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Studio clinico del farmaco lecanemab per l'Alzheimer sembra promettente

Immagina che il tuo medico ti dica che, nell'ambito del tuo controllo annuale, ti verrà eseguita una scansione del cervello per vedere se stai sviluppando le placche amiloidi che causano il morbo di Alzheimer (MA). La scansione mostra che hai le placche, ma il medico ti dice di non preoccuparti.

Inizierà semplicemente a somministrarti un farmaco 2 volte al mese che rimuoverà le placche amiloidi prima che danneggino il cervello e che impedirà al MA di svilupparsi. Sembra fantascienza? È più vicino di quanto pensi.

 

Un nuovo studio

Uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine (rif.1), e presentato in contemporanea alla conferenza 2022 Clinical Trials on Alzheimer’s Disease, ha scoperto che le persone con MA iniziale che facevano parte del gruppo che ha preso il farmaco sperimentale lecanemab, hanno mostrato su 18 mesi meno declino nella cognizione e della funzione rispetto a quelli del gruppo placebo.

Esaminiamo questo studio per capire cosa implicano i risultati e quale impatto potrebbero avere su di te o su una persona cara in futuro.

 

Come funziona il farmaco?

Il lecanemab (rif.2) è un anticorpo monoclonale progettato in laboratorio per attaccarsi alle protofibrille amiloidi che si raggruppano insieme ad altre sostanze per formare placche nel cervello delle persone con MA. La maggior parte dei ricercatori ritiene che le placche si formino prima e che danneggino le cellule cerebrali, causando la formazione al loro interno dei grovigli di proteina tau che uccidono le cellule. Una volta che il lecanemab si attacca alla placca, entra in funzione il tuo sistema immunitario e rimuove la placca, pensando che sia un invasore esterno.

 

Chi ha tratto benefici dal farmaco?

I 1.795 partecipanti a questo studio avevano il MA precoce, definito come presenza di placche amiloidi nel cervello accertata da una scansione cerebrale o un prelievo lombare, e problemi lievi di memoria nella funzione quotidiana normale (lieve deterioramento cognitivo/MCI) o difficoltà nei compiti quotidiani complicati come il pagamento delle bollette e gli acquisti (demenza lieve).

Dai dati su razza/etnia presentati alla conferenza, la maggior parte dei partecipanti a questo studio mondiale era di razza bianca (76,9%), e la maggior parte degli altri erano asiatici (16,9%) o neri (2,6%); il 12,9% era di origine ispanica. Le percentuali di coloro che si sono identificati come neri e ispanici erano leggermente più alte nei partecipanti arruolati negli USA, rispettivamente 4,5% e 22,5%.

 

Quanto funziona il farmaco?

Il gruppo che ha assunto il farmaco lecanemab ha mostrato meno declino nei valori della funzione quotidiana e della cognizione rispetto al gruppo placebo. La differenza (tra gruppo lecanemab e placebo) nella misura di esito primario era di 0,45 punti su una scala di stato clinico a 18 punti, dove i punteggi da 0,5 a 6 indicano il MA precoce.

Una differenza di 0,45 punti potrebbe non sembrare molto, ma era più grande del loro obiettivo di 0,37 che, secondo gli autori, è una differenza clinicamente significativa per questi pazienti. Un altro modo di vederlo è che il farmaco ha ridotto il calo clinico del 27%.

Oltre a questo valore di esito primario, anche le misure di esito secondarie, che hanno valutato le attività della vita quotidiana e della cognizione, hanno mostrato un calo minore del gruppo lecanemab, rispettivamente del 37% e del 26%.

Il farmaco ha eliminato l'amiloide dal cervello al punto che, se la scansione amiloide fosse stata eseguita per scopi diagnostici, sarebbe stata letta come negativa (cioè che la persona non aveva il MA).

I dati più notevoli dal mio punto di vista sono quelli presentati alla conferenza, secondo cui il lecanemab ha ridotto sia la tau totale (un indicatore del danno complessivo al cervello) sia quella fosforilata (che forma i grovigli nel MA). Questi risultati per amiloide e tau suggeriscono che il lecanemab può, in senso molto reale, ridurre la quantità di patologia di MA che una persona ha nel cervello.

 

Quali sono stati gli effetti collaterali?

Il 44,7% dei partecipanti al gruppo lecanemab ha avuto un evento avverso ritenuto correlato al farmaco studiato, rispetto al 22% del gruppo placebo:

  • il 12,6% del gruppo lecanemab ha sviluppato un gonfiore cerebrale (chiamato ARIA-E) rispetto all'1,7% del gruppo placebo.
  • circa il 14% del gruppo lecanemab ha sviluppato sanguinamento cerebrale rispetto al 7,7% del gruppo placebo (le persone con MA possono sviluppare piccoli sanguinamenti spontanei).
  • Anche il mal di testa era un po' più comune nel gruppo lecanemab (11,1%) rispetto al placebo (8,1%).
  • Il maggiore effetto collaterale è stata una reazione correlata all'infusione, presente nel 26,4% del gruppo lecanemab contro il 7,4% del gruppo placebo. La maggior parte dei partecipanti è stata in grado di continuare le infusioni, così che, nel complesso, solo il 6,9% del gruppo lecanemab ha interrotto il farmaco di studio, rispetto al 2,9% del gruppo placebo.
  • I decessi non erano diversi tra i gruppi; 6 persone sono morte nel gruppo lecanemab e 7 persone nel gruppo placebo. Sebbene sia successo dopo la fine dello studio pubblicato, due pazienti che hanno assunto lecanemab e anticoagulanti sono morti a causa di emorragie cerebrali considerate come dovute al farmaco studiato.

 

Cosa succede ora?

Il farmaco sarà ora esaminato dalla FDA, probabilmente già in gennaio 2023. Se approvato, sarà quindi valutato dal Center for Medicare e Medicaid (assicurazioni sanitarie pubbliche USA), per vedere se Medicare pagherà questo farmaco e le scansioni cerebrali necessarie per confermare la presenza del MA.

 

Cosa riserva il futuro?

Sulla base dei risultati presentati da questo studio e alla conferenza, credo che il trattamento standard del MA cambierà. Se e quando questo farmaco sarà disponibile, discuterò con i miei pazienti che hanno il MA precoce degli effetti collaterali, dei possibili rischi (compresi i sanguinamenti cerebrali) e dei potenziali benefici. Date le due morti recenti, probabilmente consiglierò di usare il lecanemab alle persone che prendono fluidificanti del sangue.

Che dire dello scenario da fantascienza menzionato sopra? Esiste uno studio che sta reclutando individui che hanno placche amiloidi nel cervello, ma nessun sintomo di perdita di memoria, per determinare se il lecanemab può ritardare lo sviluppo del MA o addirittura impedirlo del tutto. Il futuro è quasi qui.

 

 

 


Fonte: Andrew Budson MD (prof. di neurologia Boston University e Harvard) in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:

  1. CH van Dyck, et al. Lecanemab in Early Alzheimer's Disease. N Engl J Med. 29 Nov 2022, DOI
  2. M Shi, et al. Impact of Anti-amyloid-β Monoclonal Antibodies on the Pathology and Clinical Profile of Alzheimer's Disease: A Focus on Aducanumab and Lecanemab. Front Aging Neurosci. Apr 2022, DOI

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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