Uno studio osservazionale francese della vita reale ha dimostrato che i pazienti con demenza che beneficiano della terapia occupazionale, riferiscono importanti benefici clinici nel periodo di intervento.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Alzheimer's Disease di questo mese, indica che c'è un'influenza della terapia occupazionale sulla riduzione dei disturbi comportamentali, sull'onere del caregiver e sulla quantità dell'assistenza informale nel periodo di intervento e una stabilizzazione nei 3 mesi successivi.
La Francia ha messo in campo uno sforzo enorme per migliorare la cura della demenza attraverso un Piano Nazionale di Alzheimer nel 2008 e questo sforzo è stato poi confermato dal governo successivo (Piano Malattie Neurodegenerative 2014-2019). Sono stati implementati alcuni nuovi modelli di cura e interventi, come l'assistenza integrata, la gestione del caso e la terapia occupazionale.
La terapia occupazionale è stata diffusa a livello nazionale attraverso dei team di Alzheimer specializzati che intervengono a domicilio su prescrizione medica. Anche se dimostrata in alcuni studi clinici, l'efficacia della terapia occupazionale non si conosceva in condizioni di trattamento di routine e meritava di essere analizzata.
La ricerca è stata condotta con una rete di 16 team di Alzheimer specializzati in Aquitania (sud-ovest della Francia) ed è stata supportata dall'agenzia regionale della sanità (Agence Régionale de la Santé d'Aquitaine).
Lo studio comprendeva 421 pazienti di demenza per i quali era stata chiesta la terapia occupazionale dal loro medico o dalla clinica della memoria, e che sono stati seguiti fino a 6 mesi. La ricerca ha studiato l'evoluzione clinica dei pazienti per i primi 3 mesi (con 15 sessioni in casa) e tra i 3 e i 6 mesi (nessuna sessione programmata su questo lasso di tempo).
I risultati dello studio indicano che i problemi comportamentali, il peso del caregiver, la quantità delle cure informali fornite dal caregiver e la qualità di vita dei pazienti sono migliorati significativamente nel periodo di intervento di 3 mesi e da quel momento sono rimasti stabili. Le prestazioni cognitive sono rimaste stabili nei 6 mesi e quelle funzionali sono rimaste stabili nei 3 mesi, ma in seguito si sono ridotte in modo significativo.
Inoltre, i pazienti che avevano avuto la diagnosi più di recente e quelli con deficit cognitivo lieve possono ottenere maggiori benefici dalla terapia occupazionale in termini di declino funzionale o di onere del caregiver. Questi risultati suggeriscono che la terapia occupazionale dovrebbe riguardare le fasi precoci della demenza per ottimizzare i suoi benefici clinici potenziali.
In molti paesi occidentali, le linee guida nazionali recenti tendono a migliorare l'assistenza della demenza a domicilio. Questo studio mette in evidenza il potenziale della terapia occupazionale in termini di benessere del paziente e del caregiver. I risultati aprono anche un nuovo campo di ricerca sulla terapia occupazionale.
Infatti, la terapia occupazionale è stata concettualizzata come un intervento a domicilio a breve termine, ma sono sconosciuti i benefici e le conseguenze dell'intervento a lungo termine. "Studi futuri dovrebbero esplorare più in dettaglio quali sottogruppi di pazienti potrebbero ottenere ulteriori benefici dalla TO così come i suoi effetti clinici a lungo termine, in particolare sulla qualità dell'assistenza globale e per la soddisfazione degli utenti", ha dichiarato Clément Pimouguet.
Si dovrebbero anche promuovere strategie volte a migliorare i benefici iniziali della terapia occupazionale. Il gruppo di ricerca francese condurrà uno studio randomizzato per confrontare il proseguimento della terapia occupazionale per 4 mesi ulteriori con le modalità normali raccomandate della terapia occupazione.
Fonte: IOS Press via AlphaGalileo (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Clément Pimouguet, Mléanie Le Goff, Jérôme Wittwer, Jean-François Dartigues, Catherine Helmer. Benefits of Occupational Therapy in Dementia Patients: Findings from a Real-World Observational Study. Journal of Alzheimer's Disease, 2016; 1 DOI: 10.3233/JAD-160820
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