L'anestesia rende possibili le procedure altrimenti dolorose per sviare il cervello cosciente, rendendolo incapace di rilevare o rispondere al bisturi. Ma esiste poca ricerca su ciò che accade quando svanisce l'effetto dei farmaci.
"Ho sempre trovato singolare che qualcuno possa riprendersi dall'anestesia, non solo che strizzi gli occhi e possa camminare, ma anche tornare ad essere se stesso. Perciò se Domenica si impara a fare qualcosa, e Lunedi si è sottoposti ad un intervento chirurgico, quando ci si sveglia si sa ancora come fare", dice Alexander Proekt del Laboratorio di Neurobiologia e Comportamento di Don Pfaff alla Rockefeller University ed anestesista al Weill Cornell Medical College. "Sembrava che ci dovesse essere una sorta di guida o percorso che il sistema deve seguire".
La spiegazione ovvia è che quando l'anestetico è espulso dal corpo, l'attività elettrica nel cervello ritorna gradualmente ai relativi modelli consci. Tuttavia, una nuova ricerca di Proekt e colleghi suggerisce che il viaggio di ritorno non è così semplice.
"Con l'analisi statistica la nostra ricerca mostra che il recupero dall'anestesia profonda non è un processo liscio e lineare. Invece, ci sono «stazioni secondarie» dinamiche o stati di attività che il cervello deve occupare temporaneamente sulla via del recupero pieno", dice Pfaff. "Questi risultati hanno implicazioni per la comprensione di come la capacità di una persona di recuperare la coscienza può essere interrotta, per esempio, da lesioni cerebrali".
Proekt, insieme all'ex postdottorato Andrew Hudson, ora professore assistente di anestesiologia all'Università della California di Los Angeles, e Diany Paola Calderon, associato di ricerca nel laboratorio, ha messo "sotto" i topi con l'isoflurano, un comune anestetico medico e veterinario. Mentre i topi recuperavano, il team ha monitorato i potenziali elettrici all'esterno dei neuroni, noti come «potenziali locali di campo» (LFP), in parti particolari del cervello che studi elettrofisiologici e farmacologici precedenti avevano associato con lo stato di veglia e l'anestesia. Queste registrazioni hanno dato loro informazioni sensibili sull'attività di interi gruppi di neuroni in particolari parti del talamo e della corteccia.
Nel cervello sveglio di esseri umani e ratti, i neuroni generano una tensione elettrica che oscilla. Molte di queste oscillazioni, nell'insieme, formano un segnale che appare come una linea ondulata in una registrazione di attività cerebrale, come un LFP. Quando qualcuno è addormentato, sotto anestesia, o in coma, queste oscillazioni avvengono più lentamente, o ad una frequenza bassa. Quando si sveglia, esse accelerano. I ricercatori hanno esaminato le registrazioni dei cervelli dei ratti per capire come l'attività elettrica in queste regioni cambia nel passare da anestetizzate a sveglie.
Può essere rilevante perché: |
Capire l'anestesia può consentire di spiegare perchè ci sono molte segnalazioni e addirittura studi che ne segnalano la pericolosità, in quanto può favorire la demenza, in modo temporaneo o a lungo termine. |
"Le registrazioni di ciascun animale hanno rivelato caratteristiche particolari che apparivano spontaneamente, suggerendo che la loro attività cerebrale stava transitando bruscamente attraverso particolari stati", spiega Hudson. "Abbiamo analizzato la probabilità che un cervello potesse saltare da uno stato all'altro, e abbiamo scoperto che alcuni stati fungono da snodo attraverso il quale il cervello deve passare per proseguire nel suo cammino verso la coscienza".
Anche se l'attività elettrica di tutti i cervelli dei ratti passava attraverso questi snodi, il percorso preciso per tornare alla coscienza non era lo stesso ogni volta, ha riferito il team ieri sui Proceedings of the National Academy of Sciences. "Questi risultati suggeriscono che esiste effettivamente un modo intrinseco per cui il cervello inconscio trova la strada verso la coscienza. L'anestetico è solo uno strumento per ridurre fortemente l'attività del cervello in modo che possiamo avere il controllo", spiega Hudson.
In altri scenari, compreso il coma causato da lesioni cerebrali o neurologiche, l'interruzione dell'attività cerebrale non può essere controllata, rendendo questi stati molto più difficili da studiare. Tuttavia, i risultati del team possono contribuire a spiegare cosa sta succedendo in questi casi. "Forse un percorso è spento, o una struttura del cervello che era cruciale per la piena coscienza non funziona più. Noi non lo sappiamo ancora, ma i nostri risultati suggeriscono la possibilità che in determinate circostanze, qualcuno può essere teoricamente in grado di ritornare alla coscienza, ma, a causa della impossibilità di transitare attraverso gli snodi che abbiamo individuato, il suo cervello non è in grado di ritrovare la via del ritorno", dice Calderon.
Fonte: Rockefeller University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Andrew E. Hudson, Diany Paol Calderon, Donald W. Pfaff and Alex Proekt. Recovery of consciousness is mediated by a network of discrete metastable activity states. Proceedings of the National Academy of Sciences, June 9, 2014 DOI: 10.1073/pnas.1408296111
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