Degli scienziati delle cellule staminali di Harvard hanno convertito con successo cellule della pelle dei pazienti con Alzheimer ad esordio precoce in neuroni del tipo colpito dalla malattia, rendendo possibile per la prima volta di studiare questa forma principale di demenza in cellule umane viventi.
Questo può anche permettere di sviluppare terapie in modo più rapido e preciso rispetto a prima.
La ricerca, guidata da Tracy Young-Pearse e pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics, ha confermato ciò che si osserva da lungo tempo nei modelli di topo: che le mutazioni associate all'Alzheimer ad insorgenza precoce sono direttamente correlate ad errori di scissione proteica che causano un aumento della proteina amiloide-beta (Aβ) 42, prodotta da tutte le persone, ma che si raggrumano insieme in un qualche modo per formare le placche tipiche dei pazienti di Alzheimer.
"Si vede questo lieve aumento in Aβ42 nelle cellule dei pazienti con Alzheimer, che sembra essere sufficiente a innescare il processo della malattia", ha detto la Young-Pearse, membro affiliato di facoltà all'«Harvard Stem Cell Institute» del «Brigham and Women's Hospital». "Si notano anche aumenti di una specie più piccola di amiloide-beta chiamata Aβ38, che è inaspettato, dato che non dovrebbe essere molto incline all'aggregazione. Noi capiamo del tutto cosa significhi, ma si può combinare con altre forme di amiloide-beta per stimolare la formazione della placca".
Le cellule derivate da pazienti possedevano anche la seconda caratteristica dell'Alzheimer: una elevata quantità della proteina tau, o più precisamente della tau che è distorta così che le proteine si aggrovigliano insieme. La relazione tra amiloide-beta e tau è un dibattito continuo tipo uovo/gallina nelle discussioni sull'Alzheimer, visto che alcuni ricercatori associano uno, l'altro o entrambi, alle cause della malattia. Ma con le cellule umane, la Young-Pearse e il suo team, che comprende la borsista postdottorato e primo autore dello studio, Christina Muratore, ha potuto dimostrare che la prevenzione degli squilibri dell'amiloide-beta riduce i livelli di tau distorta.
"Abbiamo usato due diversi anticorpi - uno dei quali è presente negli studi clinici per l'Alzheimer - per neutralizzare gli effetti dell'amiloide-beta e abbiamo dimostrato che si possono recuperare i cambiamenti della tau", ha detto la Young-Pearse. "Non solo è importante dimostrare sperimentalmente che l'aumento della tau è dovuto in parte all'accumulo alterato di amiloide-beta, ma dimostra anche che questo è un ottimo sistema per testare diverse opzioni terapeutiche".
Gli studi clinici per il trattamento di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer hanno un tasso di fallimento storicamente elevato, in parte perché i potenziali farmaci sono derivati da ricerche su modelli non umani. La Young-Pearse e i colleghi ritengono che la loro strategia di usare le cellule staminali pluripotenti indotte per riprogrammare cellule della pelle di pazienti in neuroni di interesse, potrebbe essere usato per predire quali terapie possono aiutare meglio i malati di Alzheimer ad esordio precoce.
L'Alzheimer è presente in due forme. Entrambe comportano il noto declino cognitivo e la perdita di memoria, ma avvengono in momenti diversi della vita di un paziente.
- L'Alzheimer ad insorgenza precoce o familiare, che può iniziare a manifestarsi tra i 30 e i 60 anni, è la forma meno comune. In questi casi, sono state ereditate delle mutazioni genetiche che portano alla malattia.
- La forma più comune, sporadica o ad insorgenza tardiva di Alzheimer, appare tra i 70 e i 90 anni, e anche se alcuni geni possono influenzare la prognosi della malattia, essa non è associata a mutazioni specifiche.
"Nell'Alzheimer familiare, è abbastanza ben accettato che un cambiamento nella generazione di amiloide-beta faccia sorgere qualcosa che conduce alla malattia", dice la Young-Pearse. "Nella forma sporadica della malattia, pensiamo che il problema non sia necessariamente nella generazione di amiloide-beta, ma forse nella sua eliminazione".
L'Alzheimer familiare colpisce anche più generazioni, poichè le mutazioni che causano la malattia sono prevalentemente ereditate e totalmente penetranti, il che significa che un genitore con la mutazione ha un 50 per cento di probabilità di trasmetterla ai suoi figli. Questa forma ad esordio precoce tende a ricevere meno attenzione e finanziamenti rispetto alla forma ad insorgenza tardiva perché corrisponde a meno del 2 per cento di tutti i casi di Alzheimer, che però sono più di mezzo milione di persone.
La Young-Pearse è interessata in seguito ad usare le cellule derivate da pazienti per capire perché i malati di Alzheimer mostrano soltanto la malattia in aree del cervello come l'ippocampo, che è cruciale per il richiamo della memoria, e non nel cervelletto, importante per l'equilibrio e il movimento. Il suo laboratorio esaminerà amiloide-beta e tau nei neuroni che di solito non sono associati alla malattia, per capire perché rimangono inalterati. Questo lavoro può anche aiutare a identificare quale forma di amiloide-beta è la più tossica.
[...] La ricerca è stata finanziata da un «HSCI seed grant», dal Massachusetts Alzheimer's Disease Research Center, dal Harvard NeuroDiscovery Center, dal Brigham and Women’s Hospital Institute for the Neurosciences, e dal National Institute on Aging.
Fonte: Joseph Caputo in Harvard University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari
Riferimenti: C. R. Muratore, H. C. Rice, P. Srikanth, D. G. Callahan, T. Shin, L. N. P. Benjamin, D. M. Walsh, D. J. Selkoe, T. L. Young-Pearse. The familial Alzheimer's disease APPV717I mutation alters APP processing and Tau expression in iPSC-derived neurons. Human Molecular Genetics, 2014; DOI: 10.1093/hmg/ddu064
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