Il cervello crea e memorizza i ricordi in piccole reti di cellule cerebrali, e i ricordi di eventi e luoghi sono memorizzati in una struttura chiamata ippocampo. I ricercatori si sono chiesti a lungo se c'è un limite massimo alla nostra capacità di immagazzinare ricordi e come riusciamo a ricordare tanti eventi senza confonderli quando sono molto simili.
Per esplorare questo problema, i ricercatori del «Kavli Institute for Systems Neuroscience and Centre for Neural Computation» dell'Università Norvegese di Scienze e Tecnologia (NTNU), con colleghi della Repubblica Ceca e dell'Italia, hanno testato la capacità dei ratti di ricordare un numero di posizioni distinte, ma simili. I loro risultati sono stati pubblicati l'8 dicembre in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States.
I ricercatori hanno testato la memoria di sette ratti di laboratorio, consentendo loro di girare per due giorni in 11 stanze distinte, ma comunque simili. I ratti liberi di muoversi, si aggiravano per le stanze alla ricerca di briciole di cioccolato, mentre i ricercatori registravano l'attività cerebrale delle cellule di posizione CA3 dell'ippocampo. Come suggerisce il nome, le cellule di posizione sono neuroni che si attivano in un luogo specifico.
Le stanze erano molto simili, ma i ratti sono comunque riusciti a creare un ricordo separato e indipendente, o mappa, per ogni ambiente, secondo quanto hanno scoperto i ricercatori. Le cellule di posizione CA3 registrate dai ricercatori hanno continuato a formare rappresentazioni uniche per ogni ambiente. I ricercatori hanno anche scoperto che queste rappresentazioni uniche o modelli di firing (emissione di impulsi) sono stati immagazzinati nella memoria dei ratti, così che quando l'animale veniva introdotto una seconda volta in una delle stanze, risultava riattivata la mappa spaziale del suo primo passaggio.
"Abbiamo cercato di capire se questi ricordi fossero sovrapposti per alcune stanze, ma tutti erano completamente indipendenti", ha detto il primo autore del documento, Charlotte Alme. "Questo indica che il cervello ha una enorme capacità di immagazzinamento. La possibilità di creare un ricordo unico, o mappa, per ogni locale spiega come riusciamo a distinguere tra ricordi molto simili e come il cervello ci impedisce di mescolare gli eventi".
La Alme dice che queste scoperte aiutano anche a spiegare perché funziona il trucco mnemonico chiamato "metodo di loci". Questa tecnica consiste nel collegare le cose che si desidera ricordare ai luoghi che si conoscono molto bene. Associando ricordi singoli a diverse stanze della casa, per esempio, facilita il richiamo di ciò che è necessario ricordare, camminando mentalmente nella casa e visitando ogni stanza.
"Il nostro lavoro dimostra che i ratti (e molto probabilmente gli esseri umani) hanno una mappa per ogni singolo luogo, che è il motivo per cui funziona il metodo di loci", ha detto. "Ogni luogo (o stanza della casa) è rappresentato da una mappa unica o ricordo, e poiché abbiamo tante mappe diverse possiamo ricordare molti luoghi simili senza mescolarli".
May-Britt Moser, professore alla NTNU e Premio Nobel 2014, che è l'autore corrispondente della ricerca, ha citato la ricerca nella sua «Nobel Lecture» il 7 dicembre a Stoccolma e ha detto che i risultati sono importanti per capire la memoria episodica, i ricordi formati da esperienze autobiografiche.
La pubblicazione è un contributo del professor Moser ad una serie speciale di articoli inaugurali in corso di pubblicazione nella rivista, in onore dei vincitori del Nobel nel 2014. Il professor Moser e suo marito Edvard Moser, collega e compagno di Premio Nobel, sono stati entrambi eletti «Associati Stranieri» dalla National Academy of Sciences lo scorso Aprile.
Fonte: The Norwegian University of Science and Technology (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Charlotte B. Alme, Chenglin Miao, Karel Jezek, Alessandro Treves, Edvard I. Moser, May-Britt Moser. Place cells in the hippocampus: Eleven maps for eleven rooms. Proceedings of the National Academy of Sciences, 8 December 2014 DOI: 10.1073/pnas.1421056111
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