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E se anche la demenza fosse colpa dei genitori?

Una nuova ricerca suggerisce che le avversità dell'infanzia sono un fattore di rischio più grave per le malattie cardiache e per il diabete di tipo 2, di qualsiasi altra cosa.


Quando i Centri Controllo e Prevenzione Malattie (CDC) hanno lanciato la ricerca nel 1990 sul rapporto tra esperienze traumatiche nell'infanzia e i problemi sanitari in età adulta, si sono inizialmente concentrati sugli esiti di salute mentale e sui problemi di salute che derivavano da scelte scadenti di vita.


Quelle scelte includevano fumo, alcol e le cattive abitudini alimentari, rese più probabili da abuso o negligenza durante l'infanzia. Ma, come la ricerca prendeva abbrivio, è emerso un modello interessante.


Le «esperienze avverse infantili» (ACE-Adverse childhood experiences) si correlavano a un rischio più alto di malattia nel corso della vita, ben oltre le condizioni di salute mentale. I rischi rimanevano anche quando i ricercatori filtravano i comportamenti a rischio come fumo, alcol e dieta. La connessione non è solo comportamentale: era anche biologica.


La scoperta ha lanciato un nuovo, intero campo di inchiesta sul modo in cui un evento potrebbe stimolare una malattia decenni più tardi e quali malattie potrebbero quindi essere capite come disturbi dello sviluppo, secondo il dottor Andrew Garner PhD, professore associato di pediatria clinica alla Case Western Riserve e collega dell'American Academy of Pediatrics. Garner ha scritto una panoramica sulla ricerca sulla rivista del gruppo Pediatrics.


Gli scienziati stanno ancora discutendo come esperienze emotivamente dannose durante l'infanzia possano avere effetti fisici anni dopo, ma ormai è abbastanza ben assodato che lo fanno. Gli eventi avversi nell'infanzia sono stati collegati a molte tra le malattie croniche più diffuse e costose, che guastano gli esiti di salute negli Stati Uniti.


Queste includono asma, obesità, diabete di tipo 2, sindrome metabolica, malattie cardiovascolari, emicranie, malattie autoimmuni, e sindromi da dolore e stanchezza cronica. I rischi di broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e cancro ai polmoni sono più alti nelle persone con esperienze avverse nell'infanzia, anche se il fumo è esplicitamente tenuto fuori.


"E' sempre più importante, perché ora c'è un'abbondanza di prove da molti tipi diversi di studi che mostrano gli stessi schemi più e più volte, che le avversità infantili sono un predittore efficace e potente degli esiti di salute più tardi nella vita", ha detto Katie McLaughlin PhD, psicologa dell'Università di Washington di Seattle.


La questione è come queste scoperte cambieranno il modo in cui prevenire, diagnosticare e curare le malattie e i problemi di salute mentale.

 

Fantasmi nella macchina

Guardando agli eventi avversi, che includono violenza in casa, morti in famiglia e l'abbandono emotivo, gli studi sulle ACE hanno trovato molto di più di questi eventi dannosi di quanto ci si aspettasse. Due terzi dei più di 15.000 partecipanti allo studio hanno avuto almeno un'ACE; 1 su 8 aveva quattro o più ACE. E' con punteggi superiori a quattro che i rischi di malattia diventano pronunciati.


I partecipanti allo studio in genere non erano neppure immaginati come viventi in circostanze pericolose e caotiche. Erano in gran parte ben istruiti e della classe media. Tutti erano assicurati attraverso Kaiser Permanente. Certo, la povertà è un'esperienza avversa. Ma la ricerca sulle avversità dimostra che non è l'unica.


"Abbiamo il materiale: comportamenti sanitari, case depresse. E abbiamo l'immateriale: come sono trattato e la mia risposta fisica a come sono trattato", ha detto Lucy Aphramor PhD, dietista che ha aiutato ad aprire la strada al movimento «Health at Every Size». Quel movimento sostiene, in parte, che fare pressione su pazienti obesi perchè perdano peso aumenta il loro stress, facendo potenzialmente più male che bene.


