Le persone portatrici di un gene ad alto rischio per l'Alzheimer (AD) mostrano cambiamenti nel loro cervello a partire dall'infanzia, decenni prima che compaia la malattia, secondo una nuova ricerca del Centre for Addiction and Mental Health (CAMH) canadese.
Il gene, chiamato SORL1, fa parte di una serie di geni collegati ad un maggiore rischio di AD ad insorgenza tardiva, la forma più comune della malattia. Il SORL1 porta il codice genetico del recettore di tipo sortilin, che è coinvolto nel riciclaggio di alcune molecole nel cervello prima che diventino amiloide-beta, una proteina tossica dell'AD. Il SORL1 è anche coinvolto nel metabolismo dei lipidi, mettendolo pure al centro del percorso di rischio vascolare verso l'AD.
"Dobbiamo capire dove, come e quando colpiscono il cervello questi geni di rischio di AD, studiando i percorsi biologici che li fanno funzionare", dice il Dott. Aristotle Voineskos, responsabile del Kimel Family Translational Imaging-Genetics Laboratory del CAMH, che ha guidato lo studio. "Attraverso questa conoscenza, possiamo cominciare a progettare interventi al momento giusto, per le persone giuste". Lo studio, pubblicato di recente on-line su Molecular Psychiatry, ha come primo autore Daniel Felsky, studente laureato del Dott. Voineskos, ed è stato svolto in collaborazione con il Zucker Hillside Hospital / Feinstein Institute di New York e con il Rush Alzheimer’s Disease Center di Chicago.
Per capire gli effetti del SORL1 per tutta la durata della vita, i ricercatori hanno studiato indovidui con e senza AD. Il loro approccio è stato indiviuare le differenze genetiche nel SORL1, e vedere se ci fosse un collegamento coon i cambiamenti connessi all'AD nel cervello, usando delle scansioni e l'analisi dei tessuti post mortem.
In ogni approccio, è stato confermato un collegamento:
- Nel primo gruppo di soggetti sani, di età tra 8 e 86 anni, i ricercatori hanno usato una tecnica di imaging cerebrale chiamata scansione a tensore di diffusione (DTI). Anche i partecipanti allo studio più giovani, con una copia specifica di SORL1 hanno mostrato una riduzione delle connessioni nella materia bianca nel cervello, importante per le prestazioni della memoria e per la funzione esecutiva.
- Il secondo campione comprendeva tessuto cerebrale post-mortem di 189 individui con età da meno di 1 a 92 anni, senza AD. Tra quelli con la stessa copia del gene SORL1, il tessuto cerebrale mostrava uno sconvolgimento del processo attraverso il quale il gene traduce il suo codice per farlo diventare il recettore di tipo sortilin.
- Infine, il terzo gruppo di cervelli post-mortem è arrivato da 710 soggetti, di età tra 66 e 108 anni, la cui maggioranza aveva un deterioramento cognitivo lieve o AD. In questo caso, il gene di rischio SORL1 è stato collegato alla presenza di amiloide-beta, una proteina presente nell'AD.
Il Dr. Voineskos rileva che il rischio di AD risulta da una combinazione di fattori (cattiva alimentazione, mancanza di esercizio fisico, fumo, pressione alta, combinati con il profilo genetico) che contribuiscono allo sviluppo della malattia. "Il gene ha un effetto relativamente piccolo, ma i cambiamenti sono affidabili, e possono rappresentare un 'colpo', nel percorso di colpi necessari per sviluppare la malattia più tardi nella vita".
Anche se è troppo presto per delineare interventi che possono affrontare questi cambiamenti, "gli individui possono adottare provvedimenti nel proprio stile di vita per ridurre il rischio di insorgenza tardiva dell'AD". Determinare se vi sia un'interazione tra questo gene di rischio e i fattori di stile di vita sarà una importante passo successivo. Per sviluppare interventi basati sulla genetica per prevenire la malattia, devono essere analizzati in modo sistematico i percorsi biologici di altri geni di rischio, osservano i ricercatori.
Questa ricerca, tuttavia, si basa su uno studio precedente del CAMH di imaging-genetica che esaminava un altro gene correlato all'AD. Questo studio ha dimostrato che una variazione genetica del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) influenza le strutture cerebrali nell'AD.
"Il legame interessante è che il BDNF può avere un importante valore terapeutico. Ma ci sono dati che suggeriscono che gli effetti del BDNF non funzionano a meno che non sia presente il SORL1, quindi c'è la possibilità che se si aumenta l'attività di un gene, aumenterà anche l'altro", dice il Dott. Voineskos, aggiungendo che la terapeutica del BDNF è in sviluppo. Una fase successiva della ricerca, dice, è esaminare l'interazione tra BDNF e SORL1.
Fonte: Centre for Addiction and Mental Health.
Riferimenti: D Felsky, P Szeszko, L Yu, W G Honer, P L De Jager, J A Schneider, A K Malhotra, T Lencz, T Ikuta, J Pipitone, M M Chakravarty, N J Lobaugh, B H Mulsant, B G Pollock, J L Kennedy, D A Bennett, A N Voineskos. The SORL1 gene and convergent neural risk for Alzheimer’s disease across the human lifespan. Molecular Psychiatry, 2013; DOI: 10.1038/mp.2013.142
Pubblicato in camh.ca (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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