Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Molti cervelli di anziani hanno la plasticità, ma in un luogo diverso

Gli scienziati del cervello credono da lungo tempo che gli anziani abbiano meno flessibilità neurale (plasticità) necessaria per imparare cose nuove. Un nuovo studio dimostra che gli anziani apprendono un compito visivo altrettanto bene dei giovani, ma quelli che dimostrano una forte propensione all'apprendimento esibiscono la plasticità in un'area diversa del cervello rispetto a quella dei giovani.

Molti cervelli di anziani hanno la plasticità, ma in un luogo diversoImmagine MRI del cervello che mostra la struttura del cablaggio rivestito di mielina (materia bianca). Un nuovo studio ha dimostrato che la materia bianca cambia negli anziani, per consentire l'apprendimento, mentre i giovani imparano attraverso cambiamenti nella materia grigia. (Fonte: 3D Slicer / Wikimedia Commons)

Un problema largamente presunto dell'invecchiamento è che il cervello diventa meno flessibile - meno plastico - e che l'apprendimento può quindi diventare più difficile. Un nuovo studio condotto da ricercatori della Brown University  contraddice tale nozione constatando che la neuroplasticità è presente negli anziani che apprendono bene un compito, ma è localizzata in una parte diversa del cervello rispetto a quella delle persone più giovani.


Quando, nello studio, molti anziani hanno imparato un nuovo compito visivo, secondo i ricercatori, essi hanno mostrato inaspettatamente un significativo cambiamento associato nella sostanza bianca del cervello. La sostanza bianca è composta dall'insieme dei «cavi» (assoni) del cervello, rivestiti di un materiale chiamato mielina, che può rendere più efficiente la trasmissione dei segnali. Quelli più giovani che imparavano, invece, hanno dimostrato la plasticità nella corteccia, dove secondo i neuroscienziati dovrebbe essere.


"Pensiamo che il grado di plasticità della corteccia diventi sempre più limitato negli anziani", ha detto Takeo Watanabe, il professore della Brown University e co-autore dello studio pubblicato su Nature Communications."Tuttavia, essi mantengono la capacità di apprendere, almeno visivamente, cambiando la struttura della materia bianca".


Gli autori principali dello studio sono Yuko Yotsumoto dell'Università di Tokyo e Li-Hung Chang della Brown University e della National Yang Ming University di Taiwan. L'autore corrispondente è Yuka Sasaki, professore associato di ricerca in scienze cognitive, linguistiche e psicologiche alla Brown University.

 

Trova le differenze

Il team dello studio ha arruolato 18 volontari di età compresa tra 65 a 80 anni e 21 volontari dai 19 ai 32, per apprendere ed eseguire un compito di percezione visiva astratta in laboratorio per circa una settimana. Essi hanno guardato lo schermo che mostrava una struttura di fondo con linee orientate in una direzione particolare. A volte una piccola zona dello schermo mostrava rapidamente linee che puntavano in due direzioni diverse nello stesso fondo. I soggetti dovevano semplicemente premere un pulsante per indicare se avevano visto una macchia con un particolare orientamento.


I soggetti più anziani avevano altrettanto probabilità, in media, di quelli più giovani di compiere progressi sostanziali nel discriminare la conformazione diversa della piccola macchia. Ma i ricercatori non erano interessati a sapere solo se avveniva l'apprendimento. Hanno anche analizzato il cervello dei volontari all'inizio e alla fine della settimana con la risonanza magnetica, che può indicare la plasticità della corteccia, e con la scansione a tensore di diffusione, che può indicare i cambiamenti nella sostanza bianca.


Le scansioni si sono concentrate sulla sezione del cervello responsabile dell'apprendimento visivo, la corteccia visiva iniziale (sostanza grigia), e la sostanza bianca sottostante. Inoltre, i ricercatori hanno posizionato strategicamente le macchie di linee nella stessa parte del campo visivo del soggetto. Questo per assicurarsi che sarebbe stata addestrata una parte specifica della corteccia visiva (e della sostanza bianca sottostante) che gestisce i segnali per quella sezione del campo visivo, al contrario delle altre sezioni.


Analizzando insieme i risultati delle scansioni ed le prestazioni di apprendimento, i ricercatori hanno trovato varie associazioni importanti:

  • Quelli più giovani che apprendevano hanno mostrato una quantità significativamente maggiore di modifiche nella corteccia, rispetto agli anziani. Il contrario per i cambiamenti nella sostanza bianca.
  • Nei volontari di entrambi i gruppi di età, i cambiamenti del cervello si sono verificati solo nelle sezioni corrispondenti con la parte specifica del campo visivo in cui veniva mostrata la chiazza.

Lo studio ha prodotto un'altra curiosa scoperta. Guardando più in profondità l'associazione tra i cambiamenti della sostanza bianca e le prestazioni di apprendimento dei soggetti più anziani, i ricercatori hanno scoperto che erano divisi in due gruppi ben distinti: «chi apprendeva bene» e «chi apprendeva male».


Nel gruppo che imparava molto bene (l'accuratezza nel discriminare la chiazza è aumentata di oltre il 20 per cento), i componenti hanno mostrato un'associazione positiva tra le alterazioni della sostanza bianca e il miglioramento del loro apprendimento. Ma nel gruppo di chi «imparava male» (miglioramento inferiore al 20 per cento), la tendenza era che il miglioramento dell'apprendimento diminuiva all'aumentare dei cambiamenti della sostanza bianca.


Lo studio non dice che cosa induce i soggetti anziani a far parte di un gruppo o dell'altro. I risultati, inoltre, non spiegano definitivamente perché la plasticità della sostanza bianca consentirebbe a chi «imparava bene» di farlo, anche se una delle ipotesi può essere la maggiore efficienza di trasmissione dei segnali.


Ma per molti anziani, può essere incoraggiante sapere che la plasticità non diminuisce necessariamente con l'età, può solo passare lo sbiancamento dai capelli alla sostanza bianca del cervello.

 

********
Oltre a Watanabe, Sasaki, Yostumoto e Chang, gli altri autori sono Rui Ni della Wichita State University, e Russell Pierce e George Andersen della University of California di Riverside. I National Institutes of Health hanno sostenuto la ricerca.

 

 

 

 

 


FonteBrown University  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Yuko Yotsumoto, Li-Hung Chang, Rui Ni, Russell Pierce, George J. Andersen, Takeo Watanabe, Yuka Sasaki. White matter in the older brain is more plastic than in the younger brain. Nature Communications, 2014; 5: 5504 DOI: 10.1038/ncomms6504

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra:

 


 

 

Notizie da non perdere

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Ricercatori delineano un nuovo approccio per trattare le malattie degenerative

8.05.2024 | Ricerche

Le proteine sono i cavalli da soma della vita. Gli organismi li usano come elementi costitutivi, ...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

Tre modi per smettere di preoccuparti

29.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Sai di essere una persona apprensiva se ti identifichi con Flounder in La Sirenetta o co...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Dare un senso alla relazione obesità-demenza

2.08.2022 | Esperienze & Opinioni

Questo articolo farà capire al lettore perché l'obesità a volte può aumentare il rischio...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

'Tau, disfunzione sinaptica e lesioni neuroassonali si associano di più c…

26.05.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) comporta il deperimento caratteristico di alcune regioni del ...

36 abitudini quotidiane che riducono il rischio di Alzheimer

2.07.2018 | Esperienze & Opinioni

Sapevi che mangiare carne alla griglia potrebbe aumentare il rischio di demenza? O che s...

Come rimodellare con le arti l'assistenza alla demenza

14.12.2020 | Esperienze & Opinioni

Da bambina, Anne Basting è andata a trovare la nonna nella casa di riposo. 'Impressionante' è la ...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.