Un nuovo personaggio è salito sul palco nella storia dell'invecchiamento umano: l'eccitazione neurale.
L'attività neurale del cervello, da tempo implicata in disturbi che vanno dalla demenza all'epilessia, ha un ruolo nell'invecchiamento umano e nella durata della vita, secondo una ricerca condotta da scienziati dell'Istituto Blavatnik alla Università di Harvard.
Lo studio, pubblicato il 16 ottobre su Nature, si basa su scoperte fatte in cervelli umani, topi e vermi e suggerisce che l'eccessiva attività del cervello è legata a una durata più breve della vita, mentre sopprimere tale iperattività allunga la vita.
I risultati offrono la prima prova che l'attività del sistema nervoso influisce sulla longevità umana. Anche se gli studi precedenti avevano suggerito che parti del sistema nervoso influenzano l'invecchiamento degli animali, il ruolo dell'attività neurale durante l'invecchiamento, in particolare negli esseri umani, è rimasto nebuloso.
“Un aspetto interessante dei nostri risultati è che una cosa transitoria, come lo stato di attività dei circuiti neurali, potrebbe avere conseguenze di così vasta portata per la fisiologia e la durata della vita”, ha detto l'autore senior dello studio Bruce Yankner, professore di genetica di Harvard e condirettore del Paul F. Glenn Center for the Biology of Aging.
L'eccitazione neurale sembra agire lungo una catena di eventi molecolari famosa per influenzare la longevità: li percorso di segnalazione dell'insulina e del fattore di crescita di tipo insulinico (IGF, insulin-like growth factor).
La chiave di questa cascata di segnalazione sembra essere una proteina chiamata REST, che il laboratorio di Yankner ha in precedenza dimostrato proteggere il cervello che invecchia dalla demenza e da altri fattori di stress.
L'attività neurale è il costante fluire di correnti elettriche e di trasmissioni nel cervello. L'attività eccessiva, o eccitazione, potrebbe manifestarsi in molti modi, da uno spasmo muscolare, ad un cambiamento di umore o di pensiero, hanno detto gli autori. Non è ancora chiaro dallo studio se e come pensieri, personalità o comportamento di una persona influenzano la sua longevità: "Un'area interessante per la ricerca futura sarà determinare come questi risultati si collegano a tali funzioni superiori del cervello umano“, ha detto Yankner.
Lo studio potrebbe favorire la progettazione di nuove terapie per le condizioni che coinvolgono l'iperattività neurale, come l'Alzheimer e il disturbo bipolare, hanno detto i ricercatori. I risultati sollevano la possibilità che alcuni farmaci, come quelli che puntano la REST, o certi comportamenti, come la meditazione, potrebbero estendere la durata della vita modulando l'attività neurale.
La variabilità umana nell'attività neurale potrebbe avere cause sia genetiche che ambientali, suggerendo così diverse strade future per un intervento terapeutico, ha detto Yankner.
Tutte le strade portano alla REST
Yankner e colleghi hanno iniziato la loro indagine, analizzando i modelli di espressione genica (il modo in cui vari geni si accendono e si spengono) nel tessuto cerebrale donato da centinaia di persone che sono morte a età che vanno da 60 a oltre 100 anni.
Le informazioni erano state raccolte da tre studi separati di ricerca sugli anziani. Quelli analizzati in questo studio erano cognitivamente intatti, nel senso che non avevano la demenza.
È apparsa subito evidente una differenza tra i partecipanti più anziani e quelli più giovani, ha detto Yankner: quelli con maggiore durata di vita (più di 85 anni) avevano minore espressione nei geni legati all'eccitazione neurale rispetto a quelli che erano morti tra i 60 e gli 80 anni.
Quindi è arrivata la domanda con cui tutti gli scienziati si confrontano: è correlazione o causalità? Questa disparità nell'eccitazione neuronale si era verificata solo a fianco di fattori più importanti che determino la durata della vita, o erano i livelli di eccitazione a influenzare direttamente la longevità? Se la risposta é si al secondo caso, come avviene?
Il team ha condotto una serie di esperimenti, compresi test genetici, di biologia cellulare e molecolare sull'organismo modello Caenorhabditis elegans; analisi di topi geneticamente modificati; e analisi addizionali su tessuto cerebrale di persone che hanno vissuto per più di un secolo.
Questi esperimenti hanno rivelato che alterando l'eccitazione neurale si influisce realmente sulla durata della vita, e hanno chiarito cosa potrebbe accadere a livello molecolare. Tutti i segni puntavano alla proteina REST.
I ricercatori hanno scoperto che la REST, nota per regolare i geni, sopprime anche l'eccitazione neurale. Il blocco della REST, o dell'equivalente nei modelli animali, ha portato ad una maggiore attività neurale e a morti precoci, mentre il potenziamento della REST ha fatto il contrario. E i centenari umani avevano una quantità decisamente maggiore di REST nel nucleo delle loro cellule cerebrali rispetto alle persone che sono morte tra i 70 e gli 80 anni.
“È stato molto emozionante vedere come convergevano tutte queste diverse linee di prove”, ha detto la co-autrice Monica Colaiacovo, professoressa di genetica di Harvard, il cui laboratorio ha collaborato al lavoro sul C. elegans. I ricercatori hanno scoperto che, dai vermi ai mammiferi, la REST sopprime l'espressione di geni che sono centralmente coinvolti nell'eccitazione neuronale, come i canali ionici, i recettori dei neurotrasmettitori e gli elementi strutturali delle sinapsi.
Una minore eccitazione a sua volta attiva una famiglia di proteine chiamate 'forkhead transcription factors' (fattori di trascrizione a testa biforcuta). Queste proteine hanno dimostrato di mediare un 'percorso della longevità' tramite la segnalazione dell'insulina/IGF in molti animali. È lo stesso percorso che secondo gli scienziati può essere attivato dalla restrizione calorica.
Oltre al suo ruolo emergente nell'allontanare la neurodegenerazione, la scoperta del ruolo della REST nella longevità fornisce ulteriore motivazione per sviluppare farmaci che puntano la proteina. Anche se ci vorrà tempo e molti test per determinare se tali trattamenti riducono l'eccitazione neurale, promuovere l'invecchiamento sano o estendere la durata della vita, il concetto ha conquistato alcuni ricercatori.
"La possibilità che attivando la REST si possa ridurre l'attività neurale eccitatoria e rallentare l'invecchiamento nell'uomo è estremamente eccitante", ha detto la Colaiacovo.
Gli autori sottolineano che il lavoro non sarebbe stato possibile senza grandi coorti di ricerca composte da persone anziane: “Ora abbiamo abbastanza persone arruolate in questi studi per partizionare la popolazione che invecchia in sottogruppi genetici”, ha detto Yankner. "Questa informazione è preziosa e mostra perché è così importante supportare il futuro della genetica umana".
Fonte: Stephanie Dutchen in Harvard University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Joseph M. Zullo, Derek Drake, Liviu Aron, Patrick O’Hern, Sameer C. Dhamne, Noah Davidsohn, Chai-An Mao, William H. Klein, Alexander Rotenberg, David A. Bennett, George M. Church, Monica P. Colaiácovo & Bruce A. Yankner. Regulation of lifespan by neural excitation and REST. Nature, 2019 DOI
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