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Trattamenti del cancro riproposti potrebbero essere potenziali farmaci di Alzheimer

Dei farmaci per il cancro esistenti ed emergenti potrebbero essere riproposti come terapie da testare in studi clinici per le persone con rischio genetico di morbo di Alzheimer (MA), secondo un nuovo studio pubblicato in Science Advances.


Ricerche che combinavano l'analisi delle alterazioni proteiche nel cervello in questi individui ed esperimenti di laboratorio in modelli animali e in colture cellulari hanno aiutato gli scienziati a identificare i farmaci esistenti e a verificare più rapidamente il loro potenziale come interventi di MA.


I risultati rappresentano gli sforzi dei ricercatori del National Institute on Aging (NIA), e di gruppi supportati dal NIA all'Università della California di San Francisco, alla Rush University di Chicago e al Mount Sinai di New York City.


Gli scienziati hanno identificato i cambiamenti proteici nel cervello relativi alla variante di rischio genetico ApoE4 nei partecipanti giovani allo studio postmortem (età media alla morte era di 39 anni) e hanno confrontato questi cambiamenti con quelli dell'autopsia del cervello di anziani con MA e senza (età media alla morte 89 anni).


Le analisi includevano campioni cerebrali dal Baltimore Longitudinal Study of Aging, dal Religious Orders Study e da altri studi finanziati dal NIA. I ricercatori hanno quindi testato se i farmaci esistenti approvati dalla FDA o quelli sperimentali per altre malattie agiscono su alcune di queste proteine.


Le loro scoperte mostrano che un farmaco sperimentale per il cancro del fegato e il Dasatinib, approvato per la leucemia mieloide cronica, agiscono su alcune delle proteine ​​correlate al MA, suggerendo che potrebbero essere potenziali terapie per quest'ultima malattia.


I farmaci hanno anche ridotto la neuroinfiammazione, la secrezione di amiloide e la fosforilazione della tau negli esperimenti di coltura cellulare, sottolineando il loro potenziale come candidati da testare nelle sperimentazioni cliniche di MA.


Queste scoperte aggiungono prove a un altro studio recente che ha mostrato il valore di questo tipo di approccio nella ricerca di farmaci da riproporre. I prossimi passi potrebbero includere il test di questi farmaci in studi clinici. Per quelli già approvati dalla FDA o che sono già stati testati per la sicurezza in altri studi, la tempistica dei test potrebbe essere ridotta.

 

 

 


Fonte: NIH-National Institutes of Health (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Jackson Roberts, Vijay Varma, Yang An, Sudhir Varma, Julián Candia, Giovanna Fantoni, Vinod Tiwari, Carlos Anerillas, Andrew Williamson, Atsushi Saito, Tina Loeffler, Irene Schilcher, Ruin Moaddel, Mohammed Khadeer, Jacqueline Lovett, Toshiko Tanaka, Olga Pletnikova, Juan Troncoso, David Bennett, Marilyn Albert, Kaiwen Yu, Mingming Niu, Vahram Haroutunian, Bin Zhang, Junmin Peng, Deborah Croteau, Susan Resnick, Myriam Gorospe, Vilhelm Bohr, Luigi Ferrucci, Madhav Thambisetty. A brain proteomic signature of incipient Alzheimer’s disease in young APOE e4 carriers identifies novel drug targets. Science Advances. 2021, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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