I suoni, come la musica e il rumore, sono in grado di incidere in modo attendibile sullo stato d'animo e sulle emozioni degli individui, probabilmente attraverso la regolazione della dopamina cerebrale, un neurotrasmettitore coinvolto con forza nel comportamento emotivo e nella regolazione dell'umore.
Tuttavia, il rapporto tra gli ambienti sonori e lo stato d'animo/emozioni varia molto tra gli individui. Una fonte putativa della variabilità è la genetica.
A questo proposito, un nuovo studio di imaging genetics (genetica per scansioni), diretto dalla Prof.ssa Elvira Brattico della Aarhus University, condotto in due ospedali italiani in collaborazione con l'Università di Helsinki (Finlandia), ha fornito la prima prova che gli effetti della musica e del rumore sul comportamento affettivo e sulla fisiologia del cervello sono associati con la funzionalità della dopamina, determinata geneticamente.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuroscience, ha rivelato in particolare che una variazione funzionale nel «gene recettore D2 della dopamina» (DRD2) modula l'impatto della musica in contrapposizione al rumore sullo stato d'animo e sull'attività cerebrale dello striato prefrontale legato alle emozioni, evidenziando una suscettibilità differenziale degli effetti modulanti la percezione della musica e del rumore sui genotipi GG e GT.
Nel dettaglio, i risultati hanno mostrato un miglioramento dell'umore dopo l'esposizione alla musica nei soggetti GG e un deterioramento dell'umore dopo l'esposizione al rumore nei soggetti GT. Inoltre, rispetto al rumore dell'ambiente, la musica diminuisce l'attività striatale dei soggetti GT nonché l'attività prefrontale di quelli GG durante l'elaborazione di facce emotive.
Questi risultati sono innovativi nell'identificare una fonte biologica della variabilità dell'impatto degli ambienti sonori sulle risposte emotive. Il primo autore dello studio Tiziana Quarto PhD, studente dell'Università di Helsinki sotto la supervisione della Prof.ssa Brattico, commenta:
"Il nostro approccio ha permesso di osservare il legame tra geni e fenotipi tramite un vero e proprio percorso biologico che va dalle variazioni genetiche funzionali (delle quali conosciamo gli effetti sulla funzione molecolare) al comportamento che sottende la fisiologia del cervello.
"L'uso di questo approccio è particolarmente importante quando il comportamento indagato è complesso e molto variabile tra soggetti, perché questo implica il coinvolgimento di molti fattori biologici".
Può essere rilevante perché:
La musico-terapia ha dimostrato di avere grandi effetti nella gestione dei pazienti di demenza, e questa ricerca potrebbe spiegare (almeno in parte) gli effetti diversi prodotti tra le varie persone.
La Prof.ssa Elvira Brattico scrive:
"Questo studio rappresenta il primo utilizzo del metodo di genetica per scansioni nel campo della musica e dei suoni in generale. Siamo davvero entusiasti dei nostri risultati perché suggeriscono che anche un intervento non farmacologico come la musica, potrebbe regolare l'umore e le risposte emotive sia a livello comportamentale che neuronale.
"Ancora più importante, questi risultati incoraggiano la ricerca di interventi personalizzati basati sulla musica per il trattamento di disturbi cerebrali associati alla neurotrasmissione dopaminergica aberrante, così come all'attività cerebrale legata all'umore e alle emozioni anomali".
Fonte: Aarhus University via ScienceDaily (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: T. Quarto, M.C. Fasano, P. Taurisano, L. Fazio, L.A. Antonucci, B. Gelao, R. Romano, M. Mancini, A. Porcelli, R. Masellis, K.J. Pallesen, A. Bertolino, G. Blasi, E. Brattico. Interaction between DRD2 variation and sound environment on mood and emotion-related brain activity. Neuroscience, 2017; 341: 9 DOI: 10.1016/j.neuroscience.2016.11.010
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