Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Anche gli astrociti invecchiando tornano bambini. Così però bloccano la comunicazione cellulare

Anche gli astrociti invecchiando tornano bambini. Così però bloccano la comunicazione cellulareI ribosomi negli astrociti sono marcati in rosso con il metodo ribo-tag. La macchia verde indica il nucleo delle cellule di supporto a forma di stella (Fonte: Istituto Salk)

Ricercatori dell'Istituto Salk hanno scoperto che i geni che sono attivi ​​all'inizio dello sviluppo del cervello, per potare le connessioni in eccesso tra i neuroni, sono ​​nuovamente attivati negli astrociti (le cellule di supporto ai neuroni) che invecchiano, spiegando potenzialmente anche perché il cervello sano non funziona bene con l'età.


Il lavoro, apparso il 2 gennaio 2018 su Cell Reports, suggerisce che gli astrociti possono essere buoni bersagli terapeutici per prevenire o invertire gli effetti del normale invecchiamento.


"Gran parte del lavoro per esaminare l'influenza delle cellule cerebrali non neuronali - in particolare gli astrociti - sui neuroni è stata portata avanti nel cervello giovane durante lo sviluppo", dice Nicola Allen, assistente professore nel Laboratorio di Neurobiologia Molecolare del Salk. "Ma volevamo capire perché in un cervello sano che invecchia i neuroni non comunicano più bene come prima".


Sebbene non siano stati studiati così bene come i neuroni, gli astrociti (che derivano il nome dal loro aspetto a forma di stella) costituiscono da un terzo a metà di tutte le cellule del cervello e sono considerati sempre più cruciali per la funzione dei neuroni. La Allen aveva scoperto in precedenza una classe di proteine ​​secrete dagli astrociti che aiutano i neuroni a formare connessioni attive, chiamate sinapsi. Senza questo aiuto, i neuroni non comunicano.


I neuroscienziati sanno che nel cervello neonatale, in fase di sviluppo, le sinapsi vengono attivate e disattivate, mentre nel cervello adulto sono per lo più stabili. Ma nel cervello che invecchia, i neuroni iniziano a perdere connessioni e non comunicano più bene.


La Allen e lo studente laureato Matthew Boisvert si sono chiesti se i cambiamenti delle sinapsi e della comunicazione neuronale durante l'invecchiamento potessero essere correlati ai cambiamenti negli astrociti. Per scoprirlo, il duo ha deciso di confrontare l'espressione genica negli astrociti nel cervello adulto rispetto a quello invecchiato nei topi. Ciò avrebbe potuto dare un'idea di quali geni sono attivi nelle due fasi.


Boisvert ha scelto di confrontare i topi di quattro mesi (la loro età adulta) con quelli di due anni, che sono piuttosto anziani. Ha usato una tecnologia molecolare chiamata 'ribo-tag' che gli ha permesso di scoprire quali geni venivano trasformati in proteine ​​dagli astrociti. Funziona isolando i macchinari cellulari che producono proteine ​(chiamati ribosomi), che trasformano le copie mRNA del DNA (geni) in proteine. Prendendo una sorta di istantanea molecolare dei ribosomi di un astrocita, è possibile vedere tutte le copie di mRNA in elaborazione e quindi sapere quali geni sono attivi.


Per sviluppare una visione completa dell'espressione genica degli astrociti, la coppia ha usato questa tecnica in quattro aree molto diverse del cervello del topo: due regioni della corteccia, più l'ipotalamo e il cervelletto.


Con loro sorpresa, hanno scoperto che la maggior parte delle proprietà che rendono astrocita un astrocita non cambia molto con l'età; l'espressione genica è abbastanza coerente nel tempo. Ma ecco il cambiamento: i geni che durante lo sviluppo avrebbero normalmente causato la perdita di connessioni tra i neuroni si sono attivati ​​di nuovo negli astrociti anziani.


"Questo suggerisce che c'è una sorta di programma genetico che viene riattivato in questi astrociti mentre invecchiano, causando la perdita di connessioni tra i neuroni", dice Allen.


È interessante notare che le aree in cui gli astrociti sembravano più diversi erano le aree del cervello in cui i neuroni notoriamente funzionano meno bene con l'età o addirittura muoiono: il cervelletto e l'ipotalamo. "Questo può spiegare perché con l'età diminuisce il metabolismo e peggiora la coordinazione, perché queste funzioni sono coordinate dall'ipotalamo e dal cervelletto", aggiunge Boisvert.


Il team ha reso pubblici questi dati dello studio, a disposizione di altri ricercatori. In futuro, il laboratorio intende confrontare gli astrociti che invecchiano con quelli di modelli di malattia per vedere se possono esserci cambiamenti prepatologici che determinano il passaggio alla malattia.

 

 

 


Fonte: Salk Institute (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Matthew M. Boisvert, Galina A. Erikson, Maxim N. Shokhirev, Nicola J. Allen. The Aging Astrocyte Transcriptome from Multiple Regions of the Mouse Brain. Cell Reports, 2018; 22 (1): 269 DOI: 10.1016/j.celrep.2017.12.039

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali colelgamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

Marito riferisce un miglioramento 'miracoloso' della moglie con Alzh…

28.09.2018 | Annunci & info

Una donna di Waikato (Nuova Zelanda) potrebbe essere la prima persona al mondo a miglior...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Diagnosi di Alzheimer: prenditi del tempo per elaborarla, poi vai avanti con m…

4.12.2023 | Esperienze & Opinioni

Come posso accettare la diagnosi di Alzheimer?

Nathaniel Branden, compianto psicoterape...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Nuovo farmaco previene le placche amiloidi, un segno specifico di Alzheimer

8.03.2021 | Ricerche

Le placche di amiloide sono caratteristiche patologiche del morbo di Alzheimer (MA): son...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Un singolo trattamento genera nuovi neuroni, elimina neurodegenerazione nei to…

1.07.2020 | Ricerche

Xiang-Dong Fu PhD, non è mai stato così entusiasta di qualcosa in tutta la sua carriera...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Studio dimostra il ruolo dei batteri intestinali nelle neurodegenerazioni

7.10.2016 | Ricerche

L'Alzheimer (AD), il Parkinson (PD) e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono tutte ...

Trovato legame tra amiloide-beta e tau: è ora possibile una cura per l'Al…

27.04.2015 | Ricerche

Dei ricercatori hanno assodato come sono collegate delle proteine che hanno un ruolo chiave nell...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Riprogrammare «cellule di supporto» in neuroni per riparare il cervello adulto…

21.11.2014 | Ricerche

La porzione del cervello adulto responsabile del pensiero complesso, la corteccia cerebrale, non ...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)