Un nuovo studio pubblicato oggi su Neuron, guidato da Valentina Fossati PhD, del Research Institute della New York Stem Cell Foundation (NYSCF), ha creato astrociti - una cellula di supporto integrale del cervello - da cellule staminali e mostra che in ambienti di tipo malattia, questi cellule normalmente utili possono trasformarsi in uccisori di neuroni.
“Ora che siamo in grado di creare questo tipo di cellule cruciali del cervello dalle cellule staminali di ogni individuo, e di catturare i suoi comportamenti erranti, possiamo capire meglio il suo ruolo nelle malattie come la sclerosi multipla, il Parkinson e il morbo di Alzheimer (MA)”, ha osservato Susan L. Solomon, CEO della NYSCF. “Questo getta nuova luce sul devastante processo di neurodegenerazione, facendoci puntare verso trattamenti efficaci per questo gruppo crescente di pazienti”.
Creare astrociti da cellule staminali
Gli astrociti, le cellule a forma di stella che compongono più della metà delle cellule del sistema nervoso centrale, appartengono a una categoria di cellule cerebrali chiamate glia, che forniscono supporto vitale ai neuroni nel cervello. Gli astrociti, tra gli altri compiti, aiutano nei processi metabolici, regolano la connettività dei circuiti cerebrali, partecipano alla segnalazione infiammatoria, e aiutano a regolare il flusso di sangue attraverso la barriera emato-encefalica. Essi sono una componente fondamentale della funzione del cervello, ma sono spesso trascurati nella ricerca e nello sviluppo di farmaci, anche se sempre più evidenze li implicano in molte malattie neurologiche.
La maggior parte degli studi sugli astrociti sono stati condotti in topi modello, ma è stato dimostrato che gli astrociti di topo non sono proprio uguali a quelli umani. Questo significa che molti aspetti della funzione degli astrociti umani, tra cui alcuni comportamenti che possono essere rilevanti per la malattia, non sono completamente catturati dai topi modello.
“Il campo aveva bisogno di un metodo affidabile per produrre astrociti umani da cellule staminali, in modo da poter studiare meglio il modo in cui possono contribuire alle malattie neurodegenerative”, ha spiegato la dott.ssa Fossati, ricercatrice senior dell'Istituto di Ricerca della NYSCF. “In precedenza, i farmaci falliti non puntavano specificamente gli astrociti. Ora, possiamo identificare farmaci che puntano i malfunzionamenti degli astrociti, usando le cellule del paziente”.
Il gruppo della dott.ssa Fossati ha usato i suoi protocolli precedentemente pubblicati per convertire cellule staminali in cellule gliali, come le microglia (cellule immunitarie del cervello) e gli oligodendrociti (cellule che aiutano nella comunicazione neuronale), per identificare un marcatore, la proteina CD49f, che si esprime negli astrociti e può essere usata per isolarli da popolazioni di cellule miste in un piatto di laboratorio o nel cervello umano, facilitando la ricerca a valle.
“Siamo stati entusiasti di vedere che i nostri astrociti derivati da cellule staminali isolate con CD49f, si comportavano proprio come gli astrociti tipici: assorbendo glutammato, rispondendo all'infiammazione, impegnandosi nella fagocitosi (come 'mangiare cellule') e incoraggiando modelli di sparo maturi e connessioni nei neuroni”, ha detto la dott.ssa Fossati.
Il team ha anche confermato che la CD49f è presente negli astrociti del tessuto cerebrale umano: “Abbiamo esaminato campioni di tessuto cerebrale umano sia di un donatore sano che di un paziente con MA e abbiamo scoperto che anche questi astrociti esprimono la CD49f, suggerendo che questa proteina è un indicatore affidabile dell'identità degli astrociti, sia nella salute che nella malattia”.
