Ricercatori della School of Medicine alla Boston University (BUSM) hanno riferito le loro scoperte sulle varianti di un nuovo gene, il PLXNA4, che possono aumentare il rischio di sviluppare l'Alzheimer (AD).
L'individuazione di questa nuova associazione genetica può portare a nuove opzioni farmaceutiche di trattamento che puntano specificamente il PLXNA4. Questi risultati sono apparsi in Annals of Neurology.
L'AD è la demenza più frequente legata all'età, e colpisce 5,4 milioni di americani, compreso il 13% degli over-65, e oltre il 40% degli over-85. I fattori genetici rappresentano gran parte del rischio di sviluppo dell'AD: le stime sull'ereditabilità sono tra il 60 e l'80 per cento.
Tuttavia gran parte della base genetica della malattia è sconosciuta, visto che meno del 50 per cento del contributo genetico all'AD è supportato dalle variazioni genetiche comuni conosciute.
Con i dati del Framingham Heart Study, i ricercatori hanno ottenuto la forte evidenza di un'associazione con vari polimorfismi a singolo nucleotide nel PLXNA4, un gene che non era in precedenza legato all'AD. Essi hanno quindi confermato questo risultato con una base di dati maggiore presa dall'«Alzheimer’s Disease Genetics Consortium» e da altri insiemi di dati.
In seguito hanno eseguito una serie di esperimenti in modelli che hanno individuato il meccanismo con cui questo gene colpisce il rischio di AD. "È importante sottolineare che questo è uno dei pochi studi singoli che passano dalla scoperta del gene al suo meccanismo", ha spiegato l'autore corrispondente Lindsay Farrer, PhD, responsabile di Genetica Biomedica e professore di medicina, neurologia, oculistica, epidemiologia e biostatistica alla BUSM.
Secondo i ricercatori, una forma della proteina codificata da questo gene promuove la formazione dei grovigli neurofibrillari costituiti da proteina tau decomposta, una delle due caratteristiche patologiche della malattia. "Abbiamo dimostrato che il PLXNA4 colpisce l'elaborazione della tau poichè è legato ai grovigli neurofibrillari, il marcatore primario dell'AD. La maggior parte dei farmaci che sono stati sviluppati o che sono in fase di sviluppo per il trattamento dell'AD sono destinati a ridurre la forma tossica di beta-amiloide, una sostanza appiccicosa che si accumula nel cervello delle persone con AD, e nessuno è stato molto efficace. Solo pochi farmaci hanno preso di mira il percorso della tau", ha aggiunto Farrer.
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Questo studio è stato sovvenzionato dal National Institute on Aging, dall'Alzheimer's Association, dal Korean Health Technology R&D Project del Ministero della Salute e del Welfare Coreano, e dall'Evans Center for Interdisciplinary Biomedical Research della Boston University.
Fonte: Boston University Medical Center (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Gyungah Jun, Hirohide Asai, Ella Zeldich, Elodie Drapeau, CiDi Chen, Jaeyoon Chung, Jong-Ho Park, Sehwa Kim, Vahram Haroutunian, Tatiana Foroud, Ryozo Kuwano, Jonathan L. Haines, Margaret A. Pericak-Vance, Gerard D. Schellenberg, Kathryn L. Lunetta, Jong-Won Kim, Joseph D. Buxbaum, Richard Mayeux, Tsuneya Ikezu, Carmela R. Abraham, Lindsay A. Farrer. PLXNA4is associated with Alzheimer disease and modulates tau phosphorylation. Annals of Neurology, 2014; DOI: 10.1002/ana.24219
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