Quando richiamiamo un ricordo, recuperiamo dettagli specifici su dove, quando, con chi. Ma spesso sperimentiamo anche una vivida sensazione di ricordare l'evento, a volte quasi lo riviviamo. I ricercatori della memoria chiamano questi processi rispettivamente memoria oggettiva e soggettiva.
Un nuovo studio dell'Università della California di Davis mostra che la memoria oggettiva e quella soggettiva possono funzionare in modo indipendente e coinvolgere diverse parti del cervello, e che le persone fondano le loro decisioni sulla memoria soggettiva - come si sentono in relazione al ricordo - più che sulla sua precisione.
Simona Ghetti, professoressa nel Dipartimento di Psicologia e del Centro Mente e Cervello della UC Davis, coautrice senior del lavoro pubblicato dal 9 marzo su eLife, ha dichiarato:
"Lo studio distingue tra quanto bene ricordiamo e quanto bene pensiamo di ricordare, e dimostra che il processo decisionale dipende principalmente dalla valutazione soggettiva dell'evidenza di memoria".
La ricercatrice post-dottorato Yana Fandakova, ora ricercatrice al Max Planck Institute for Human Development di Berlino, il dottorando Elliott Johnson e la Ghetti hanno testato la memoria oggettiva e quella soggettiva. Dopo aver mostrato a dei volontari una serie di immagini di oggetti comuni, i ricercatori hanno mostrato loro coppie di immagini e hanno chiesto loro di determinare quale delle due avevano visto prima. Ai volontari è stato chiesto di valutare il ricordo come 'richiamato', se lo avevano sperimentato come vivido e dettagliato, o come 'familiare' se avevano sentito che la memoria mancava di dettagli.
In alcuni dei test, le coppie di immagini includevano l'immagine puntata e una simile dello stesso oggetto. In altri, l'obiettivo veniva mostrato con un'immagine non correlata dallo stesso set originale. Ad esempio, una sedia poteva essere mostrata con un'altra sedia vista da un angolo diverso o con una mela.
Questo progetto di esperimento ha permesso ai ricercatori di valutare la memoria oggettiva dal modo in cui i volontari ricordavano di avere visto in precedenza un'immagine e la memoria soggettiva dal modo in cui hanno valutato il proprio ricordo come richiamato vividamente o semplicemente familiare.
Infine, i partecipanti sono stati invitati a selezionare quali immagini tenere e quali scartare, assegnandole a uno scrigno del tesoro o un cestino dell'immondizia. La squadra ha anche usato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per misurare l'attività cerebrale durante questo compito.
Dare un punteggio alla memoria soggettiva e oggettiva
I risultati hanno mostrato livelli più elevati di memoria oggettiva quando i partecipanti sono stati testati con coppie di immagini simili. Ma le persone erano più propense a dichiarare di ricordare vividamente quando vedevano coppie di immagini dissimili.
I partecipanti avevano maggiori probabilità di basare la loro decisione se tenere o gettare un'immagine sul modo in cui si sentivano su un ricordo piuttosto che sulla sua accuratezza oggettiva.
Per fare un esempio del mondo reale, una persona potrebbe avere il ricordo vivido di aver partecipato a un evento con gli amici. Alcuni dei dettagli effettivi di quel ricordo potrebbero essere un po' sfumati, ma possono sentire che è un ricordo vivido, quindi potrebbero decidere di uscire di nuovo con le stesse persone (dopo la pandemia).
Dall'altra parte, se qualcuno ha imparato a usare utensili elettrici simili facendo a volte lavori in casa, i suoi ricordi su tali oggetti possono essere piuttosto specifici.
"Ma potresti ancora sentire che non stai ricordando vividamente, perché sei incerto se stai ricordando la procedura giusta per lo strumento giusto. Quindi, potresti finire per chiedere aiuto invece di affidarti alla tua memoria", ha detto la Ghetti.
I dati fMRI hanno mostrato che la memoria oggettiva e quella soggettiva reclutano regioni corticali distinte in quelle parietali e prefrontali. Le regioni coinvolte nelle esperienze soggettive erano coinvolte anche nel processo decisionale, rafforzando la connessione tra i due processi.
"Comprendendo come il nostro cervello dà origine a ricordi soggettivi vividi e a decisioni sulla memoria, stiamo facendo un passo avanti per capire come impariamo a valutare l'evidenza della memoria per prendere decisioni efficaci in futuro", ha detto la Fandakova.
Fonte: Andy Fell in University of California - Davis (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Yana Fandakova, Elliott Johnson, Simona Ghetti. Distinct neural mechanisms underlie subjective and objective recollection and guide memory-based decision making. eLife, 2021, DOI
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