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Integratori naturali e vitamine proposti per il trattamento e la prevenzione di demenza e declino cognitivo



La demenza, chiamata anche «disturbo neurocognitivo grave» (che comprende anche l'Alzheimer [AD]), è un problema crescente a causa della maggiore durata della vita.


Non c'è alcuna cura conosciuta. Diversi farmaci sono approvati dalla FDA per il trattamento della demenza, tra cui gli inibitori dell'acetilcolinesterasi (ad esempio, donepezil, rivastigmina, galantamina) e un antagonista del recettore N-metil-D-aspartato (NMDA), ma hanno efficacia limitata, effetti collaterali e un costo significativo, tutti fattori che contribuiscono alla ricerca di terapie alternative per migliorare la cognizione.


In questo articolo, vediamo i diversi prodotti naturali, o di origine naturale, usati per migliorare il deterioramento cognitivo o i sintomi cognitivi della demenza.

 

Ginkgo biloba

Un integratore popolare per la cognizione è il ginkgo biloba, che viene estratto dalla foglia di un albero antichissimo le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa, nel Permiano, e per questo è considerato un fossile vivente. Anche se è usato come integratore negli Stati Uniti, in molti paesi europei fa parte della cura medica tradizionale e richiede una prescrizione. Un estratto standardizzato chiamato EGb761 è prescritto in molti paesi al di fuori degli Stati Uniti.

Nash e Shah (1) hanno esaminato i meccanismi del ginkgo biloba che forniscono benefici neurocognitivi e hanno definito i suoi 3 agenti attivi principali: ginkolidi, bilobalide e flavonoidi. Si pensa che i ginkolidi inibiscano il fattore di attivazione delle piastrine, impedendo in tal modo la coagulazione, promuovendo il flusso di sangue, e inibendo i mediatori infiammatori come la cicloossigenasi-2, l'ossido nitrico sintasi, e il fattore di necrosi tumorale. Si ritiene che il bilobalide inibisca i recettori del fattore attivante le piastrine e riduca gli effetti eccitotossici del glutammato. Infine, i flavonoidi sono antiossidanti che riducono i danni causati dai radicali liberi.

La maggior parte degli studi che dimostrano i benefici del ginkgo biloba riferiscono una migliore cognizione nelle persone che hanno già un importante disturbo neurocognitivo o una demenza. Tuttavia, i dati riguardanti un beneficio nei soggetti cognitivamente intatti sono misti:

  • Lo studio più rigoroso di Mix e Crews (2) ha esaminato l'effetto di una dose di 180 mg di ginkgo biloba su individui residenti in comunità, senza disturbi neurocognitivi. I test neuropsicologici completi hanno mostrato alcuni piccoli miglioramenti nella memoria, ma le differenze tra gruppi hanno limitato i risultati. Il dosaggio era inferiore a quello raccomandato di solito, che è generalmente circa 120 mg a 240 mg, 2 o 3 volte al giorno.
  • Un altro studio clinico randomizzato (RCT), che usava una dose di 240 mg di ginkgo biloba, ha dimostrato alcuni piccoli effetti nel richiamo immediato e ritardato dei ricordi (3).

In sintesi, non ci sono prove convincenti a sostegno dell'uso di ginkgo biloba per migliorare la memoria negli individui che sono cognitivamente intatti.

Il ginkgo biloba può prevenire la compromissione neurocognitiva? Quattro studi ben progettati mostrano risultati differenti.

  • Lo studio «Ginkgo Evaluation of Memory» (GEM) ha esaminato più di 3.000 individui over-75 con cognizione normale o con lieve compromissione cognitiva (4). Lo studio non ha mostrato alcun effetto protettivo del ginkgo biloba nella prevenzione della demenza.
  • Un altro studio ha esaminato la prevenzione di AD in adulti da 72 a 96 anni, con cognizione normale o con lieve compromissione cognitiva (5): lo studio ha usato l'EGb 761 (un estratto di Ginkgo biloba) alla dose di 120 mg, due volte al giorno per 6 anni, senza trovare alcuna riduzione del rischio.
  • Lo studio GuidAge ha controllato la prevenzione della demenza con ginkgo biloba in più di 2.000 anziani residenti in comunità, per più di 5 anni (6). Come il GEM, lo studio GuidAge non ha mostrato un beneficio del ginkgo biloba nella prevenzione della demenza su 4 anni; tuttavia, dopo 5 anni, ha iniziato a mostrare un miglioramento. Una limitazione dello studio GuidAge è l'incidenza particolarmente bassa di demenza dei partecipanti (1.2/100 a 1.4/100), rendendo più difficile dimostrare una significatività statistica.
  • Il grande studio di 20 anni PAQUID ha dimostrato che il ginkgo biloba ha impedito la demenza. Tuttavia, non erano documentate delle caratteristiche importanti come il dosaggio e la durata del trattamento con ginkgo (7).

