Gruppi autorevoli di ricercatori di Alzheimer non sono riusciti a replicare quelli che sembravano risultati rivoluzionari per il trattamento di questa malattia del cervello quando sono stati pubblicati l'anno scorso sulla rivista Science.
Questi risultati, presentati online il 9 Febbraio 2012, suggerivano che il farmaco bexarotene (nome commerciale Targretin®) potrebbe invertire rapidamente l'accumulo di placche di amiloide-beta (Aβ) - una caratteristica patologica dell'Alzheimer - nel cervello dei topi.
Secondo gli autori del rapporto del 2012, il trattamento farmacologico ha rimosso rapidamente la maggior parte delle placche e portato una rapida inversione dei deficit patologici, cognitivi e della memoria legati alla comparsa dell'Alzheimer.
Tuttavia, nuovi rapporti da studi intensi e accuratamente controllati non hanno mostrato alcuna riduzione del numero di placche o dell'area totale occupata dalle placche durante o dopo il trattamento. Questi risultati sono descritti in tre "commenti tecnici" (uno dei quali proviene da ricercatori dell'Università di Chicago, della Northwestern University, del Massachusetts General Hospital, della Washington University di St. Louis e dell'Università di Tubinga in Germania) pubblicati nel numero di oggi 24 Maggio 2013 di Science.
"Il farmaco non ha alcun impatto sul carico di placca in tre ceppi che presentano amiloidosi Aβ", dice il commento di quel gruppo. "Non siamo riusciti a dare sostegno ai precedenti risultati di Cramer et al secondo i quali il Targretin è efficace nel ridurre il carico di placca in modelli di deposizione cerebrale di Aβ di topi transgenici". Il coautore del commento Sangram Sisodia, PhD, professore di neuroscienze dell'Università di Chicago, ha detto che lui ed i suoi colleghi si erano sentiti incuriositi dal rapporto iniziale nel 2012. "Eravamo sorpresi ed entusiasti, anche storditi, quando abbiamo visto questi risultati presentati in una piccola conferenza", ha detto Sisodia.
I ricercatori non hanno trovato effetti sul carico di placca in tre diversi ceppi di topi che sono stati trattati con bexarotene. La discrepanza, oltre ad essere deludente, solleva anche preoccupazioni per la sicurezza dei pazienti. La Food and Drug Administration ha approvato il bexarotene nel dicembre 1999 per un uso molto specifico: il trattamento del linfoma cutaneo a cellule T refrattario, un tipo di cancro della pelle. Una volta approvato, il farmaco è diventato legalmente prescrivibile per usi "off-label" [=diversi da quelli dell'approvazione].
"Abbiamo tutti sentito episodi di medici che stanno curando i loro pazienti di Alzheimer con il bexarotene, un farmaco anti-cancro con gravi effetti collaterali", dice il co-autore Robert Vassar, PhD, professore di biologia cellulare e molecolare alla School of Medicine Feinberg della Northwestern University. "Questa pratica dovrebbe essere terminata immediatamente, dato il fallimento di tre gruppi di ricerca indipendenti nel replicare gli effetti di abbassamento della placca del bexarotene".
Il bexarotene non è mai stato testato come trattamento per l'Alzheimer negli esseri umani, neppure per determinare la dose ottimale o la durata del trattamento. Questo farmaco ha effetti collaterali significativi, comprese anomalie gravi dei lipidi nel sangue, pancreatite, alterazioni dei test di funzionalità epatica, alterazioni dell'asse della tiroide, leucopenia, mal di testa, stanchezza, aumento di peso, depressione, nausea, vomito, costipazione e irritazione cutanea.
Le altre due osservazioni tecniche provengono da gruppi di ricerca guidati da Kevin Felsenstein, Todd Golde, David Borchelt e colleghi dell'Università della Florida e da Bart Destrooper e colleghi dell'Università di Leuven, Belgio.
Non esiste una cura o un trattamento efficace per l'Alzheimer, che è un tipo di demenza progressiva che si verifica quando muoiono le cellule nervose nel cervello. Quando l'Alzheimer è stato identificato nel 1906, era considerata una malattia rara. Oggi, l'Alzheimer è la causa più comune di demenza. Si stima che 5,3 milioni di americani hanno la malattia.
Questo lavoro è stato finanziato dal Cure Alzheimer's Fund. Ulteriori autori includono Karthikeyan Veeraraghavalu della University of Chicago, Rudolph Tanzi, Can Zhang e Sean Miller del Massachusetts General Hospital; Jasmin K. Hefendehl e Mathias Jucker dell'Università di Tubinga; Tharinda W. Rajapaksha e Robert Vassar della School of Medicine Feinberg della Northwestern University, e Jason Ulrich e David M. Holtzman alla Scuola di Medicina dell'Università di Washington.
Fonte: University of Chicago Medical Center, via Newswise.
Riferimento: K. Veeraraghavalu, C. Zhang, S. Miller, J. K. Hefendehl, T. W. Rajapaksha, J. Ulrich, M. Jucker, D. M. Holtzman, R. E. Tanzi, R. Vassar, S. S. Sisodia. Comment on "AβoE-Directed Therapeutics Rapidly Clear -Amyloid and Reverse Deficits in AD Mouse Models". Science, 2013; 340 (6135): 924 DOI: 10.1126/science.1235505
Pubblicato in Science Daily il 23 Maggio 2013 (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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