Il quadro degli scienziati sul modo in cui un gene molto legato all'Alzheimer danneggia il cervello potrebbe dover essere rivisto, alla luce di nuove scoperte fatte da ricercatori della Washington University School of Medicine di St. Louis.
Le persone con forme dannose del gene APOE hanno un rischio fino a 12 volte maggiore di sviluppare l'Alzheimer rispetto a coloro che hanno altre varianti del gene. Molti ricercatori ritengono che perdita di memoria e problemi cognitivi dell'Alzheimer siano il risultato dell'accumulo in tanti anni di placche amiloidi cerebrali.
Le placche sono fatte per lo più di una sostanza appiccicosa chiamata amiloide-beta. Da anni i ricercatori pensano che il gene APOE aumenti il rischio di Alzheimer producendo una proteina che si lega all'amiloide-beta. Si pensa che questo legame faciliti la formazione delle placche.
Ma in un nuovo studio, ora disponibile on-line nei Proceedings of the National Academy of Sciences, i ricercatori dell'Università di Washington mostrano che APOE e amiloide-beta non si legano insieme nel liquido cerebrospinale e nei fluidi presenti al di fuori delle cellule coltivate in piatti. Questo significa che è improbabile che si leghino insieme nei fluidi circolanti nel cervello. Il liquido cerebrospinale è stato preso da persone che erano cognitivamente normali, ma hanno forme di APOE che aumentano il rischio di Alzheimer.
"Questa è la prima volta che si esamina l'APOE prodotto naturalmente e l'amiloide-beta, per vedere se e quanto si legano insieme, e abbiamo scoperto che hanno pochissima interazione nei liquidi che bagnano il cervello", scrive David M. Holtzman, MD, professore "Andrew B. e Gretchen P. Jones" e direttore della neurologia. "Questo suggerisce che forse dovremmo ripensare le strategie terapeutiche che puntano all'APOE per rallentare l'accumulo di placca amiloide e l'Alzheimer".
Secondo Holtzman, i principali ricercatori di Alzheimer hanno di recente convenuto che puntare all'APOE è un approccio promettente sia per acquisire una migliore comprensione che per migliorare i trattamenti per l'Alzheimer. Ma per farlo, gli scienziati devono prima capire appieno come le forme dannose di APOE aumentano il rischio della malattia.
"L'APOE è un fattore importante nell'Alzheimer, non c'è dubbio su questo", conferma Philip Verghese, PhD, socio di ricerca post-dottorato. "Abbiamo fatto alcuni studi ulteriori sui topi e sulle colture cellulari indicanti che la proteina APOE potrebbe bloccare un percorso che normalmente aiuta a degradare l'amiloide-beta".
L'APOE è coinvolto nel metabolismo dei grassi, del colesterolo e delle vitamine in tutto il corpo. Gli scienziati hanno identificato tre diverse forme del gene, ognuna delle quali genera una versione leggermente diversa della proteina:
- APOE 2 produce una proteina che riduce significativamente il rischio di Alzheimer;
- APOE 3 non è associato ad un aumento del rischio di Alzheimer;
- APOE 4 aumenta il rischio. Ogni persona ha due copie del gene, e se entrambe le copie sono APOE 4, la probabilità di sviluppare l'Alzheimer aumenta drasticamente. "Circa il 60 per cento dei pazienti che vediamo nelle cliniche di Alzheimer hanno almeno una copia di APOE 4", spiega Holtzman. "Al contrario, solo il 25 per cento dei 70enni cognitivamente normali possiede una copia di APOE 4".
Verghese ha testato campioni di liquido cerebrospinale di persone con due copie di APOE 4 o due copie di APOE 3. "Abbiamo scoperto anche che l'APOE 2, la forma protettiva della proteina, non si lega all'amiloide-beta nei fluidi del corpo", dice Verghese. In studi conseguenti, Verghese dimostra che APOE e amiloide-beta "competono" per legarsi ad un recettore sulle cellule di supporto del cervello, gli astrociti.
"Studi condotti da altri ricercatori hanno dimostrato che gli astrociti possono degradare l'amiloide-beta", spiega Verghese. "Il recettore che abbiamo identificato può essere importante per portare l'amiloide-beta negli astrociti ed essere quindi può degradato. E' possibile che, quando le forme dannose di APOE si legano al recettore, questo riduca le possibilità che l'amiloide si degradi".
I ricercatori hanno in programma studi di follow-up sugli effetti dei trattamenti che bloccano l'APOE nei topi. Questo lavoro è stato finanziato dalla American Health Assistance Foundation e dal National Institutes of Health.
Fonte: Washington University School of Medicine. Articolo originale scritto da Michael C. Purdy.
Riferimento: PB Verghese, JM Castellano, K. Garai, Y. Wang, H. Jiang, A. Shah, G. Bu, C. Frieden, DM Holtzman. ApoE influences amyloid- (A ) clearance despite minimal apoE/A association in physiological conditions. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2013; DOI: 10.1073/pnas.1220484110.
Pubblicato in Science Daily il 7 Maggio 2013 (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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