Un team di ricercatori del Medical Center della Columbia University (CUMC), del Weill Cornell Medical College, e della Brandeis University, ha messo a punto un approccio completamente nuovo al trattamento dell'Alzheimer coinvolgendo il cosiddetto complesso proteico «retromer».
Il retromer ha un ruolo fondamentale nei neuroni, portando la proteina precursore dell'amiloide (APP) lontano da una regione della cella dove l'APP viene scissa, creando il sottoprodotto potenzialmente tossico amiloide-beta, ritenuto uno dei responsabili dello sviluppo dell'Alzheimer.
Usando una selezione virtuale via computer, i ricercatori hanno identificato una nuova classe di composti, chiamati chaperoni [=ciceroni] farmacologici, che possono aumentare significativamente i livelli del retromer e diminuire i livelli di amiloide-beta in colture di neuroni ippocampali, senza tossicità apparente per le cellule. Lo studio è stato pubblicato ieri nell'edizione online della rivista Nature Chemical Biology.
"Questi risultati identificano una nuova classe di agenti farmacologici progettati per trattare la malattia neurologica, prendendo di mira un difetto nella biologia cellulare, piuttosto che un difetto nella biologia molecolare", ha dichiarato Scott Small, MD, Professore «Boris e Rose Katz» di Neurologia, Direttore dell'Alzheimer Research Center nel Taub Institute for Research on Alzheimer’s Disease and the Aging Brain al CUMC, e autore senior del documento. "Questo approccio potrebbe rivelarsi più sicuro e più efficace rispetto ai trattamenti convenzionali per questa malattia neurologica, che in genere colpiscono singole proteine".
Nel 2005, il Dr. Small ed oi colleghi hanno dimostrato che il retromer è carente nel cervello dei pazienti con Alzheimer. Essi hanno dimostrato che, nei neuroni in coltura, la riduzione dei livelli di retromer aumenta i livelli di amiloide-beta, mentre l'aumento dei livelli di retromer ha l'effetto opposto. Tre anni più tardi, hanno dimostrato che la riduzione del retromer ha lo stesso effetto in modelli animali, e che tali cambiamenti portano ai sintomi di tipo Alzheimer. Le anomalie nel retromer sono state osservate anche nel Parkinson.
Nelle discussioni in una riunione scientifica, il dottor Small e i co-autori senior Gregory A. Petsko, DPhil, Professore «Arthur J. Mahon» di Neurologia e Neuroscienze nel «Feil Family Brain and Mind Research Institute» e direttore del «Helen and Robert Appel Alzheimer’s Disease Research Institute» del Weill Cornell Medical College, e Dagmar Ringe, PhD, Professore «Harold e Bernice Davis» nei Dipartimenti di Biochimica e Chimica e nel «Rosenstiel Basic Medical Sciences Research Center» alla Brandeis University, avevano cominciato a chiedersi se ci fosse un modo per stabilizzare il retromer (cioè evitare che si degradi) e rafforzare la sua funzione. "L'idea che esso sarebbe utile per proteggere la struttura di una proteina è stata capita dalla natura molto tempo fa", ha detto il dottor Petsko. "Solo ora stiamo imparando a farlo farmacologicamente".
Altri ricercatori avevano già determinato la struttura tridimensionale del retromer. "La nostra sfida era trovare piccole molecole (chaperoni farmacologici), che possono legarsi ad un punto debole del retromer e stabilizzare l'intero complesso della proteina", ha detto il dottor Ringe. Ciò è stato realizzato attraverso uno screening virtuale computerizzato, o in silico, di composti chimici noti, simulando come i composti potrebbero agganciarsi al complesso proteico retromer. (Nello screening convenzionale, i composti sono fisicamente provati per vedere se interagiscono con l'obiettivo previsto, un processo costoso e lungo.) Lo screening ha individuato 100 potenziali candidati retromer-stabilizzante, di cui 24 si sono dimostrati particolarmente promettenti.
Di questi, un composto chiamato R55, si è rivelato in grado di aumentare significativamente la stabilità del retromer quando il complesso è sottoposto a stress termico. I ricercatori hanno poi esaminato come il R55 colpisce i neuroni dell'ippocampo, una struttura chiave del cervello coinvolta nell'apprendimento e nella memoria. "Una preoccupazione era che questo composto avesse potuto essere tossico", ha detto il dottor Diego Berman, assistente professore di patologia clinica e biologia cellulare al CUMC e autore principale. "Ma il R55 è risultato essere relativamente non tossico nei neuroni di topo in coltura cellulare".
Ancora più importante, un successivo esperimento ha dimostrato che il composto aumenta significativamente i livelli di retromer e diminuisce i livelli di amiloide-beta nelle colture di neuroni prelevati da topi sani e da un modello di topo di Alzheimer. I ricercatori stanno attualmente testando gli effetti clinici del R55 nel modello reale di topo. "Le probabilità che questo composto particolare abbia successo sono basse, ma lo studio fornisce una prova di principio dell'efficacia dei chaperoni farmacologici per il retromer", ha detto il dottor Petsko. "Mentre testeremo il R55, svilupperemo analoghi chimici nella speranza di trovare composti che sono più efficaci".
Hanno collaborato Vincent J. Mecozzi (Brandeis University), Sabrina Simoes (CUMC), Chris Vetanovetz (CUMC), Mehraj R. Awal (Brandeis University), Vivek M. Patel (CUMC), e Remy T. Schneider (CUMC). Gli autori dichiarano di non avere conflitti nè finanziari nè per altri interessi. Lo studio è stato finanziato dal National Institutes of Health, dell'Alzheimer’s Association, dal Developmental Therapeutics Program del National Cancer Institute, da Medkoo Biosciences, dalla Fidelity Biosciences Research Initiative, dalla McKnight Endowment for Neuroscience, dalla Ellison Medical Foundation e dalla Gottlieb Family Foundation.
Fonte: Columbia University Medical Center (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Vincent J Mecozzi, Diego E Berman, Sabrina Simoes, Chris Vetanovetz, Mehraj R Awal, Vivek M Patel, Remy T Schneider, Gregory A Petsko, Dagmar Ringe, Scott A Small. Pharmacological chaperones stabilize retromer to limit APP processing. Nature Chemical Biology, 2014; DOI: 10.1038/nchembio.1508
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |