Un fattore importante della maggior parte delle malattie neurologiche è la degenerazione di una parte filiforme di cellule nervose chiamata «assone», che trasmette elettricamente le informazioni da un neurone all'altro.
I programmi molecolari che sottendono la degenerazione degli assoni sono quindi obiettivi importanti per un intervento terapeutico; l'idea è che se si potessero conservare gli assoni, piuttosto che lasciarli morire nelle malattie, si potrebbe rallentare la perdita di processi critici come il movimento, la parola o la memoria.
Per più di 150 anni, i ricercatori hanno creduto che gli assoni morissero uno indipendentemente dall'altro quando sono feriti in seguito a un trauma, come un ictus o una lesione al cervello o per una malattia neurologica come l'Alzheimer.
Ma un nuovo studio condotto da ricercatori dell'Università della Virginia, apparso nel numero di marzo 20 della rivista Current Biology, sfida questa idea e suggerisce che gli assoni coordinano la distruzione reciproca, contribuendo in tal modo alla degenerazione che rende le malattie neurologiche così devastanti e permanenti.
"Siamo i primi a dimostrare che un recettore noto per trasmettere informazioni dall'esterno della cellula al suo interno è essenziale per la degenerazione degli assoni dopo l'infortunio", ha detto il co-autore Christopher Deppmann, professore all'UVA di biologia, neuroscienze, cellule biologia e ingegneria biomedica. "Questo implica che gli assoni parlano tra loro mentre stanno morendo, e un assone ferito può indurre a morire anche un vicino illeso".
Questo crea un effetto a catena di morte dei neuroni che rende vani gli sforzi per ripristinare la crescita delle cellule sane. Tuttavia, i ricercatori hanno anche scoperto che la spirale di morte può essere rallentata bloccando tale comunicazione con un metodo di laboratorio che potrebbe ispirare terapie farmacologiche per il trattamento della degenerazione patologica degli assoni. Il metodo dimostra che gli assoni danneggiati possono essere conservati almeno 10 volte di più quando si blocca la loro comunicazione con i vicini.
"Questo rappresenta un cambiamento di paradigma nella comprensione dei modi in cui il sistema nervoso è lacerato durante la patologia", ha detto Deppmann. "E apre una possibile nuova strada per sviluppare terapie promettenti per rallentare o fermare gli effetti dell'Alzheimer, dei traumi cerebrali e delle lesioni del midollo spinale".
Deppmann e lo studente laureato Kanchana Gamage, primo autore dello studio, ritengono che la comunicazione del messaggio di morte da un assone l'altro nelle lesioni sia un'attività residuale, "derivata" dal periodo di sviluppo del sistema nervoso, quando gli assoni sono prodotti in eccesso e di conseguenza una comunicazione simile tra assoni elimina i collegamenti impropri o inutili.
Mentre questo processo è essenziale durante lo sviluppo, sembra essere usato in modo anomalo nelle condizioni malate o traumatiche per riattivare e accelerare la degenerazione dei neuroni.
I ricercatori hanno scoperto che gli assoni ricevono il messaggio di morte come segnale chimico attraverso un recettore sulla superficie cellulare chiamato «recettore di morte 6» (death receptor 6). Essi ipotizzano che questo segnale chimico sia rilasciato dall'assone stesso, e attualmente stanno lavorando per identificare questo segnale chimico.
"Conoscendolo, potremo sviluppare un farmaco per malattie come Alzheimer e Parkinson che impedisce ai recettori degli assoni di ricevere il messaggio specifico che porta alla degenerazione", ha detto Gamage. "In quel caso, potremmo rallentare o fermare il danno alle cellule sane. In altre parole, possiamo dire agli assoni di non alzare la cornetta del telefono se dall'altra parte c'è un segnale di degenerazione".
Fonte: University of Virginia via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Kanchana K. Gamage, Irene Cheng, Rachel E. Park, Mardeen S. Karim, Kazusa Edamura, Christopher Hughes, Anthony J. Spano, Alev Erisir, Christopher D. Deppmann. Death Receptor 6 Promotes Wallerian Degeneration in Peripheral Axons. Current Biology, Publication stage: In Press Corrected Proof. DOI: http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2017.01.062
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