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Cosa ci insegna l'Alzheimer sull'anima?



Quando era cappellano in una casa di cura di Chicago, il reverendo James Ellor ha deciso di tentare un esperimento.


Ha trovato un libro di istruzione religiosa della fine del secolo scorso, ha selezionato i canti e i versi della Bibbia più popolari di quel periodo, e ha progettato un servizio di culto per i pazienti affetti da demenza, che erano stati banditi dalla cappella dopo l'installazione del nuovo tappeto, a causa della loro incontinenza.


Quello che Ellor ha scoperto ha aggiunto una nuova dimensione al trattamento di Alzheimer: la cura dell'anima.


Le persone con demenza, si è scoperto, potrebbero non essere in grado di riconoscere i propri figli, ma potrebbero ricordare la prima strofa dei canti amati dalla loro infanzia, e molti potrebbero recitare versetti della Bibbia che avevano imparato quando erano più giovani, come Giovanni 3:16 o il 23° Salmo.


In più, quando hanno la possibilità di partecipare a un servizio di culto modificato, potrebbero battere le mani con gioia, borbottare i canti, e recitare versi della Bibbia per diverse ore dopo la fine del servizio. "Vedo spesso una maggiore espressione del rumore gioioso del canto da parte di persone con demenza rispetto a quelle che non ce l'hanno", ha detto Ellor, che è ora professore alla Baylor University di Waco nel Texas, e condirettore del relativo programma di dottorato in lavoro sociale.


Nel corso degli ultimi 20 anni, un numero crescente di strutture di assistenza all'Alzheimer hanno cominciato a offrire servizi di culto, e la risposta dei pazienti sembra confutare l'argomento espresso dagli scettici che la demenza è la prova che l'anima non esiste.


Quella linea di pensiero, promossa dal compianto filosofo Paul Edwards, tra gli altri, sostiene che ciò che le persone di fede percepiscono come anima o spirito non sono altro che impulsi elettrici del cervello, che si deteriorano, insieme con la memoria, quando il cervello è malato.


Altri, invece, puntano a un fenomeno noto come "lucidità terminale", in cui una persona cognitivamente compromessa sembra ritrovare la funzione cerebrale per un massimo di due ore ed è in grado di dialogare razionalmente con i familiari prima di morire. Tali esperienze sembrano offrire la prova che l'essenza spirituale di una persona è nascosta, non distrutta, con la progressione della demenza.


"Alcune persone che stimo molto, credenti in Dio ed eminenti neuroscienziati, dicono che non siamo in grado di equiparare il livello di conoscenza di una persona con la presenza o l'assenza dell'anima", ha detto Bryan Auday, psicologo specializzato nella ricerca sul cervello, che insegna al Gordon College di Wenham nel Massachusetts. "L'anima è più grande della semplice cognizione".


Ciò suggerisce che le persone che erano spirituali prima che insorgesse la demenza, hanno ancora delle esigenze spirituali, anche se non sono più in grado "di praticare e sentire e restare in comunione con Dio come accadeva prima", ha detto. "La loro fede non se n'è andata".

 

Un chiarimento graduale

Il Dr. John Geyman è un medico la cui moglie, Gene, insegnante e poeta, è morta di Alzheimer a 77 anni nel 2012. Due anni dopo la sua morte, ha pubblicato un libro ("Anime in cammino"), che racconta la storia di 56 anni di matrimonio della coppia e la progressione di 16 anni della malattia.


Anche se Geyman, un unitario [non riconosce un Dio trino, ma unico] che vive vicino a Seattle, non condivide la fede episcopale praticata da sua moglie, dice: "Il suo spirito era con lei per tutta la vita, anche quando non poteva fare le cose o ricordare le cose. Il suo spirito era vivo, praticamente per tutto il cammino".


Questo è ciò che la maggior parte dei familiari e dei caregiver avrebbero detto, secondo Ellor, che, oltre ad essere un assistente sociale, è un ministro presbiteriano ordinato: "In 40 anni, non ho mai incontrato nessuno che si occupava di una persona (con Alzheimer) che avesse detto che l'anima si è allontanata, prima della morte".

[...]


Lungi dal confutare l'anima, la demenza può insegnarci qualcosa dell'anima e della coscienza, ha dichiarato il Dr. Eben Alexander, il neurochirurgo di 62 anni di Charlottesville in Virginia, la cui esperienza di pre-morte nel 2008 è stata descritta nel libro best-seller "Proof of Heaven" (La prova del cielo): "Il modo migliore per comprendere il normale nel fenomeno della coscienza è esaminare l'anormale".


In "Proof of Heaven", Alexander ha scritto di un amico, "neuroscienziato ostinato", il cui padre sembrava scrollarsi di dosso la sua demenza con l'avvicinarsi della morte: "E' arrivato ​​al punto da non riuscire a pronunciare una sola parola significativa". Ma nei suoi ultimi momenti, l'uomo cominciò ad avere una conversazione con quella che sembrava essere sua madre, morta 65 anni prima. "Il mio amico è rimasto sconvolto dalla capacità del padre di arrivare a qualche riflessione estremamente profonda sulla sua vita. Avrebbe dovuto essere impossibile, data la progressione della sua demenza".


