Molte persone con pressione alta del sangue hanno familiarità con gli inibitori ACE, farmaci che allargano i vasi sanguigni limitando l'attività dell'ACE (enzima che converte l'angiotensina) una proteina naturale presente nei tessuti di tutto il corpo.
Ma una forte attività dell'enzima - in contesto, luogo e tempo giusti - può essere una buona cosa. Uno studio condotto da scienziati del Cedars-Sinai ha scoperto che puntare geneticamente certe cellule del sistema immunitario nel sangue, per sovra-produrre l'enzima, rompe le proteine difettose nel cervello associate all'Alzheimer e impedisce il declino cognitivo nei topi di laboratorio allevati per modellare la malattia.
Lo studio, che sarà pubblicato nel numero di marzo del Journal of Clinical Investigation, dimostra per la prima volta che l'ACE, largamente noto per i suoi effetti al di fuori del sistema nervoso centrale, può, effettivamente, indurre una risposta immunitaria protettiva nel cervello e influenzare la cognizione. Inoltre, esso individua un nuovo ruolo per l'ACE nell'eliminazione dell'amiloide-beta dai vasi sanguigni del cervello.
Kenneth Bernstein, MD, professore di scienze biomediche, patologia e medicina di laboratorio, è uno degli autori di questo articolo, assieme a Yosef Koronyo, MSc, ricercatore associato al Dipartimento di Neurochirurgia. Bernstein, direttore di patologia sperimentale e ricercatore al Dipartimento di Scienze Biomediche, ha progettato i topi dello studio che sovra-esprimono l'ACE nei macrofagi, nelle microglia e nelle cellule simili del sistema immunitario. Altri ricercatori in questi reparti hanno contribuito a questo articolo.
"Il nostro studio dimostra il valore di una strategia combinata che invia un enzima per attaccare e distruggere la proteina amiloide-beta nel cervello e migliora la capacità del sistema immunitario di eliminare l'amiloide-beta e resistere ad altri processi cerebrali dannosi come l'infiammazione incontrollata", ha detto Maya Koronyo-Hamaoui, PhD, assistente professore di neurochirurgia nel Dipartimento di Neurochirurgia e nel Dipartimento di Scienze Biomediche. Come scienziato di ricerca al Maxine Dunitz Neurosurgical Institute, Koronyo-Hamaoui è autore senior e corrispondente dell'articolo.
L'accumulo di proteina amiloide-beta nel cervello è fortemente legato all'Alzheimer. Livelli di proteine e depositi di placca si accumulano lentamente, danneggiando e distruggendo le cellule cerebrali e creando un processo infiammatorio che in genere si ritiene aumenti il graduale, ma inesorabile, declino della funzione mentale. Gli scienziati non hanno definito se i depositi derivano da una sovrapproduzione di proteina amiloide-beta o dall'incapacità di certi meccanismi (come il sistema immunitario) di eliminarla adeguatamente. In entrambi i casi, è opinione comune che qualsiasi strategia che riduce la quantità di proteina amiloide-beta nel cervello, all'inizio dello sviluppo della malattia, ha una grande probabilità di aiutare a prevenire la progressione della malattia.
In questo studio, i topi geneticamente modificati con placche e sintomi di tipo Alzheimer sono stati incrociati a topi progettati per sovra-esprimere l'ACE nelle cellule immunitarie nel sangue. La prole dei due ceppi aveva livelli notevolmente ridotti di proteina amiloide-beta e di infiammazione, e la loro prestazione nei test di apprendimento e memoria era simile a quella dei topi normali.
Lo studio mette in evidenza l'ACE, un enzima naturale che può avere effetti sia negativi che positivi, a seconda di come e dove è attivo. Esso contribuisce alla produzione di angiotensina II, un ormone che spesso provoca un restringimento dei vasi sanguigni e l'aumento della pressione sanguigna; inibendo l'enzima si rilassano i vasi e si riduce la pressione. Ma nel cervello, livelli elevati di ACE inducono rapidamente ed efficientemente una risposta del sistema immunitario contro la proteina amiloide-beta.
"Siamo rimasti assolutamente stupiti dalla mancanza di patologia associata all'Alzheimer nei topi incrociati all'età di 7 mesi e ancora a 13 mesi. In un primo momento, abbiamo pensato che fosse un errore di genotipizzazione nell'identificare questi topi come portatori di mutazioni aggressive di Alzheimer familiare. Ma abbiamo verificato i loro genotipi e rifatto più e più volte gli esperimenti e si sono confermati gli stessi risultati. Ancora più importante, questa strategia ha comportato una prevenzione quasi completa del declino cognitivo in questo modello di topo di Alzheimer", ha detto Koronyo-Hamaoui. "Successivamente siamo riusciti, usando inibitori ACE, a confermare che l'interruzione della progressione della malattia dipende dalla funzione dell'ACE e dalle reazioni chimiche prodotte, cosa che ci ha permesso di capire molto del meccanismo con cui questi benefici sono stati ottenuti dai modelli di topo".
Le microglia sono cellule immunitarie del cervello responsabili della protezione dell'organo dai corpi estranei e dell'eliminazione delle cellule morenti, ma diventano inefficaci nel controllare le proteine amiloide-beta tossiche nell'Alzheimer. Simili cellule immunitarie nel sangue si sono dimostrate più capaci. Studi precedenti hanno scoperto che quando le cellule immunitarie portate nel sangue, chiamate monociti, sono "reclutate" nel cervello, le cellule si dirigono prontamente alle placche ed assistono nella loro eliminazione.
Koronyo-Hamaoui ha studiato il ruolo delle cellule del sistema immunitario nell'Alzheimer per l'ultimo decennio. Precedenti studi avevano dimostrato che la sovra-espressione degli ACE potrebbe alzare la risposta immunitaria contro tumori e infezioni batteriche. Questo studio estende i risultati all'Alzheimer. Gli autori hanno detto nell'articolo che "anche se è possibile immaginare una strategia per inviare monociti con ACE sovraespresso ai pazienti, la scoperta forse più informativa dei nostri studi è l'efficacia della combinazione tra un approccio che migliora la risposta immunitaria, e quello che invia cellule infiammatorie per distruggere l'amiloide-beta enzimaticamente".
La ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health sovvenzioni, dal Coins for Alzheimer's Research Trust Fund, dalla BrightFocus Foundation, dalla Maurice Marciano Family Foundation, dall'American Heart Association, e dal National Center for Advancing Translational Sciences.
Fonte: Cedars-Sinai Medical Center.
Riferimenti: Kenneth E. Bernstein, Yosef Koronyo, Brenda C. Salumbides, Julia Sheyn, Lindsey Pelissier, Dahabada H.J. Lopes, Kandarp H. Shah, Ellen A. Bernstein, Dieu-Trang Fuchs, Jeff J.-Y. Yu, Michael Pham, Keith L. Black, Xiao Z. Shen, Sebastien Fuchs, Maya Koronyo-Hamaoui. Angiotensin-converting enzyme overexpression in myelomonocytes prevents Alzheimer’s-like cognitive decline. Journal of Clinical Investigation, 2014; DOI: 10.1172/JCI66541
Pubblicato in newswise.com (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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