il fattore neurotrofico di derivazione cerebrale (BDNF), una proteina che promuove la crescita, associata allo sviluppo normale del cervello e all'apprendimento. Le autopsie sui malati di Alzheimer hanno trovato bassi livelli di BDNF nel cervello.

"Abbiamo scoperto subito che questa molecola era assolutamente, follemente attiva", dice Harding. Questi risultati suggeriscono inoltre che il Dihexa, o le molecole simili, possono avere applicazioni in altre malattie neurodegenerative o traumi cerebrali in cui si perdono le connessioni neuronali.

 

 

 

 

 

***********************
Fonte: Washington State University

Pubblicato in ScienceCodex il 11 Ottobre 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:




Notizie da non perdere

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Il sonno resetta i neuroni per i nuovi ricordi del giorno dopo

11.09.2024 | Ricerche

Tutti sanno che una buona notte di sonno ripristina l'energia di una persona; ora un nuo...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.