Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Come ci siamo evoluti per vivere più a lungo?

Come ci siamo evoluti per vivere più a lungo?Aspettativa media di vita per nazione nel 2013

La ricerca mostra che una serie di piccoli adattamenti nelle proteine ​​attivate dallo stress, accumulate nel corso di millenni di storia umana, potrebbe aiutare a spiegare l'aumento delle nostre difese naturali e la maggiore durata della vita.


In un documento pubblicato su Nature Communications, il team di collaboratori provenienti da Regno Unito, Francia e Finlandia, guidato da ricercatori dell'Università di Newcastle in Gran Bretagna, spiega l'importanza di una proteina chiamata p62.


Molte cellule del nostro corpo, come quelle che compongono il nostro cervello, hanno bisogno di durarci tutta la vita. Per fare questo esse hanno sviluppato i modi per proteggersi. Uno di questi è il processo chiamato autofagia, che letteralmente significa auto-mangiarsi, per cui i componenti danneggiati vengono inglobati e rimossi dalla cellula.


Questo è molto importante in quanto l'accumulo di danni nelle cellule è stato collegato a diverse malattie compresa la demenza.


L'autore senior, il dott. Viktor Korolchuk dell'Istituto per l'Invecchiamento dell'Università di Newcastle, spiega: "Invecchiando, nelle nostre cellule si accumulano danni e quindi si pensa che, attivando l'autofagia, possiamo trattare le persone anziane che soffrono di demenza. Per farlo, dobbiamo capire come noi possiamo indurre questa pulizia cellulare".

 

L'importanza della proteina p62

Nello studio gli autori sono riusciti a capire come si attiva la proteina p62 per indurre l'autofagia. Hanno scoperto che la p62 può essere attivata dalle specie reattive dell'ossigeno (ROS). Le ROS sono sottoprodotti del nostro metabolismo che possono causare danni nella cellula. Questa capacità della p62 di percepire le ROS consente alla cellula di rimuovere il danno e di sopravvivere a questo stress. Negli organismi inferiori, come i moscerini della frutta, la p62 non è in grado di farlo.


Il team ha identificato la parte della proteina p62 umana che gli permette di percepire i ROS e di creare moscerini della frutta geneticamente modificati con p62 'umanizzata'. Questi animali 'umanizzati' sono sopravvissuti più a lungo in condizioni di stress. Il dott. Korolchuk aggiunge: "Questo ci dice che abilità come percepire lo stress e attivare i processi protettivi come l'autofagia possono essersi evoluti per consentire una migliore resistenza allo stress e una maggiore durata della vita".


Infatti, nello studio, gli autori hanno scoperto che specifiche mutazioni della p62 umana, che causano una malattia neurodegenerativa chiamata sclerosi laterale amiotrofica (SLA), possono impedire l'attivazione della p62 da parte dei ROS. Queste cellule non sono quindi in grado di indurre l'autofagia protettiva e, secondo gli autori, questo potrebbe essere alla base della morte prematura dei neuroni nei pazienti con questa malattia devastante correlata all'età.


Al contrario, i moscerini della frutta con p62 'umanizzata' non vivevano più a lungo, suggerendo che potrebbero essere necessari altri meccanismi.


La ricerca dimostra che una serie di piccoli adattamenti come quello della p62 umana avrebbero potuto accumularsi nel tempo e questi adattamenti potrebbero essere alla base dell'aumento delle nostre difese naturali e di una maggiore durata della vita.


La scoperta di questi adattamenti permette una migliore comprensione di come possiamo proteggerci e curare le malattie legate all'età.

 

 

 


Fonte: Newcastle University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Bernadette Carroll, Elsje G. Otten, Diego Manni, Rhoda Stefanatos, Fiona M. Menzies, Graham R. Smith, Diana Jurk, Niall Kenneth, Simon Wilkinson, Joao F. Passos, Johannes Attems, Elizabeth A. Veal, Elisa Teyssou, Danielle Seilhean, Stéphanie Millecamps, Eeva-Liisa Eskelinen, Agnieszka K. Bronowska, David C. Rubinsztein, Alberto Sanz, Viktor I. Korolchuk. Oxidation of SQSTM1/p62 mediates the link between redox state and protein homeostasis. Nature Communications, 2018; 9 (1) DOI: 10.1038/s41467-017-02746-z

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Variante della proteina che causa l'Alzheimer protegge dalla malattia

15.02.2021 | Ricerche

Le scoperte di un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA), guidato da ricercatori dell...

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Il caregiving non fa male alla salute come si pensava, dice uno studio

11.04.2019 | Ricerche

Per decenni, gli studi nelle riviste di ricerca e la stampa popolare hanno riferito che ...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)