Quando gli astrociti diventano canaglia
Armato di un protocollo per la creazione di astrociti funzionali da cellule staminali, il team ha poi rivolto la sua attenzione al modo in cui questi astrociti cominciano a comportarsi, male, nella malattia. Un lavoro recente di Shane Liddelow PhD, assistente professore di neuroscienze, fisiologia e oftalmologia alla New York University (NYU), collaboratore dello studio, ha scoperto che gli astrociti possono ‘farsi canaglia’, diventando tossici per i neuroni che di norma supportano.
“Abbiamo osservato nei topi che gli astrociti in ambienti infiammatori assumono uno stato reattivo, attaccano realmente i neuroni piuttosto che supportarli”, ha spiegato il dott. Liddelow, alla NYU. “Abbiamo trovato prove di astrociti reattivi nel cervello di pazienti affetti da malattie neurodegenerative, ma senza un modello di cellule staminali umane, non è stato possibile capire come si erano creati e cosa stavano facendo nel cervello del paziente”.
La dott.ssa Fossati ha cercato di usare il suo modello di cellule staminali umane per determinare se quello che il dott. Liddelow aveva osservato nei topi potrebbe accadere anche negli esseri umani. Il suo team ha esposto all'infiammazione astrociti sani derivati da cellule staminali (imitando essenzialmente l'ambiente delle malattie neurodegenerative nel cervello), ha raccolto i loro sottoprodotti, e quindi ha esposto queste secrezioni a neuroni sani.
“Quello che abbiamo visto nel piatto ha confermato ciò che il dott. Liddelow ha visto nei topi: i neuroni hanno cominciato a morire”, ha detto la dott.ssa Fossati. “Osservare questo fenomeno di 'astrociti canaglia' in un modello umano della malattia suggerisce che potrebbe accadere nei pazienti reali e apre la porta a nuove terapie che intervengono in questo processo”.
Il team ha anche visto che gli astrociti derivati da cellule staminali, esposti all'infiammazione hanno perso le loro funzioni tipiche di astrociti: non supportano bene la maturazione dei neuroni o il loro 'sparo', e non assorbono tanto il glutammato. Hanno anche cambiato la loro morfologia, perdendo le loro ‘lunghe braccia’ caratteristiche e assumendo una forma a stella più contenuta.
“Oltre a secernere una tossina che uccide i neuroni, abbiamo visto anche che gli astrociti derivati da cellule staminali, nell'ambiente di tipo malattia semplicemente non svolgono il proprio lavoro tipico, e ciò potrebbe portare a una disfunzione neuronale”, ha osservato la dott.ssa Fossati. “Per esempio, dal momento che non assorbono correttamente il glutammato, è probabile che lascino troppo glutammato attorno ai neuroni, che potrebbe indurre un neurone ad atrofizzarsi, una cosa che si può potenzialmente puntare con nuove terapie”.
Nel complesso, questi risultati aprono nuove emozionanti percorsi di studio e forniscono ai ricercatori un nuovo sistema per esplorare i meccanismi della malattia: “Non vedo l'ora di usare il nostro nuovo sistema per esplorare ulteriormente la complessità della funzione degli astrociti nel MA, nella sclerosi multipla, nel Parkinson e in altre malattie”, ha osservato la dott.ssa Fossati. “Abbiamo già visto comportamenti intriganti che possono spiegare come avviene la neurodegenerazione, e ho fiducia che questo lavoro ci indicherà nuove opportunità di trattamento per questi pazienti”.
Fonte: New York Stem Cell Foundation (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Lilianne Barbar, Tanya Jain, Matthew Zimmer, Ilya Kruglikov, Jessica Sadick, Minghui Wang, Kriti Kalpana, Indigo V.L. Rose, Suzanne R. Burstein, Tomasz Rusielewicz, Madhura Nijsure, Kevin A Guttenplan, Angelique di Domenico, Gist Croft, Bin Zhang, Hiroko Nobuta, Jean M. Hébert, Shane A. Liddelow, Valentina Fossati. CD49f Is a Novel Marker of Functional and Reactive Human iPSC-Derived Astrocytes. Neuron. 1 June 2020, DOI
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