La polizza assicurativa di infortunio e invalidità permanente da malattia non vuole indennizzare la malattia di Alzheimer perché rientrante nelle sindromi organiche cerebrali non assicurate. Il Giudice di merito non è obbligato a porre a confronto le osservazioni del consulente tecnico di parte (CTP) con le considerazioni del consulente tecnico d'ufficio (CTU).
La vicenda
L’assicurato chiede la condanna alla liquidazione dell’indennizzo previsto nella polizza sottoscritta per infortuni ed invalidità permanente da malattia, assumendo di aver contratto nel 2016 la malattia di Alzheimer, patologia indennizzabile, riportando una accertata invalidità permanente destinata ad accrescersi nel tempo.
Il Tribunale rigetta la domanda e aderisce alla tesi difensiva della compagnia di assicurazione, secondo la quale “la malattia di Alzheimer rientrava tra le sindromi organiche cerebrali previste dalla clausola 4B delle condizioni generali di polizza come malattie non assicurate con conseguente non operatività della polizza”.
La Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, accoglie l’impugnazione, ritenendo che, sulla base della consulenza e dei testi scientifici citati dall’ausiliario, dovesse distinguersi tra sindromi e malattie vere e proprie, queste ultime aventi una propria precisa identificazione ed eziologia. Sulla base di questa ripartizione, riteneva che solamente le sindromi di origine psichiatrica fossero da ricondursi tra le fattispecie non assicurabili, cui faceva riferimento l’articolo 4B delle condizioni di polizza e non anche le malattie neurologiche, specificamente previste e descritte ed identificate come tali in articoli scientifici e negli elenchi del Ministero della Salute, tra le quali riconduceva la malattia di Alzheimer.
Ergo, l’assicurazione viene condannata a corrispondere l’indennizzo per oltre cinquecentomila euro.
L’Assicurazione ricorre in Cassazione
L’assicurazione, che ricorre in Cassazione, sostiene che la definizione di “sindrome organica cerebrale” si riferisce a malattie caratterizzate di solito da disturbi psichiatrici che causano una riduzione della funzione mentale, tra le quali sono indicati esemplificativamente vari tipi di patologie degenerative ed in particolare la demenza senile derivante dall’Alzheimer. Sostiene, inoltre, che i Giudici di Appello avrebbero dovuto esplicitamente indicare le ragioni della scelta di disattendere le puntuali critiche mosse dal CTP all’elaborato peritale senza limitarsi a un richiamo acritico delle conclusioni del proprio CTU.
La Cassazione respinge le censure perché inammissibili (Corte di Cassazione, III civile, 30 maggio 2024, n. 15218). La CTU è atto processuale che svolge la funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti, quindi, non costituisce un fatto storico, un accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo, ossia a quella sequela di atti ed attività disciplinate dal codice di rito.
Questo significa che per il Giudice non vi è un obbligo (tanto più per la consulenza di parte), di porre espressamente le osservazioni del CTP a confronto con le considerazioni del CTU per confutarle e spiegare le ragioni per le quali non le si condivide ai fini della resistenza logica complessiva della motivazione, ove questa condivida le conclusioni cui è giunto il consulente di ufficio. È sufficiente che dalla motivazione si evinca che il Giudice di merito ha visionato e preso in considerazione le osservazioni del CTP e le abbia consapevolmente disattese, non essendo necessaria una replica diretta, esplicita alle osservazioni del CTP quando emerga dal contesto motivazionale che esse siano state esaminate e considerate, benché non ritenute convincenti.
L’interpretazione della clausola contrattuale
Nel caso in esame, il nodo da sciogliere riguarda la interpretazione da dare ad una clausola contrattuale, partendo dal significato comune che una determinata espressione ha in ambito scientifico: si tratta quindi, in ogni caso, non di omessa considerazione di un fatto storico decisivo, ma di diversa valutazione del significato di alcuni termini scientifici, quindi una questione di interpretazione e valutazione.
Il Giudice di Appello ha effettuato una sua ricostruzione del significato dell’espressione “sindromi organiche cerebrali”, che individua alcuni disturbi sottratti all’ambito di operatività della garanzia assicurativa. Ha fornito una motivazione fondata sulla individuazione di una distinzione rilevante tra le malattie e le sindromi, all’interno della quale le malattie si distinguono per una individuabilità eziologica e sono soggette all’ambito di applicazione della polizza, mentre le sindromi, ovvero i disturbi mentali di natura psichiatrica privi di una riconducibilità eziologica ne sarebbero escluse.
La Corte di Appello ha interpretato in questo senso la clausola contrattuale, ritenendo che la limitazione dell’oggetto del contratto non escluda anche le patologie neurologiche accertate come l’Alzheimer, in questo modo implicitamente disattendendo le osservazioni svolte dalla consulenza di parte.
Ritenere che l’Alzheimer, benché non espressamente indicato nella polizza, si dovesse considerare escluso, o meno, dalla copertura assicurativa perché riconducibile, o meno, entro l’ambito delle “sindromi organiche cerebrali” è una interpretazione del contratto, effettuata motivatamente dal Giudice di merito e che resiste alle censure.
Fonte: Avv. Emanuela Foligno in Responsabile Civile
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