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Alzheimer, i benefici della presenza di un cane: i risultati in uno studio italiano

Ricerca di un gruppo di lavoro multidisciplinare coordinato dall’Università di Parma pubblicato sulla rivista internazionale Animals.

Parma, 11 giugno 2021 - La presenza di un cane, indipendentemente dalla taglia e dalla razza, stimola le persone con il morbo di Alzheimer (MA) a interagire riducendo il loro isolamento sociale e la solitudine: lo dice uno studio realizzato da un gruppo di lavoro multidisciplinare coadiuvato da Fausto Quintavalla, docente del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Università di Parma e pubblicato sulla rivista internazionale Animals.


La ricerca, compiuta dal gruppo composto dai docenti dell’Ateneo Giuseppina Basini, Alberto Sabbioni (Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie) e Paolo Caffarra (Dipartimento di Medicina e Chirurgia), dalla psicologa Diana Spinelli e dai medici veterinari esperti in medicina comportamentale e approccio cognitivo zooantropologico Simona Cao e Fiammetta M. Rossi, ha coinvolto 30 pazienti con MA e 3 cani coterapeuti.


Nell'arco di 12 settimane tutte le persone hanno partecipato a un totale di 24 sessioni di interventi assistiti da animali (AAI), utilizzando diversi test di valutazione: Mini‐Mental State Examination (MMSE), Questionario sul Benessere e l’invecchiamento (BEN), facente parte del portfolio BAC-Benessere e Abilità Cognitive nell’età adulta e avanzata, e Alzheimer’s Disease Assessment Scale (ADAS). Un secondo gruppo composto da 10 persone con la medesima malattia ha effettuato gli stessi test di valutazione ma senza avere la possibilità di entrare in contatto con i cani.


Le persone che hanno avuto la possibilità di giovarsi della presenza del cane hanno ottenuto un miglioramento complessivo del proprio stato di benessere percepito, anche sul piano cognitivo e mnemonico. Ne consegue che gli interventi assistiti dagli animali contribuiscono al miglioramento del benessere sociale e globale. La presenza di un cane, indipendentemente dalla taglia e dalla razza, stimola le persone con MA ad interagire riducendo il loro isolamento sociale e la solitudine.


Tuttavia, due mesi dopo la fine delle sessioni con gli animali, i benefici dell’intervento tendono a diminuire progressivamente, suggerendo quindi la necessità di interventi prolungati nel tempo e correlati alla presenza dell’animale in modo costante nella routine dei pazienti.


Il MA è la causa più comune di demenza nell'uomo. È stato stimato che in Italia, nel 2020, c'erano oltre 500.000 casi di demenza. La malattia è preceduta da un decadimento cognitivo lieve caratterizzato da una normale attività quotidiana.  Con il progredire della malattia, i sintomi diventano più gravi, coinvolgendo nella gestione di questi pazienti anche i loro famigliari (i cosiddetti 'caregiver'), stravolgendone la vita per l’aumento del carico nella loro gestione quotidiana. Oltre a influenzare la memoria e altre funzioni cognitive (come pensiero, abilità linguistiche, orientamento, ecc.), sono presenti anche sintomi comportamentali e psicologici (apatia, agitazione, aggressività, ansia, insonnia, ecc.).


La ricerca farmacologica sta impiegando molte risorse per trovare una terapia efficace. La FDA ha approvato l’uso di un anticorpo monoclonale per il trattamento della malattia, anche se occorrerà attendere l’osservazione sul campo per valutarne la reale efficacia. Ne consegue che il trattamento dei pazienti con MA è multidisciplinare, ampiamente basato su approcci psicologici e riabilitativi per ritardare la progressiva perdita di funzionalità e mantenere le capacità cognitive residue dei pazienti e la qualità della vita.


Le terapie complementari stanno diventando sempre più popolari, integrandosi con le terapie farmacologiche tradizionali. Tra queste terapie integrative, gli interventi assistiti da animali (AAI) hanno un ruolo importante. Addirittura, per quanto riguarda il trattamento del MA, nella letteratura scientifica sono disponibili diversi casi di studio che coinvolgono sia cani reali che animali domestici robotici.


Di certo, per le caratteristiche etologiche che li contraddistinguono, i cani (quelli “veri”) non solo imparano attraverso il gioco, proprio come i bambini, ma sono inclini a stabilire relazioni, comunicazioni e interazioni attive con gli esseri umani sia sani sia malati.

 

 

 


Fonte: Università di Parma

Riferimenti: Fausto Quintavalla, Simona Cao, Diana Spinelli, Paolo Caffarra, Fiammetta Rossi, Giuseppina Basini and Alberto Sabbioni. Effects of Dog‐Assisted Therapies on Cognitive Mnemonic Capabilities in People Affected by Alzheimer’s Disease. Animals, 11 May 2021, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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