Scienziati del St. Jude Children's Research Hospital di Memphis nel Tennessee hanno identificato un enzima che può fermare o addirittura invertire l'accumulo di frammenti di proteine tossiche, chiamate placche, nel cervello dei topi con Alzheimer (AD).
La ricerca, apparsa in una recente edizione della rivista scientifica Nature Communications, dimostra che tali placche sono diminuite sostanzialmente nei topi trattati con la terapia genica che aumenta l'attività dell'enzima neuraminidasi 1 (NEU1) in una regione del cervello coinvolta nell'apprendimento e nella memoria. Le placche si accumulano tra i neuroni nel cervello dei malati di AD e sono un segno distintivo della malattia.
I risultati fanno nascere la speranza che l'enzima possa portare a nuovi metodi di diagnosi e trattamento dell'AD, una malattia neurodegenerativa che causa problemi con la memoria, il pensiero e il comportamento. Più di 5 milioni di americani convivono attualmente con il problema. Il numero è destinato ad aumentare con l'invecchiamento della popolazione.
"I risultati suggeriscono che la sotto-regolazione del NEU1 e una quantità ridotta dell'enzima possono contribuire allo sviluppo dell'AD o di patologie neurodegenerative simili in alcuni pazienti", ha detto l'autore corrispondente dello studio Alessandra D'Azzo, Ph.D., del Dipartimento di Genetica del St Jude. "Una delle domande che ci facciamo è se esiste una finestra terapeutica che permetta di usare l'enzima per fermare o addirittura invertire la malattia".
Il NEU1 appartiene ad una famiglia di enzimi nelle cellule, il cui compito è smontare e riciclare le proteine non necessarie e altri componenti. Il lavoro viene svolto all'interno di strutture cellulari chiamati lisosomi. L'enzima è assente o ridotto in una malattia ereditaria rara chiamata sialidosi che può colpire bambini e adolescenti. Questo è il primo rapporto che collega il NEU1 a delle malattie neurodegenerative legate all'età come l'AD.
In collaborazione con l'Università di California di Davis, la D'Azzo ed i suoi colleghi hanno iniziato a controllare i livelli di NEU1 nel tessuto cerebrale dei pazienti affetti da AD in differenti stadi della malattia. La scoperta è stata resa possibile dall'interesse di lunga data della D'Azzo nella sialidosi e relativi disturbi, noti come malattie da accumulo lisosomiale. I risultati sono la prova del fatto che i frammenti di proteine che compongono la placca di AD vengono depositati al di fuori dei neuroni e che la perdita di NEU1 forse contribuisce alla progressione e alla diffusione della malattia.
Il lavoro è stato fatto in un topo sviluppato dal laboratorio della D'Azzo che mancava del gene NEU1. Questi studi hanno rivelato che la perdita di attività del NEU1 è associata ad un accumulo nei lisosomi della proteina precursore dell'amiloide (APP), identificata come un bersaglio naturale dell'enzima. L'APP impropriamente trasformato, è suddiviso in peptidi tossici che formano le placche di AD. Tali frammenti includono il peptide amiloide-beta 42 (Aβ-42), che secondo i ricercatori ha un ruolo importante nel processo dell'AD.
Non solo l'APP si accumula nei lisosomi di topi privi di NEU1, ma i ricercatori hanno trovato la prova che l'accumulo induce la produzione di Aβ-42 e altri peptidi tossici legati all'AD. L'Aβ-42 è stato rilevato nel liquido spinale e nell'ippocampo di topi che non avevano NEU1, ma non nei topi con un gene NEU1 funzionale. L'ippocampo ha un ruolo cruciale nell'apprendimento e nella memoria ed è l'area del cervello che è spesso una delle prime vittime della malattia.
In precedenza, il laboratorio della D'Azzo aveva scoperto che il NEU1 dirige un processo chiamato esocitosi lisosomiale. Le cellule usano questo processo per riparare la membrana esterna delle cellule ed espellere selettivamente il materiale dai lisosomi. Lavorando con cellule nervose cresciute in coltura, i ricercatori hanno riferito che l'assenza di NEU1 è accompagnata dall'aumento di una proteina chiamata LAMP1. La proteina è un regolatore chiave della esocitosi lisosomiale. L'aumento dei livelli di LAMP1 sono seguiti da un eccesso di esocitosi lisosomiale nelle cellule nervose, con conseguente aumento del rilascio di peptidi collegati all'AD dai neuroni. La perdita di NEU1 accelera anche il processo della malattia nei topi allevati per imitare l'AD ad esordio precoce negli esseri umani. Senza questo enzima, sia l'APP che i frammenti di proteine che costituiscono le placche si accumulano più velocemente in questi topi.
Ma con poche settimane di uso della terapia genica per sostenere l'attività del NEU1, il gruppo della D'Azzo ha riferito che le placche sono diminuiti drasticamente nell'ippocampo dei topi trattati. Gli scienziati hanno usato un virus del raffreddore alterato come vettore per trasportare entrambi i geni NEU1 e PPCA alle cellule cerebrali di topo. La proteina PPCA è richiesta perchè il NEU1 possa funzionare correttamente. Il vettore della terapia genica è stato sviluppato al St. Jude. "Questi risultati suggeriscono che la carenza di NEU1 è non solo un fattore di rischio per lo sviluppo dell'AD, ma che questo enzima potrebbe essere usato per rallentare o addirittura invertire il processo della malattia", conclude la d'Azzo.
Il primo autore dello studio è Ida Annunziata, Ph.D., borsista postdottorato nel laboratorio della d'Azzo. Gli altri autori sono Annette Patterson, Danielle Helton, Huimin Hu, Simon Mashìach e Elida Gomero, tutti del St. Jude, e Ralph Nixon del Nathan S. Kline Institute di Orangeburg, stato di New York. La D'Azzo è docente emerito Jewelers for Children di Genetica e Terapia Genica al St. Jude. La ricerca è finanziata in parte da sovvenzioni del National Institutes of Health, dalla Fondazione Assisi di Memphis, dalla National Tay-Sachs & Allied Disease Association e dall'ALSAC.
Fonte: St. Jude Children's Research Hospital.
Riferimenti: Ida Annunziata, Annette Patterson, Danielle Helton, Huimin Hu, Simon Moshiach, Elida Gomero, Ralph Nixon, Alessandra d’Azzo. Lysosomal NEU1 deficiency affects amyloid precursor protein levels and amyloid-β secretion via deregulated lysosomal exocytosis. Nature Communications, 2013; 4 DOI: 10.1038/ncomms3734
Pubblicato in stjude.org (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |