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Studio scopre come i cervello può combattere l'Alzheimer in modo più intelligente

Scoperta alla UCI-Penn sulle cellule immunitarie delinea nuove possibiltà di attacco contro i disturbi neurologici.

La lotta al morbo di Alzheimer (MA) e alle altre malattie neurodegenerative, inserendo nuove cellule immunitarie sane nel cervello, ha fatto un salto verso la realtà. Neuroscienziati dell'Università della California di Irvine e dell'Università della Pennsylvania hanno trovato il modo di contrastare in modo sicuro la resistenza che il cervello oppone al loro inserimento, superando un ostacolo cruciale della ricerca.


La loro scoperta sulle cellule cerebrali chiamate microglia delinea una miriade di possibilità per il trattamento e persino per la prevenzione dei disturbi neurodegenerativi. Il documento del team è apparso nel Journal of Experimental Medicine.


Quando le microglia sono sane, fungono da guerrieri di prima linea del sistema nervoso centrale per combattere le malattie.


"Tuttavia, ci sono prove schiaccianti che possono diventare disfunzionali in molte condizioni neurologiche", ha affermato Mathew Blurton-Jones, professore di neurobiologia e comportamento dell'UCI e coautore senior dello studio. “Fino a poco tempo fa, gli scienziati hanno esaminato principalmente i meccanismi che guidano la disfunzione microgliale e hanno cercato di trovare farmaci per cambiare la loro attività. Ma con questo studio, abbiamo trovato il modo di sfruttare potenzialmente le microglia per curare quelle malattie".


Il coautore senior Frederick 'Chris' Bennett, assistente professore di psichiatria alla Penn, il cui laboratorio ha collaborato con Blurton-Jones al progetto, ha aggiunto:

“L'ostacolo è che, una volta che le nostre microglia si sviluppano nel punto del cervello dove dovrebbero essere, non abbandonano quello spazio. Impediscono di portare nuove cellule che dovrebbero prendere il loro posto. Se vogliamo inserire microglia di un donatore, dobbiamo eliminare le microglia ospitanti per fare spazio".


Le microglia per sopravvivere dipendono dalla segnalazione da parte di una proteina sulla loro superficie chiamata CSF1R. Si è scoperto che il farmaco pexidartinib, approvato dalla FDA per il cancro, blocca quella segnalazione, uccidendole. Questo processo sembrerebbe offrire un modo di eliminare spazio nel cervello per inserire microglia sane di donatori. Tuttavia, esiste un dilemma: a meno che il pexidartinib non venga bloccato prima di aggiungere le microglia del donatore, eliminerà anche queste ultime. Ma una volta che il farmaco ha esaurito l'azione, le microglia ospiti si rigenerano troppo velocemente per inserire efficacemente le cellule del donatore.


Questo dilemma ha ostacolato gli sforzi per trattare le persone con determinate condizioni neurologiche rare e gravi. Una è la malattia di Krabbe, in cui le cellule del corpo non riescono a digerire alcuni grassi che sono molto abbondanti nel cervello. Attualmente, i medici usano il trapianto di midollo osseo e la chemioterapia per cercare di introdurre nuove cellule immunitarie simili alle microglia nel cervello. Ma questo approccio può essere tossico e deve essere condotto prima che i sintomi della Krabbe si manifestino.


"Il nostro team credeva che se si riesce a superare la resistenza del cervello all'accettazione di nuove microglia, potremmo trapiantarle con successo nei pazienti con un processo più sicuro ed efficace, al fine di puntare un gran numero di malattie"
, ha affermato la prima coautrice Sonia Lombroso, dottoranda della Penn nel laboratorio di Bennett. "Abbiamo deciso di indagare sulla possibilità di rendere le microglia del donatore resistenti al farmaco che elimina le loro controparti ospiti"


I ricercatori hanno usato la tecnologia di modifica genetica CRISPR per creare una mutazione di aminoacidi, chiamata G795A, che hanno introdotto nelle microglia del donatore, generate da cellule staminali umane o da una linea cellulare microgliale di topo. Hanno poi iniettato le microglia donate in topi modello umanizzati mentre somministravano pexidartinib, con risultati interessanti.


"Abbiamo scoperto che questa piccola mutazione ha permesso alle microglia del donatore di resistere e prosperare, mentre le microglia dell'ospite continuavano a morire"
, ha dichiarato l'altro primo autore Jean Paul Chadarevian, dottorando dell'UCI nel laboratorio di Blurton-Jones. “Questa scoperta potrebbe portare a molte opzioni per lo sviluppo di nuovi trattamenti basati sulle microglia. Il pexidartinib è già approvato per uso clinico e sembra essere relativamente ben tollerato dai pazienti".


Gli approcci potrebbero variare dalla lotta alle malattie sostituendo le microglia disfunzionali con altre sane, alla progettazione di microglia in grado di riconoscere minacce imminenti, colpendole con proteine terapeutiche prima che causino danni.


Il team UCI-Penn ritiene che i trattamenti basati su questo tipo di metodo microgliale possano essere sviluppati entro un decennio. Le loro prossime indagini includono di studiare su roditori modello come usare l'approccio per attaccare le placche cerebrali associate al MA e contrastare la Krabbe e altre malattie simili.

 

 

 


Fonte: University of California Irvine (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: JP Chadarevian, ...[+20], FC Bennett. Engineering an inhibitor-resistant human CSF1R variant for microglia replacement. Journal of Experimental Medicine, 2023, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

 

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