Questi studi possono essere sia epidemiologici che randomizzati, rendendo difficile il confronto dei risultati. Gli studi epidemiologici non controllano le variabili confondenti, come ad esempio i fattori di rischio concomitanti che possono contribuire allo sviluppo di demenza. Inoltre, non vi sono prove sufficienti per sostenere l'uso di ginkgo biloba nella prevenzione della demenza. Sono necessari studi che si concentrano sul dosaggio e la durata della somministrazione del ginkgo biloba per rimuovere i potenziali effetti confondenti.

Qualche evidenza supporta l'uso del ginkgo biloba per coloro che sono già colpiti da un disturbo neurocognitivo importante. Quindi, dato che gli agenti più tradizionali non mostrano in genere alcuna superiorità, il ginkgo biloba è una scelta ragionevole per tali pazienti. I dati sul ginkgo biloba per migliorare la cognizione nei pazienti con demenza sono più ampi rispetto a quelli sulla prevenzione del deterioramento cognitivo. Birks e Grimley Evans (8) hanno valutato 36 studi sugli effetti del ginkgo biloba sulla cognizione nelle persone con decadimento cognitivo e hanno determinato che i risultati erano inconsistenti, anche se hanno notato che il ginkgo biloba è abbastanza sicuro.

Una meta-analisi piccola, ma più recente, ha dimostrato un potenziale beneficio del ginkgo biloba sulla cognizione in coloro che avevano già un deterioramento cognitivo (9). La differenza media standard calcolata tra ginkgo biloba e placebo era -0.89 (intervallo di confidenza 95%, da -1.82 a 0.04), e nell'Alzheimer Disease Assessment Scale-cognitive (ADAS-cog) c'era un aumento di 2,65 punti, statisticamente significativo ma non necessariamente un beneficio clinicamente significativo.

Un miglioramento significativo del funzionamento cognitivo in pazienti ambulatoriali affetti da demenza vascolare lieve/moderata si è verificato con 240 mg di EGb 761 (10). Inoltre, il ginkgo biloba ha un effetto antidepressivo nei pazienti con demenza (11). Altri studi hanno dimostrato che il ginkgo biloba non era inferiore al donepezil e può fornire un beneficio aggiunto quando entrambi sono usati negli individui con AD (12,13).

Il ginkgo biloba deve essere usato con cautela nei pazienti che hanno un rischio più alto di emorragia perché può potenziare il sanguinamento. Tuttavia, gli studi del suo effetto sulla funzione sanguinamento hanno trovato che il ginkgo biloba è sicuro da solo e in combinazione con farmaci antiaggreganti (14,15). Le persone che hanno più probabilità di trarre benefici dal ginkgo biloba comprendono coloro che hanno già la demenza.

 

Acidi grassi omega-3

Barnes e colleghi (16) hanno identificato gli acidi grassi omega-3 come una delle medicine complementari e alternative più comuni. Le fonti alimentari di acidi grassi omega-3 sono principalmente pesce, noci, alghe e krill. Le 2 forme principali di acidi grassi omega-3 sono l'acido eicosapentaenoico (EPA) e quello docosaesaenoico (DHA). I DHA sono importanti nello sviluppo neuronale; la carenza di DHA aumenta il rischio di ritardo nello sviluppo (17,18). Oltre agli effetti sullo sviluppo neurologico, gli acidi grassi omega-3 possono avere un ruolo neuroprotettivo con effetti antiossidanti, anti-infiammatori, e antiamiloidi (19).

In uno studio di Fotuhi e colleghi (19) il consumo di pesce ha ridotto lo sviluppo di AD. In individui non portatori di APOE-4, che mangiavano pesce 2 o 3 volte alla settimana, si è ridotto lo sviluppo di demenza del 50% su 4 anni (20). In uno studio prospettico di follow-up, 899 persone senza demenza sono state studiate per più di 9 anni, constatando una riduzione del 47% nello sviluppo di AD nei soggetti con livelli plasmatici elevati di DHA (21).

L'integrazione con acidi grassi omega-3 è meno promettente del consumo di pesce. Una meta-analisi ha dimostrato che l'integrazione di acidi grassi omega-3 è utile per il deterioramento cognitivo lieve, ma non per la demenza o per la prevenzione della demenza (22). L'integrazione ha migliorato sia la velocità di elaborazione che l'attenzione.

L'allele APOE-4 è una predisposizione genetica allo sviluppo di AD. Gli individui che hanno questa suscettibilità genetica all'AD non sembrano beneficiare degli acidi grassi omega-3 come gli individui senza l'allele APOE-4. Gli anziani che cercano di evitare l'AD potrebbero trarre benefici da una dieta ricca di acidi grassi omega-3, compreso il pesce; mentre gli anziani che hanno già un decadimento cognitivo lieve possono beneficiare dell'integrazione con acidi grassi omega-3 per migliorare l'attenzione e la memoria.

Gli integratori di acidi grassi omega-3, soprattutto l'EPA, forniscono anche un effetto antidepressivo (23). Quindi, è possibile che l'integrazione contro il deterioramento cognitivo possa avere benefici imprevisti sull'umore. Allo stesso modo, l'effetto confondente degli acidi grassi omega-3 potrebbe migliorare la cognizione attraverso il miglioramento della depressione, dal momento che la depressione nei pazienti geriatrici spesso colpisce negativamente la cognizione.

 

Ginseng

Il ginseng può avere effetti di miglioramento cognitivo. In uno studio che ha confrontato il ginseng rosso coreano con un placebo, è stato osservato un miglioramento significativo dell'ADAS-Cog per i partecipanti che hanno ricevuto 9g di ginseng (24).

Un altro studio ha usato 150 mg di Panax ginseng assieme ad altri agenti di miglioramento cognitivo, tra cui 120 mg di ginkgo biloba e pappa reale (25). E' stato osservato un miglioramento statisticamente significativo della funzione cognitiva, rappresentata da circa 2 punti sul Mini-Mental State Examination (MMSE); tuttavia, tale miglioramento non è sempre considerato clinicamente significativo.

 

Uperzina

L'uperzina A è un costituente bioattivo dell'Uperzia serrata, che si ritiene abbia effetti di miglioramento cognitivo. L'uperzina ha diversi meccanismi d'azione, simili a quelli dei farmaci tradizionali di miglioramento cognitivo (come gli inibitori dell'acetil-colinesterasi) ed effetti antagonisti sul recettore NMDA. Il range di dosaggio comune è 200-400 mcg.

Un RCT ha dimostrato un miglioramento nelle attività della vita quotidiana, con 100 mg di uperzina due volte al giorno (26).

Tuttavia, un grande studio americano ha dimostrato effetti meno significativi. Lo studio ha confrontato 200 mg e 400 mg di uperzina due volte al giorno. E' stato osservato un modesto effetto sulla cognizione con 400 mg di uperzina nei pazienti con AD (27). L'effetto avverso più comune dell'uperzina è la nausea. Per gli individui affetti da demenza che non possono tollerare o permettersi farmaci tradizionali di miglioramento cognitivo, l'uperzina può essere una valida alternativa.

 

Vitamine B12 e B9

Le carenze di cianocobalamina (vitamina B12) e di folati (vitamina B9) possono causare deterioramento cognitivo. Pertanto, è una pratica standard valutare i livelli di queste vitamine in tutti coloro che presentano deterioramento cognitivo (28). I livelli bassi di vitamina B12, come dimostra l'innalzamento di metilmalonato e di omocisteina, sono legati a carenze nella memoria e a cali della velocità di percezione e di volume del cervello (29).

I dati non supportano un effetto di miglioramento cognitivo nei soggetti con livello normale di vitamina B (30). Le dosi di integratori vitaminici nello studio erano 5 mg di acido folico, 25 mg di vitamina B6, e 1 mg di vitamina B12; la durata del trattamento è stata di 18 mesi. Anche un altro studio che aveva individui over-60 con AD o demenza vascolare e con livelli normali di vitamina B non è riuscito a dimostrare un effetto terapeutico con l'integrazione di vitamina B (31).

Le vitamine B12 e B9 possono avere un effetto di miglioramento cognitivo nelle persone con funzioni cognitive normali. Sono stati osservati benefici terapeutici di richiamo immediato e ritardato dei ricordi con integrazione di vitamina B in adulti da 60 e 74 anni (32). Anche se non ci sono prove sufficienti per dimostrare i benefici della integrazione di vitamina B sulla cognizione nelle persone con demenza e con livelli normali di vitamina B, i dati suggeriscono qualche beneficio nei soggetti cognitivamente intatti. Gli effetti collaterali comprendono l'induzione di mania e sensazione di bruciore.

 

Vitamina D

La vitamina D stimola la fagocitosi indotta dai macrofagi della proteina amiloide-beta (33). In uno studio di popolazione su 171 individui, è stata vista una maggiore incidenza di qualsiasi causa di demenza in coloro che avevano carenza di vitamina D rispetto a coloro che ne avevano a un livello normale (34).

Al di là della cognizione, la vitamina D sembra avere una finestra terapeutica per sforzarsi di ottimizzare il trattamento. I livelli ottimali di vitamina D (25-idrossivitamina D) sono superiori a 25 nmol/L e inferiori a 50 nmol/L. Michaelsson e colleghi (35) hanno riferito un aumento della mortalità correlata a livelli bassi (<46 nmol/L) e alti (>98 nmol/L) di vitamina D.

Un RCT su donne anziane che avevano livelli normali di vitamina D ha dimostrato un aumento del rischio di cadute e fratture quando le partecipanti hanno ricevuto un grande bolo (dose grande e unica) di vitamina D (36). Anche gli alti livelli di vitamina D (>56 mmol/L) aumentano il rischio di mortalità (37).

 

Olio di cocco / caprylidene

L'olio di cocco è un acido grasso a catena media che è digeribile più facilmente degli acidi grassi saturi identificati come acidi grassi a catena lunga (38). Ci sono prove limitate a supporto dell'uso di olio di cocco per l'AD. La maggior parte delle prove viene dalla Newport Story, che consiste in effetti robusti in un caso di studio di un maschio con AD (39).

Si ipotizza che l'olio di cocco abbia numerosi effetti benefici, che possono indirettamente ridurre il rischio di AD. Diversi meccanismi possono essere implicati, tra cui il suo effetto antiossidante. Inoltre, l'olio di cocco riduce l'accumulo di amiloide-beta e riduce la resistenza all'insulina e il colesterolo LDL - lipoproteine ​​a bassa densità (38).

Ci sono altre prove a sostegno del caprylidene (Axona), che è un derivato dell'olio di cocco e consiste di acidi grassi a catena media. La teoria che sta dietro il caprylidene si basa sull'ipometabolismo del glucosio nel cervello dei pazienti con AD. Il caprylidene crea uno stato di chetosi che fornisce una fonte di energia alternativa ai neuroni (40). I pazienti con AD lieve/moderato che hanno ricevuto il caprylidene hanno mostrato un miglioramento medio nei punteggi ADAS-Cog di 1,533 punti dopo 45 giorni. E' importante notare che questo miglioramento è stato osservato solo in coloro che erano non-portatori dell'allele APOE-4 e che molti degli individui stavano prendendo farmaci di miglioramento cognitivo (inibitori dell'acetilcolinesterasi o memantina), così come il caprylidene.

L'olio di cocco e il suo derivato caprylidene hanno effetti negativi limitati. I più comuni includono effetti gastrointestinali, come diarrea, flatulenza e dispepsia.

 

Resveratrolo e curcumina

Anche se non ci sono prove sufficienti per raccomandare il resveratrolo o la curcumina nel prevenire o curare il deficit cognitivo, i 2 integratori sono promettenti nel miglioramento della cognizione. Un RCT di fase2 con resveratrolo non ha dimostrato cambiamenti significativi nella cognizione, misurati da MMSE o ADAS, ma ha mostrato un aumento dei livelli di beta amiloide nel liquido cerebrospinale, un biomarcatore di AD (41).

Ci sono stati anche alcuni risultati positivi con la curcumina. Uno studio condotto da Baum e colleghi (42) ha dimostrato una buona tollerabilità, ma non ha rilevato un effetto di miglioramento cognitivo. Nei soggetti cognitivamente intatti, la curcumina ha ridotto i livelli di trigliceridi e di amiloide-beta nel plasma (43).

 

Conclusione

Vari agenti sono commercializzati per il deterioramento cognitivo; tuttavia, pochi hanno prove convincenti per raccomandare il loro uso nelle popolazioni vulnerabili. Sono necessari più dati per comprendere meglio questi potenziali trattamenti del deterioramento cognitivo. Idealmente la nostra comprensione trarrebbe giovamento da studi meglio progettati, più grandi, con dosi multiple, così come da studi che consentono di identificare il meccanismo d'azione specifico delle varie medicine complementari e alternative.

 

 


Referenze

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Fonte:

  • Taya Varteresian DO/MS, psichiatra MH nel Dipartimento di Salute Mentale della contea di Los Angeles, e assistente professoressa clinica (volontaria) all'Università della California di Irvine. La Dott.ssa Varteresian non riferisce conflitti di interesse sull'argomento di questo articolo.
  • Helen Lavretsky MD/MS, professoressa di Psichiatria all'Università della California di Los Angeles (UCLA) e Direttrice del Late-Life Mood, Stress, and Wellness Research Program all'Istituto Semel di Neuroscienze e Human Behavior dell'UCLA. La Dott.ssa Lavretsky riferisce di ricevere sovvenzioni dal Forest Research Institute / Actavis e da NICCIN e NIMH.

Pubblicato in Psychiatric Times (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Subiamo un 'lavaggio del cervello' durante il sonno?

4.11.2019 | Ricerche

Una nuova ricerca eseguita alla Boston University suggerisce che questa sera durante il ...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

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