[...] Nel corso degli ultimi decenni, la comprensione del ruolo dell'amiloide beta come agente causativo dell'Alzheimer è servito a sostenere la ricerca in tutto il mondo nel tentativo di sviluppare trattamenti significativi volti a liberare il cervello da questa proteina [che finora si riteneva] dannosa.
È interessante notare che questi tentativi sono falliti quasi completamente. Recentemente il gigante farmaceutico Eli Lilly ha annunciato un altro fallimento nel tentativo di ridurre chimicamente il beta amiloide nell'uomo.
In un comunicato stampa del 17 agosto 2010, la compagnia ha dichiarato che il farmaco sperimentale semagacestat, un "agente orale progettato per ridurre la produzione del corpo di placche di beta amiloide, che secondo gli scienziati svolgono un ruolo importante nel causare la malattia di Alzheimer", in realtà ha causato il declino più rapido nei pazienti di Alzheimer. La società ha rivelato che i pazienti trattati con il farmaco sperimentale "sono peggiorati in misura significativamente maggiore rispetto a quelli trattati con placebo".
Se il beta amiloide fosse la causa dell'Alzheimer, allora perché liberare il cervello di questa proteina dovrebbe effettivamente causare il peggioramento dei pazienti? La ricercatrice di Harvard, Dr. Stephanie Soscia e i suoi collaboratori possono avere la risposta. La loro ricerca recentemente pubblicata ha messo in discussione il motivo perché la beta amiloide si accumula nel cervello dell'Alzheimer in prevalenza, e ha concluso che in effetti la proteina [ beta amiloide] serve realmente a liberare il cervello da una varietà di batteri e virus. Hanno descritto il beta amiloide come un "peptide antimicrobico" che si accumula in risposta ad un agente infettivo.
Il loro lavoro mette la beta amiloide in una nuova luce, come hanno dichiarato: "Se la normale funzione della beta amiloide fosse quella di funzionare come un peptide antimicrobico, l'assenza del peptide può provocare una maggiore vulnerabilità alle infezioni". Piuttosto che causare la malattia, la beta amiloide può essere la risposta naturale del nostro cervello a un agente infettivo, e l'accumulo è un modo per difenderci contro un agente patogeno. Quindi, forse dovremmo riconsiderare la beta amiloide in quanto è stato detto che "il nemico del mio nemico è mio amico".
Assumendo che la beta amiloide venga prodotta in risposta a un agente infettivo, sarebbe logico esaminare le prove a sostegno del ruolo delle infezioni nell'Alzheimer. Nel corso degli ultimi anni, prove convincenti sono emerse che collegano l'Herpes Simplex Virus di tipo 1 (HSV1) all'Alzheimer.
- Nel 2008, i ricercatori canadesi Luc Letenneur e Karine Peres hanno dimostrato un notevole aumento degli anticorpi diretti contro l'HSV1 nei pazienti con Alzheimer rispetto a individui della stessa età trovati senza la malattia.
- Il professor Ruth Itzhaki dell'Università di Manchester ha esplorato il rapporto tra HSV1 e Alzheimer in modo molto approfondito. Nel suo articolo di riferimento pubblicato nel 2008 dal titolo "Virus Herpes Simplex di tipo 1 nella malattia di Alzheimer: Il nemico dentro", la d.ssa Itzhaki ha rivelato che l'HSV1 infetta il cervello del 90 per cento degli adulti. Se l'HSV1 provoca l'Alzheimer, questo alto tasso di infezione sarebbe una caratteristica necessaria alla luce della prevalenza molto alta della malattia di Alzheimer. Inoltre, sottolinea, l'HSV1 può rimanere latente nel sistema nervoso per tutta la vita e può subire una riattivazione periodica causando infiammazione persistente del cervello. Come esempio, l'HSV1 è la causa di bolle di febbre ricorrenti che si verificano quando il virus si attiva nel cervello.
- Senza dubbio la prova più convincente che collega l'HSV1 all'Alzheimer viene dalla sua recente scoperta che il DNA dell'HSV1 è effettivamente situato esattamente all'interno della placca beta amiloide, il cosiddetto "marchio" della malattia. Questi risultati sono così convincenti che la Dssa Itzhaki ha concluso che, "i nostri dati attuali suggeriscono che questo virus è una delle principali cause delle placche amiloidi, e quindi probabilmente un importante fattore eziologico nell'Alzheimer. Essi portano all'uso di agenti antivirali per curare la malattia e, eventualmente, della vaccinazione per prevenirla. "
La probabile approvazione della FDA della tecnologia che permette la quantificazione del beta amiloide in malati sospetti di Alzheimer ci darà chiaramente un valido strumento per definire la causa della demenza in soggetti con deterioramento cognitivo. Ma concentrarsi sul liberare il cervello da questa proteina può essere come trattare il fumo, ignorando il fuoco. In effetti, le prove suggeriscono ora che la proteina beta amiloide può benissimo rappresentare una risposta positiva al tentativo del cervello di fronte a una infezione virale.
Dimostrare il ruolo dell'HSV1 nell'Alzheimer potrebbe essere semplice, come curare un gruppo di pazienti con farmaci antivirali già disponibili. La D.ssa Itzhaki recentemente mi ha mandato una email indicando che lei è pronta per avviare questa ricerca ma, come spesso accade, il finanziamento dello studio resta una sfida.
David Perlmutter, M.D., Neurologo e autore del libro in uscita "Power Up Your Brain"
Pubblicato sul The Huffington Post il 31 gennaio 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.