Questi momenti di lucidità terminale, ha detto Alexander, "sono fatti molto reali e comuni che ci rivelano più e più volte che il cervello fisico non crea coscienza. Esso, tuttavia, agisce come un filtro. La coscienza è oltre il regno fisico, come la memoria. Queste discese nella demenza possono essere una guida molto istruttiva sul rapporto mente-corpo".

 

Scavare per trovare l'anima

La maggior parte dei teologi ritiene che l'anima entra nel corpo al concepimento o alla nascita e lascia il corpo con l'ultimo sussulto di respiro. La demenza non influenza l'anima più dell'incapacità di un bambino di parlare o pensare logicamente, ha detto Ellor: "L'anima è ancora lì, solo che non sappiamo come comunicare con essa. Ogni paziente di Alzheimer è esattamente come te o me, almeno spiritualmente. Solo che non riesce a comunicare a livello cognitivo".


La cura dell'anima per le persone con demenza, di conseguenza, deve concentrarsi sulle emozioni e sui sensi, non sul cervello. Nel progettare un servizio di culto per le persone con demenza, Ellor impiega la ripetizione di canzoni e letture familiari, e omette la predica: "Mi rendo conto che alcuni pastori devono soffrire la perdita", scherza. E' importante aggiungere ritmo, quando è possibile: "Per coloro che non riescono più a cantare, il ritmo sembra aiutare il loro godimento".


Con i malati di Alzheimer sembra valida l'inclusione di elementi liturgici comuni (frasi come "La pace sia con voi" o "lode a Dio dal quale fluiscono tutte le benedizioni"), in particolare per quelli di tradizione cattolica o episcopale.


Ellor ammette, tuttavia, che la partecipazione entusiasta a un servizio di culto non è la prova che i malati di Alzheimer hanno una vita spirituale, e neppure è la prova che "abbiamo raggiunto l'anima" scavando con "Amazing Grace" e una lettura della Bibbia. "Forse quello che abbiamo raggiunto è solo la memoria", ha detto. E la ricerca dice sempre di più che i ricordi possono essere agitati quando risuona un qualsiasi tipo di musica familiare ai pazienti con demenza.


Alla Sagewood at Daybreak, una comunità per anziani di South Jordan nello Utah, agli ospiti con Alzheimer e altre forme di demenza sono offerti servizi di culto, studi biblici e tai chi, una forma di arti marziali meditative.


Mindy Smith, coordinatrice dell'unità di assistenza alla demenza della Sagewood, conduce riunioni composte di solito da una dozzina o più persone. Nello studio della Bibbia lei si avvale di immagini, come Adamo ed Eva o l'Arca di Noè, per aiutare le persone a seguire. I servizi possono durare fino a 30 minuti, o essere tagliati se l'interesse dei partecipanti sembra spegnersi; ma di solito si divertono, e spesso iniziano a cantare e ballare, ha detto.


Oltre a fornire assistenza all'anima degli ospiti, i servizi aiutano anche a tirare fuori le persone che prima erano isolate: "In seguito essi sono più impegnati in altre attività", ha detto la Smith. Tali servizi possono anche aiutare le famiglie dei pazienti, che spesso sono entusiasti di vedere i loro cari recuperare una parte, per quanto superficiale, della loro fede, ha detto Ellor.


E c'è sempre la possibilità che sia più che superficiale. "Sì, possono dimenticare gran parte della loro vita precedente, e la loro capacità di praticare la loro religione è compromessa. Ma noi abbiamo la prova che le persone non perdono il loro senso di identità", ha detto Auday del Gordon College.


Sembrano anche mantenere un senso di ciò che era importante nella loro vita pre-demenza. Ellor ha detto che i pazienti cattolici spesso chiedono orgogliosamente di visitare i familiari che erano stati a messa in precedenza quel giorno.

 

Anime in cammino

Il Dr. Daniel Amen, neuroscienziato le cui cliniche in tutto il paese affrontano la perdita e i problemi di memoria con strumenti di imaging cerebrale, è un cristiano che crede che l'anima sia intrappolata all'interno dei neuroni danneggiati del cervello quando è presente la demenza: "Il veicolo è danneggiato, e, di conseguenza, anche l'espressione dell'anima è ferita. Credo che si liberi con la morte".


Geyman, il medico che si è curato della moglie durante la sua battaglia con l'Alzheimer, ha detto che l'esperienza non lo ha reso più religioso; ha sperimentato prima anni l'arresto cardiaco e l'ha sperimentato come delle "luci spente, senza musica o voci o angeli". Ma egli crede che "ci sia più potere là fuori", anche se non lo capiamo, e parla dell'anima di sua moglie con la stessa facilità con cui lo fa della malattia che ha sofferto.


Il nome del suo libro "Anime in cammino" è tratto da una poesia con lo stesso titolo scritta dalla moglie Gene. Dopo la sua morte, Geyman ha scritto che era arrivato a chiedersi delle anime "dove vanno e cosa fanno".


Egli non ha ancora risposte, ma conclude il suo libro rendendo onore a Gene per aver trionfato sull'Alzheimer, mantenendo "personalità indipendente, grazia e dignità": "Qualunque cosa porti il futuro, le nostre anime sono insieme, anche se ora camminano con una sola serie di impronte".

 

 

 


Fonte: Jennifer Graham in Deseret News (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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