Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Ripristinata la funzione cerebrale in topi con sintomi di Alzheimer

Uno studio sui topi mostra che la rimozione selettiva di cellule che non si dividono più nel cervello che ha una forma di morbo di Alzheimer (MA) può ridurre il danno cerebrale e l'infiammazione e rallentare il ritmo del declino cognitivo. Questi risultati, dicono i ricercatori, si aggiungono alle evidenze che tali cellule senescenti contribuiscono al danno causato dal MA nelle persone.


"I nostri risultati mostrano che l'eliminazione di queste cellule può essere una via percorribile per trattare il MA negli esseri umani", afferma Mark Mattson PhD, ricercatore senior del National Institute on Aging e professore di neuroscienze della Johns Hopkins University. Un rapporto sul lavoro è stato pubblicato il 1 aprile in Nature Neuroscience.


Come causa più comune di demenza legata all'età, il MA è caratterizzato dall'aggregazione di proteine ​​amiloidi, che possono uccidere i neuroni circostanti. Le aree di accumulo di amiloide e la morte delle cellule nervose associate, chiamate placche, sono un segno distintivo della malattia. Ad oggi non ci sono trattamenti conosciuti per la malattia, e quando queste placche iniziano a formarsi, i pazienti sperimentano una perdita progressiva di memoria, difficoltà di apprendimento e, in fasi successive, deliri e paranoia.


I ricercatori hanno scoperto che uno specifico tipo di cellula cerebrale, chiamate 'cellule progenitrici di oligodendrociti', appare in quantità elevate vicino alle placche. In un cervello sano, le cellule progenitrici di oligodendrociti si sviluppano in cellule che supportano le cellule nervose (neuroni), avvolgendole in uno strato protettivo che guarisce le lesioni e rimuove i rifiuti.


L'ambiente creato dalle proteine ​​amiloidi fa sì che questi progenitori smettano di dividersi e di svolgere le loro normali funzioni. In malattie come il MA, gli oligodendrociti invece inviano segnali infiammatori che contribuiscono a danneggiare maggiormente il tessuto cerebrale circostante. "Riteniamo che l'amiloide stia danneggiando i neuroni e, sebbene gli oligodendrociti si spostino per ripararli, per qualche motivo l'amiloide li induce a diventare senescenti (invecchiare) piuttosto che lasciarli completare il loro lavoro", dice Mattson.


I ricercatori ipotizzavano che, se fossero riusciti a rimuovere selettivamente le cellule progenitrici di oligodendrociti senescenti mal funzionanti, avrebbero potuto rallentare la progressione del MA. Hanno quindi testato il concetto in topi geneticamente modificati per avere alcune delle caratteristiche del MA, come le placche amiloidi aggregate.


Per rimuovere le cellule senescenti, i ricercatori hanno ideato un trattamento con una miscela di due farmaci approvati dalla FDA in USA: dasatinib e quercetina. Il dasatinib è stato originariamente sviluppato come farmaco antitumorale e la quercetina è un composto presente in frutta e verdura. La combinazione di farmaci si è dimostrata efficace per eliminare le cellule senescenti in studi precedenti di altre malattie.


I ricercatori hanno somministrato i farmaci a gruppi di topi di MA per nove giorni, quindi hanno esaminato sezioni del loro cervello per rilevare segni di danni e la presenza di cellule progenitrici di oligodendrociti senescenti.


Essi riferiscono che i topi trattati con i farmaci avevano approssimativamente la stessa quantità di placche amiloidi dei topi che non avevano ricevuto alcun trattamento. Tuttavia, i ricercatori affermano di aver scoperto che il numero di cellule senescenti presenti attorno a queste placche è stato ridotto di oltre il 90% nei topi trattati con la combinazione di farmaci.


Hanno anche scoperto che i farmaci hanno causato la morte delle cellule progenitrici di oligodendrociti senescenti. Insieme, questi risultati mostrano che il trattamento con dasatinib e quercetina ha efficacemente eliminato le cellule progenitrici di oligodendrociti senescenti.


I ricercatori volevano poi capire se i benefici fisici del trattamento con dasatinib e quercetina possono proteggere i topi dal declino cognitivo associato al MA. Per fare ciò, hanno dato ai topi geneticamente modificati la combinazione di dasatinib e quercetina una volta alla settimana per 11 settimane, a partire da quando i topi avevano 3 mesi e mezzo.


I ricercatori hanno valutato periodicamente la funzione cognitiva dei topi osservando come navigavano nei labirinti. Hanno scoperto che dopo 11 settimane, i topi di controllo che non hanno ricevuto alcun trattamento farmacologico impiegavano il doppio del tempo per risolvere il labirinto rispetto i colleghi trattati con dasatinib e quercetina.


Dopo 11 settimane, i ricercatori hanno nuovamente analizzato il cervello dei topi e hanno trovato il 50% in meno di infiammazione nei topi trattati con dasatinib e quercetina, rispetto ai topi non trattati. I ricercatori dicono che questi risultati mostrano che l'eliminazione delle cellule senescenti dal cervello dei topi colpiti ha protetto la funzione cognitiva e ridotto l'infiammazione legata alle placche simili al MA.


La senescenza cellulare è un'area emergente di interesse per gli studi sulle malattie legate all'età come il MA, afferma Mattson. È studiata più ampiamente nei tessuti periferici, come la pelle, dove le cellule più vecchie sono rapidamente sostituite da quelle nuove. In questi tessuti, le cellule senescenti si accumulano nell'ambito del normale invecchiamento, causando alcuni dei ben noti segni dell'invecchiamento della pelle, come rughe, rigidità e fragilità.


Mattson avverte che i topi geneticamente modificati per avere i sintomi e le caratteristiche del MA non imitano direttamente i processi biologici della condizione umana. Ad esempio, le cellule cerebrali del topo non muoiono quando si formano le placche amiloidi, come invece succede a quelle del cervello umano.

 

 

 


Fonte: Johns Hopkins University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Peisu Zhang, Yuki Kishimoto, Ioannis Grammatikakis, Kamalvishnu Gottimukkala, Roy G. Cutler, Shiliang Zhang, Kotb Abdelmohsen, Vilhelm A. Bohr, Jyoti Misra Sen, Myriam Gorospe, Mark P. Mattson. Senolytic therapy alleviates Aβ-associated oligodendrocyte progenitor cell senescence and cognitive deficits in an Alzheimer’s disease model. Nature Neuroscience, 1 Apr 2019, DOI: 10.1038/s41593-019-0372-9

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

Stimolazione dell'onda cerebrale può migliorare i sintomi di Alzheimer

15.03.2019 | Ricerche

Esponendo i topi a una combinazione unica di luce e suono, i neuroscienziati del Massach...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Scoperta importante sull'Alzheimer: neuroni che inducono rumore 'cop…

11.06.2020 | Ricerche

I neuroni che sono responsabili di nuove esperienze interferiscono con i segnali dei neu...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Menopausa precoce e terapia ormonale ritardata alzano il rischio di Alzheimer

17.04.2023 | Ricerche

Le donne hanno più probabilità degli uomini di sviluppare il morbo di Alzheimer (MA), e ...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)