Un nuovo studio dimostra che gli anziani con livelli più elevati di alcune vitamine e acidi grassi omega 3 nel sangue, ottengono punteggi migliori su prove di acutezza mentale di quelli che mangiano cibo spazzatura.
Lo studio pubblicato su Neurology, la rivista della American Academy of Neurology, dimostra anche che mangiare meglio potrebbe contribuire a ridurre il restringimento del cervello comunemente associato all'Alzheimer.
"Questo approccio mostra chiaramente l'attività biologica e neurologica associata con il livello reale dei nutrienti, sia buoni che cattivi", ha detto Maret Traber, ricercatore principale del Linus Pauling Institute e coautore dello studio. I ricercatori dell'istituto della Oregon State University hanno condotto lo studio, uno dei primi nel suo genere, insieme a scienziati della Oregon Health and Science University di Portland, su 104 persone con età media di 87 anni, misurando in particolare una vasta gamma di livelli di nutrienti nel sangue, invece di basare i risultati su questionari alimentari, che sono meno precisi e meno affidabili.
"Le vitamine e le sostanze nutritive che si ottiengono mangiando una vasta gamma di frutta, verdura e pesce possono essere misurate nei biomarcatori del sangue", ha detto Traber. "Sono un fermo sostenitore che questi nutrienti hanno il forte potenziale di proteggere il cervello e farlo funzionare meglio". I ricercatori hanno notato gli effetti positivi degli alti livelli di vitamine B, C, D ed E, così come degli olii sani che si trovano più comunemente nel pesce, sulla rapidità mentale e sulle dimensioni del cervello.
Quelli con una maggiore assunzione di grassi transgenici - che si trovano comunemente negli alimenti fritti, fast food e altre opzioni di dieta meno sana - non sono andati così bene nei test cognitivi. I ricercatori hanno scoperto che, mentre le prestazioni sul test cognitivi sono influenzate da età e scolarità, la nutrizione rappresenta il 17 per cento della variazione nei punteggi, e il 37 per cento delle differenze di volume cerebrale. Tra quelli che hanno preso parte allo studio, il sette per cento ha mostrato una carenza di vitamina B12, e il 25 per cento non avevano abbastanza vitamina D nei loro sistemi.
Gene Bowman della Oregon Health and Science University, coautore dello studio, ha aggiunto che, mentre i risultati hanno bisogno di essere confermati, "è molto interessante pensare che la gente potrebbe fermare il restringimento del proprio cervello e tenerlo vivo, regolando la propria dieta".
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Pubblicato in Google.com il 29 dicembre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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