Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Un cervello più grande ha prestazioni migliori?

Avere alcune parti del cervello più grandi non implica necessariamente avere una migliore memoria. Secondo un nuovo studio condotto alla Michigan State University, un ippocampo più grande (una struttura curva a forma di cavalluccio marino incorporata in profondità nel cervello) non predice sempre in modo affidabile la capacità di apprendimento e di memoria negli anziani.


È normale che l'ippocampo si riduca con l'età, ma questa riduzione è molto più pronunciata nelle persone con lieve decadimento cognitivo o con morbo di Alzheimer (MA). Gli scienziati hanno creduto per molto tempo che un ippocampo più grande equivalesse a una memoria migliore, fino a quando uno studio del 2004 ha dimostrato che la sua dimensione non sempre è rilevante per la memoria degli anziani.


Ma solo ora stiamo iniziando a capire perché. Questo ultimo studio, pubblicato online sulla rivista Cerebral Cortex, mostra che la dimensione o il volume dell'ippocampo è soltanto un indicatore significativo dell'apprendimento per le persone anziane con materia bianca limbica più intatta, i circuiti neurali che collegano l'ippocampo al resto del cervello.


“I nostri risultati evidenziano la necessità di misurare non solo la dimensione dell'ippocampo, ma anche la qualità dei suoi collegamenti con il resto del cervello, quando analizziamo i marcatori fisici del declino della memoria negli anziani”, ha detto Andrew Bender, primo autore dello studio e assistente professore di epidemiologia, biostatistica, neurologia e oftalmologia alla Facoltà di Medicina Umana della MSU.


Lo studio ha potenziali implicazioni per la diagnosi precoce dei disturbi della memoria legati all'invecchiamento, come il MA. Alcuni anziani, le cui scansioni del cervello mostrano un ippocampo più grande (forse a causa di livelli più alti di istruzione, attività fisica, o di impegno sociale e cognitivo), potrebbero avere un declino cognitivo trascurato o male interpretato se i medici non considerano anche la loro connettività della sostanza bianca.


Bender, e i colleghi della Harvard University, dell'Accademia Ungherese delle Scienze e dell'Istituto Max Planck per lo Sviluppo Umano, hanno analizzato due diversi tipi di scansioni cerebrali MRI: una che aveva valutato le dimensioni dell'ippocampo e un'altra che aveva valutato i circuiti della sostanza bianca che collegano l'ippocampo con altre regioni cerebrali coinvolte nell'apprendimento. Le scansioni provenivano da più di 330 anziani che fanno parte del Berlin Aging Study-II (BASE-II), una grande indagine sull'invecchiamento della popolazione in Germania.


I partecipanti al BASE-II avevano anche fatto dei test su apprendimento e memoria in cui hanno sentito una lista di 15 parole e ne hanno poi dovuto registrare il maggior numero che potevano ricordare. Ogni partecipante ha ripetuto 5 volte la stessa identica prova per misurare quanto imparava attraverso la ripetizione.


Bender e colleghi hanno poi analizzato il rapporto tra velocità di apprendimento dei partecipanti e le dimensioni del loro ippocampo e la struttura della materia bianca. Essi hanno riferito che l'apprendimento più veloce è stato trovato solo negli anziani che avevano sia un ippocampo più grande, sia circuiti più uniformi nella materia bianca che lo collegava ad altre parti del cervello.


“I nostri risultati rafforzano una crescente visione che studiare i cambiamenti legati all'età nell'apprendimento e nella memoria con una prospettiva di sistema appare molto più informativo per capire i diversi modelli del cervello e del declino cognitivo rispetto a concentrarsi su ogni singola regione del cervello”, ha detto Bender.


Per il seguito, lui e i suoi colleghi hanno in programma di analizzare i nuovi dati del BASE-II, dei partecipanti che sono tornati per un secondo turno di scansioni cerebrali e test di richiamo della memoria da due a tre anni dopo la prima visita.


“Seguendo le persone nel tempo”, ha detto Bender, “possiamo vedere se c'è un reale cambiamento nella struttura del cervello degli anziani e se questo è collegato ai cali osservabili nell'apprendimento e nella memoria”.

 

 

 


Fonte: Nancy Averett in Michigan State University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Andrew Bender, Andreas Brandmaier, Sandra Düzel, Attila Keresztes, Ofer Pasternak, Ulman Lindenberger, Simone Kühn. Hippocampal subfields and limbic white matter jointly predict learning rate in older adults. Cerebral Cortex, 2019, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Flusso del fluido cerebrale può essere manipolato dalla stimolazione sensorial…

11.04.2023 | Ricerche

Ricercatori della Boston University, negli Stati Uniti, riferiscono che il flusso di liq...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Molecola 'anticongelante' può impedire all'amiloide di formare …

27.06.2018 | Ricerche

La chiave per migliorare i trattamenti per le lesioni e le malattie cerebrali può essere nelle mo...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)