In un certo senso, esplorare come le avversità diventano "biologicamente incorporate" (come ha detto Garner), dà corpo a quello che i ricercatori avevano già osservato in studi di popolazione. Ad esempio, i medici sanno da tempo che l'obesità, l'asma e le malattie cardiache hanno più prevalenza nelle comunità a basso reddito. Anche il legame tra una storia di traumi psicologici e la sindrome da stanchezza cronica è ampiamente accettata.


"Quello su cui stiamo lavorando è cominciare a capire come le prime esperienze influenzano la salute in seguito, sulla base di ricerche precedenti che suggeriscono che c'è un'associazione. La domanda su cui ci siamo concentrati è: come e perché", ha detto la McLaughlin.


Gli studi sulle avversità l'hanno reso possibile grazie ai progressi in epigenetica (la parte della nostra genetica che prende la gamma di possibilità offerta dai geni e le trasforma in risposte fisiche momento per momento) e in biologia molecolare, che prende in esame i sistemi di comunicazione interni del corpo.


Una mappa del rischio di asma basata sulla ricerca di popolazione metterebbe interi quartieri nella stessa categoria di rischio. L'avversità offre una spiegazione per la variazione del rischio all'interno di quel quartiere; non solo da un caseggiato all'altro o da casa a casa, ma anche da un fratello all'altro nella stessa casa.


Immaginate il corpo umano come un computer che viene preparato per creare un proprio sistema operativo per soddisfare particolari circostanze individuali. Se tali circostanze sono terribili, il corpo costruisce un sistema operativo che è più concentrato su come superare l'oggi e meno concentrato sull'usura del corpo a lungo termine. Più tardi nella vita, lo stress può andare via, ma il sistema operativo rimane.


In uno studio pubblicato la scorsa settimana, la McLaughlin ha scoperto che i bambini che sono cresciuti negli orfanotrofi rumeni istituzionali evidenziano risposte ormonali "tarpate" ad una serie di esperienze stressanti da 10 a 12 anni di età. Ricerche precedenti su animali avevano dimostrato che lo stress cronico inizialmente provoca un diluvio costante di ormoni dello stress. Ma il processo sembra quindi esaurirsi. Nello studio della McLaughlin, i bambini che erano stati trasferiti all'assistenza delle case-famiglia prima dei 2 anni tornavano a risposte normali allo stress, ma quelli che hanno lasciato gli orfanotrofi dopo i 2 anni non l'hanno fatto.


Oppure prendere la malattia di cuore: la nonna di tutti i killer negli Stati Uniti. La maggior parte degli americani potrebbe snocciolare i fattori di rischio: ipertensione, colesterolo alto, grasso corporeo in eccesso, ecc. Ma il contributo che ciascuno di questi può dare alla possibilità di una persona di sviluppare malattie cardiache si misura in numeri a una cifra. "Questo sparisce completamente quando si guarda alle avversità dell'infanzia", ha detto Garner.

 

Un indizio per l'epidemia di obesità?

Lo stress durante i periodi chiave di sviluppo può rinchiudere le risposte disfunzionali. Ma lo stress costante più tardi nella vita può anche rendere il corpo incapace di tornare a una linea di base sana.


Un programma di lavoro frenetico non lo farà, però. Richiede degli stress che travolgono la capacità naturale del corpo di regolare se stesso. I ricercatori chiamano questo "stress tossico". Lo stress tossico è emerso di recente come una parziale spiegazione dell'aumento del diabete di tipo 2 e di altre condizioni metaboliche.


"Questi modelli si collegano tutti ad un certo aspetto della risposta dello stress cronico alla sindrome metabolica", ha dichiarato Alessandro Bartolomucci PhD, professore di biologia e fisiologia integrativa all'Università del Minnesota che studia i topi che hanno perso la battaglia per essere il maschio dominante nella loro gabbia.


Quando i topi dominanti e subordinati ottengono lo stesso cibo, i topi subordinati mettono su più grasso. I topi subordinati, di fronte a più stress, sviluppano anche una insulino-resistenza quando sono alimentati con una dieta ricca di grassi che si avvicina alle moderne abitudini alimentari occidentali. La resistenza all'insulina è un marcatore del pre-diabete.


