Un'iniezione una tantum di una terapia sperimentale con cellule staminali può riparare il danno cerebrale e migliorare le funzioni della memoria dei topi con condizioni che replicano ictus e demenza umani, secondo i risultati di un nuovo studio eseguito all'UCLA.
La demenza può derivare da diverse condizioni, ed è caratterizzata da una serie di sintomi che comprendono problemi con la memoria, l'attenzione, la comunicazione e il coordinamento fisico. Le due cause più comuni di demenza sono il morbo di Alzheimer e gli ictus nella materia bianca, piccoli sanguinamenti che si accumulano nelle aree dei collegamenti del cervello.
"È un ciclo vizioso: le due cause principali della demenza sono quasi sempre presenti insieme e ognuna accelera l'altra", ha detto il dott. S. Thomas Carmichael, autore senior dello studio e direttore ad interim del Centro Medicina Rigenerativa e Ricerca Cellule Staminali dell'UCLA. Circa 5 milioni di americani hanno la demenza, "e con la popolazione che invecchia, quel numero sta per salire alle stelle".
Attualmente, non ci sono terapie in grado di fermare la progressione degli ictus della materia bianca o migliorare la capacità limitata del cervello di ripararsi dopo che si verificano. Il nuovo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, identifica una terapia cellulare che può fermare il danno progressivo causato dalla malattia e stimolare i processi di riparazione del cervello.
Le cellule usate nella terapia sono un tipo specializzato di cellule gliali, che circondano e supportano i neuroni nel sistema nervoso centrale. Carmichael e i suoi collaboratori hanno valutato gli effetti della loro terapia cellulare gliale iniettandola nel cervello dei topi con un danno cerebrale simile a quello degli esseri umani nelle fasi iniziali/medie della demenza.
"Dopo l'iniezione, la nostra terapia cellulare ha viaggiato verso le aree danneggiate del cervello e hanno secreto sostanze chimiche, chiamate fattori di crescita, che hanno stimolato le cellule staminali del cervello a lanciare una risposta di riparazione", ha affermato la dott.ssa Irene Llorente, prima autrice dello studio, assistente professoressa di ricerca in neurologia all'UCLA.
L'attivazione del processo di riparazione non ha solo limitato la progressione del danno, ma ha anche migliorato la formazione di nuove connessioni neurali e ha aumentato la produzione di mielina, una sostanza grassa che copre e protegge le connessioni.
"Capire il ruolo delle glia nel riparare il danno alla materia bianca è un'area critica importante della ricerca, che deve essere esplorata", ha dichiarato Francesca Bosetti, direttrice di programma al National Institute of Neurological Disorders and Stroke, che ha supportato lo studio. "Questi risultati preliminari suggeriscono che le terapie basate su cellule gliali possono aiutare un giorno a combattere i danni alla materia bianca, dei quali soffrono molti pazienti con ictus e demenza vascolare ogni anno".
La terapia è stata sviluppata in collaborazione con Bill Lowry, professore di biologia molecolare, cellulare e di sviluppo dell'UCLA. Il team ha usato un metodo, scoperto in precedenza da Lowry, per produrre rapidamente un gran numero di cellule gliali, trattando cellule staminali pluripotenti indotte dall'uomo con un farmaco chiamato deferoxamina. Le cellule staminali pluripotenti indotte sono derivate da cellule della pelle o del sangue che sono state riprogrammate in uno stato simile a una cellula staminale embrionale, da cui gli scienziati possono ottenere una fornitura illimitata di qualsiasi tipo di cellula.
In futuro, se la terapia si dimostrerà sicura ed efficace in studi clinici nell'uomo, i ricercatori immaginano che possa diventare un prodotto 'preconfezionato', con le cellule prodotte in massa, congelate e spedite agli ospedali, dove potrebbero essere usate come terapia una tantum per le persone con i primi segni di ictus della materia bianca.
Ciò permetterebbe di avere un trattamento separato dalle terapie cellulari specifiche per paziente, che vengono create usando le cellule da ogni singolo individuo. Mentre le terapie cellulari specifiche del paziente sono attraenti perché non richiedono ai pazienti di prendere farmaci per evitare che il loro sistema immunitario respinga le cellule trapiantate, sono però costose e possono richiedere settimane o mesi per essere prodotte.
"Il danno dell'ictus alla materia bianca è progressivo, quindi non hai a disposizione mesi per aspettare il trattamento per ogni paziente", ha dichiarato Carmichael, che è anche presidente di neurologia dell'UCLA. "Se puoi avere un trattamento già pronto nel freezer, durante la finestra di tempo in cui potrebbe essere più efficace, questa è un'opzione molto migliore".
Il cervello è un bersaglio particolarmente buono per terapie cellulari standard, perché l'attività immunitaria nel cervello è altamente controllata. Quella caratteristica, nota come privilegio immunitario, consente alle cellule o ai tessuti del donatore, che verrebbero respinti da altre parti del corpo, di sopravvivere per periodi prolungati, anche indefiniti.
È interessante notare che i ricercatori hanno scoperto che, anche dopo avere eliminato le cellule iniettate pochi mesi dopo essere state trapiantate, il recupero dei topi non ne era influenzato. Questo perché la terapia serve principalmente come una chiamata alla sveglia per stimolare i processi di riparazione del cervello.
"Poiché la terapia cellulare non ripara direttamente il cervello, non è necessario fare affidamento sulla persistenza delle cellule trapiantate perché il trattamento abbia successo", ha detto Carmichael.
Il team sta ora conducendo gli studi aggiuntivi necessari per richiedere alla FDA il permesso di testare la terapia in uno studio clinico negli esseri umani.
Fonte: University of California Los Angeles (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Irene Llorente, Yuan Xie, Jose Mazzitelli, Emily Hatanaka, Jessica Cinkornpumin, David Miller, Ying Lin, William Lowry, Thomas Carmichael. Patient-derived glial enriched progenitors repair functional deficits due to white matter stroke and vascular dementia in rodents. Science Translational Medicine 21 Apr 2021, DOI
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