L'Alzheimer colpisce circa 5,2 milioni di persone nei soli Stati Uniti, ed è la sesta causa di morte nel paese. Una cura per questo insidioso assassino si è finora dimostrata sfuggente, ma ciò potrebbe presto cambiare a seguito di una svolta ottenuta al Technion-Israel Institute of Technology, che getta luce su un meccanismo chiave nell'accumulo delle placche di proteine nel tessuto dei pazienti di Alzheimer.
I risultati sono stati pubblicati online la settimana scorsa su Nature Chemical Biology.
"Le proteine che formano i principali elementi costitutivi delle cellule del nostro corpo passano continuamente attraverso il controllo di qualità", spiega il team leader Prof. Michael Glickman, della Facoltà di Biologia. "Le proteine difettose vengono inviate al proteasoma, un macchinario molecolare (presente in tutte le nostre cellule) che elimina le proteine difettose riciclandole di nuovo nei loro elementi costitutivi. Ma un piccolo numero di loro sfugge a questo processo. Le proteine che eludono il proteasoma si accumulano, e possono essere nocive quando raggiungono una massa critica, quello che spesso succede in età avanzata".
Le scoperte innovative dei ricercatori di questo studio sono centrate sull'UBB+1, una mutazione prevalente nei pazienti di Alzheimer. La mutazione altera una proteina chiamata ubiquitina (*) che marca le altre proteine che devono essere smantellate dal proteasoma.
In precedenza l'opinione prevalente tra gli scienziati era che la UBB+1 alterasse il funzionamento del proteasoma stesso. Ma nella sua tesi di dottorato, sotto la guida del Prof. Glickman, la Dott.ssa Daria Krutauz ha scoperto che, in presenza di UBB+1, le proteine danneggiate vengono fermate nel loro cammino verso il proteasoma, e si accumulano senza raggiungere la loro destinazione finale di riciclaggio. Come risultato, hanno più possibilità di formare la placca letale associata all'Alzheimer.
"Poiché questi risultati vanno nella direzione opposta a quanto si è finora creduto, questa scoperta apre nuove possibilità di intervento nella speranza di sviluppare una cura per l'Alzheimer", dice il Prof. Glickman, che faceva parte del gruppo di ricerca insieme alla Dott.ssa Daria Krutauz ed a Noa Reis, direttrice del laboratorio, in collaborazione con i team dei laboratori del Prof. David Fushman dell'Università del Maryland, del Prof. Steve Gygi della Harvard Medical School e delProf. Ashraf Brik della Ben Gurion University.
(*) Nel 2004, i Professori emeriti Avram Hershko e Aaron Ciechanover del Technion, e il Prof. Ernie Rose del Fox Chase Institute sono stati insigniti del premio Nobel per la chimica, per la scoperta dell'ubiquitina.
Fonte: Kevin Hattori in American Technion Society (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Daria Krutauz, Noa Reis, Mark A Nakasone, Peter Siman, Daoning Zhang, Donald S Kirkpatrick, Steven P Gygi, Ashraf Brik, David Fushman, Michael H Glickman. Extended ubiquitin species are protein-based DUB inhibitors. Nature Chemical Biology, 2014; DOI: 10.1038/nchembio.1574
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