Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


La solitudine, come lo stress cronico, richiede un costo al sistema immunitario

Solitudine - Credit: © hikrcn / FotoliaUna nuova ricerca collega la solitudine a una serie di risposte immunitarie disfunzionali, il che suggerisce che l'essere da soli può potenzialmente danneggiare la salute nell'insieme.

I ricercatori hanno scoperto che le persone sole mostrano segni di forte riattivazione del virus herpes latente e producono più proteine correlate all'infiammazione in risposta allo stress acuto, rispetto alle persone che si sentono più collegate socialmente.


Queste proteine segnalano la presenza di infiammazione, e l'infiammazione cronica è legata a numerose condizioni, compresa la malattia coronarica, il diabete di tipo 2, l'artrite e l'Alzheimer, così come alla fragilità e al declino funzionale che possono accompagnare l'invecchiamento. E' nota l'associazione della riattivazione del virus dell'herpes latente allo stress, il che suggerisce che la solitudine funziona come un fattore di stress cronico che innesca una risposta immunitaria scarsamente controllata.


"E' chiaro dalla ricerca precedente che le relazioni di qualità scadente sono legate a una serie di problemi di salute, compresa la mortalità precoce e a ogni sorta di altre condizioni di salute molto gravi. E le persone sole si sentono chiaramente come se avessero relazioni di scarsa qualità", ha dichiarato Lisa Jaremka, borsista post-dottorato dell'Istituto per la Ricerca in Medicina Comportamentale alla Ohio State University e autrice principale della ricerca.


"Uno dei motivi per cui questo tipo di ricerca è importante è che ci può aiutare a capire l'influenza della solitudine e delle relazioni sulla salute in generale. Più comprendiamo il processo, più possibilità abbiamo di contrastarne gli effetti negativi, fino forse a intervenire. Se non conosciamo i processi fisiologici, che cosa possiamo fare per cambiarli?"
. I risultati sono basati su una serie di studi condotti su due popolazioni: un gruppo sano di adulti di mezza età in sovrappeso e un gruppo di donne sopravvissute al cancro al seno. I ricercatori hanno misurato la solitudine in tutti gli studi usando la UCLA Loneliness Scale, un questionario che valuta la percezione di isolamento sociale e la solitudine.


La Jaremka ha presentato la ricerca il 19 Gennaio alla riunione annuale della Società per la Psicologia Sociale e della Personalità a New Orleans. I ricercatori hanno prima cercato di ottenere un'istantanea del comportamento del sistema immunitario legato alla solitudine per misurare i livelli di anticorpi nel sangue che si producono quando i virus herpes vengono riattivati.


Le partecipanti erano 200 sopravvissute al cancro al seno, con un'età media di 51 anni, da due mesi e tre anni dopo il completamento del trattamento del cancro. Il loro sangue è stato analizzato per scoprire la presenza di anticorpi contro il virus di Epstein-Barr e il citomegalovirus. Entrambi sono virus herpes che infettano la maggioranza degli americani. Circa la metà delle infezioni non producono malattie, ma una volta che una persona è infetta, il virus rimane dormiente nel corpo e può riattivarsi, con conseguente livelli di anticorpi elevati (titers), che spesso non evidenziano sintomi, ma indicano problemi di regolamentazione nel sistema immunitario cellulare.


I partecipanti più soli avevano livelli di anticorpi più alti contro il citomegalovirus rispetto ai partecipanti meno soli, e quei livelli di anticorpi più alti corrispondevano a maggiore dolore, depressione e sintomi di fatica. Non è stata osservata alcuna differenza nel livello di anticorpi contro il virus di Epstein-Barr, forse perché questa riattivazione è legata all'età e molti di questi partecipanti erano un po' più anziani, per cui è difficile individuare la riattivazione relativa alla solitudine, ha detto la Jaremka.


Precedenti ricerche avevano suggerito che lo stress può favorire la riattivazione di questi virus, anche con conseguenti elevati titers anticorpali. "Gli stessi processi coinvolti nello stress e nella riattivazione di questi virus, probabilmente sono rilevanti anche sui risultati della solitudine", dice la Jaremka. "La solitudine è ritenuta sotto molti aspetti un fattore di stress cronico; una situazione socialmente dolorosa che può durare per un periodo piuttosto lungo".


In un'altra serie di studi, gli scienziati hanno cercato di determinare come la solitudine influenza la produzione di proteine proinfiammatorie (citochine), in risposta allo stress. Questi studi sono stati condotti su 144 donne dello stesso gruppo di sopravvissute al cancro al seno e su un gruppo di 134 adulti di mezza età in sovrappeso e anziani con gravi problemi di salute.


Tutti i partecipanti hanno avuto un prelievo di campioni di sangue al basale, e sono poi stati sottoposti a stress: è stato loro chiesto di improvvisare un discorso di cinque minuti e di eseguire un compito mentale aritmetico di fronte a una videocamera e a un gruppo di tre persone. I ricercatori hanno seguito il processo stimolando il sistema immunitario dei partecipanti con lipopolisaccaride, un composto presente sulle pareti cellulari batteriche, di cui si conosce la capacità di innescare una risposta immunitaria.


In entrambe le popolazioni, quelli che erano soli hanno prodotto livelli significativamente più elevati di una citochina chiamata interleuchina-6 (IL-6), in risposta allo stress acuto, rispetto ai partecipanti socialmente più connessi. Anche i livelli di un'altra citochina, il fattore di necrosi tumorale-alfa, è salito più drasticamente nei partecipanti più soli, rispetto ai partecipanti meno soli, ma i risultati sono significativi per gli standard statistici solo in un gruppo di studio, gli adulti sani.


Nello studio con le sopravvissute al cancro al seno, i ricercatori hanno anche testato per i livelli della citochina interleuchina 1-beta, che era a un livello più alto nelle partecipanti più sole.


Quando gli scienziati hanno verificato una serie di fattori, tra cui la qualità del sonno, l'età e i dati generali di salute, i risultati erano gli stessi. "Abbiamo visto una coerenza, nel senso che le persone più sole in entrambi gli studi hanno più infiammazione delle persone meno sole", dice la Jaremka. "E' anche importante ricordare il rovescio della medaglia: le persone che si sentono molto collegate socialmente sperimentano esiti più positivi".

 

 

 

 

***********************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.

 

***********************
Fonte: Materiale della Ohio State University, via EurekAlert!, a service of AAAS. Articolo originale scritto da Emily Caldwell.

Pubblicato in ScienceDaily il 19 Gennaio 2013 - Traduzione di Franco Pellizzari - Foto: © hikrcn / Fotolia

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:



Notizie da non perdere

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

IFITM3: la proteina all'origine della formazione di placche nell'Alz…

4.09.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dall'accumulo...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Scoperta nuova causa di Alzheimer e di demenza vascolare

21.09.2023 | Ricerche

Uno studio evidenzia la degenerazione delle microglia nel cervello causata dalla tossicità del ferro...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

La scoperta del punto di svolta nell'Alzheimer può migliorare i test di n…

20.05.2022 | Ricerche

 Intervista al neurologo William Seeley della Università della California di San Francisco

...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)