La Aphramor vede lo stress come un fattore dello sviluppo del pre-diabete o di altri problemi metabolici. "Queste sono cose collegate con ciò di cui di solito incolpiamo l'obesità", ha detto. Ma "quel percorso può avvenire indipendentemente dai comportamenti sanitari". Le pessime scelte sanitarie di vita portano a colesterolo alto e all'insulino-resistenza, e lo stress può causare scelte sbagliate. Ma la linea di correlazione tra le avversità e i problemi legati al peso è in realtà più forte se non consideriamo le scelte di vita, dice la Aphramor.


Le scoperte, come quelle di Bartolomucci, possono spingerci a dire che gli operatori sanitari dovrebbero smettere di far vergognare i pazienti per il loro peso e dovrebbero invece convincerli a concentrarsi su altri parametri di riferimento per la salute, come ad esempio i livelli di glucosio nel sangue.


Essere assillati dal peso, secondo la Aphramor, è una fonte di stress non dissimile dallo "stress da subordinazione" che Bartolomucci studia come causa dei problemi metabolici dei topi. Healthline ha chiesto a Bartolomucci cosa pensasse di questa tesi. "Ci sono chiaramente i componenti di un circolo vizioso", ha detto.

 

Medicina rivoluzionaria?

Ci si può sentire profondamente pessimisti ad immaginare che i bambini che sopravvivono agli abusi e all'abbandono dovranno poi morire di cancro ai polmoni o da malattie cardiache a causa delle loro difficoltà.


Ma gli operatori sanitari impegnati con la ricerca sulle avversità vedono questa nuova visione della malattia come potenzialmente rivoluzionaria. La scienza all'avanguardia lascia il posto a qualcosa di simile alla promozione della giustizia sociale.


"Il modello attuale è: «Cosa c'è che non va? Come posso risolverlo?»", spiega Garner. "Quando si inizia a capire i dati delle ACE, la domanda è: «Che cosa ti è successo?» Questa è una risposta molto diversa. Si innesca una reazione empatica, e direi che è l'inizio della guarigione".


La Aphramor lo mette giù in termini molto simili. "E' un modo completamente diverso di porre domande e anche di stare con la gente. Il rapporto dove entro è molto, molto diverso", ha detto. "Non c'è una gerarchia di oppressione. Voglio raggiungere quel luogo in me stesso e dire «ho avuto un momento difficile e questo non mi impedisce di dare una mano a qualcun altro»".


Le persone possono riprendersi dalla difficoltà se viene data loro la possibilità, insiste la Aphramor, citando la ricerca sui sopravvissuti dei campi di concentramento tedeschi che hanno poi vissuto vite felici e appaganti. "Se le persone vedono il mondo come significativo e gestibile e pensano di essere esseri umani pieni e che vale la pena fare lo sforzo, si può andare avanti a fiorire", ha detto.


Garner vorrebbe vedere i medici fermarsi dal "dare la caccia a tutti questi sintomi e comportamenti non salutari" e invece dirigere i pazienti verso modi migliori di affrontare lo stress. "E' più facile insegnare una alternativa che dire basta: smetti di fumare, smetti di mangiare patatine fritte", ha detto.


Non è chiaro se questi cambiamenti possono avvenire nello studio del medico. Ma l'esplosione di malattie croniche, spesso collegate ad eventi avversi, suggerisce che potrebbe valere la pena di provare. Il solo dire "Mi sento triste" o "Mi sento arrabbiato" sposta le aree del cervello che mostrano un'attività in una macchina di risonanza magnetica, ha detto Garner.


Questa idea ha le sue radici nel Buddismo, ma ha ricevuto una crescente attenzione medica negli ultimi dieci anni. Proprio questa settimana, uno studio pubblicato sulla rivista medica britannica The Lancet ha dimostrato che la consapevolezza è efficace quanto i farmaci nel prevenire le recidive di una depressione grave, che è fortemente correlata con alti punteggi ACE.


Naturalmente la vera difficoltà per le condizioni alimentate dalle avversità è ridurre le avversità che devono affrontare i bambini. "Siamo in grado di fare il lavoro migliore di ottenere l'ambiente giusto la prima volta", ha detto Garner.

 

 

 

 

 


Fonte: Cameron Scott in Healthline (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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